Il “nucleare italiano”. Una ferita ancora aperta

L’atteggiamento critico nacque nel 1986 con l’ esplosione del reattore della centrale nucleare di Chernobyl

Fu il fisico italiano Enrico Fermi a innescare la prima reazione nucleare a catena controllata della storia: utilizzò uranio naturale all’interno di un blocco di grafite pura che rallentava i neutroni. Fu questo il primo «reattore nucleare».

IL PRIMO REATTORE – Nel 1959 fu costruito il primo reattore di ricerca ad Ispra (Varese). Gli investimenti ed il favore dell’opinione pubblica nei confronti dell’ iniziativa furono notevoli tanto che nel 1966 si raggiunse una produzione di 3,9 miliardi di kWh: l’ Italia era il terzo produttore al mondo di energia elettrica di origine nucleare. Questo ciclo espansivo si chiuderà con l’ attivazione della centrale di Caorso (Piacenza) nel 1980. Ma fu nel 1986 con l’ esplosione di un reattore della centrale nucleare di Chernobyl (attuale Ucraina – allora Unione Sovietica) che nacque un vero e proprio atteggiamento critico nei confronti dell’ energia nucleare (posizione ufficiale dell’allora CNEN) .  In realtà si trattava di un movimento che cresceva sempre più dal basso, dalle comunità di base, dalle fabbriche, dalle scuole. Si documentava, raccoglieva informazioni e cercava di migliorare il mondo di allora (pensando “al futuro”).

In tal modo in Italia fu bloccata l’ attuazione di una parte del Piano Energetico Nazionale che prevedeva l’apertura di cantieri per nuove centrali nucleari.

REFERENDUM – L’8 novembre 1987 si svolsero tre referendum sul nucleare (e due sulla giustizia): la maggioranza degli italiani che andò alle urne votò per il «Sì», abrogando una serie di norme e orientando le successive scelte dell’ Italia in ambito energetico verso una direzione di sfavore nei confronti del nucleare. Il cosiddetto «referendum sul nucleare» non fu e non poteva essere «nucleare si, nucleare no». I 3 quesiti riguardavano normative relative alla localizzazione degli impianti, l’abrogazione del compenso ai comuni che ospitavano centrali nucleari o a carbone, e il divieto all’Enel, allora azienda di Stato, di partecipare ai progetti nucleari anche all’estero. Comunque sia con il referendum abrogativo del 1987 è stato «di fatto» sancito l’abbandono da parte dell’ Italia del ricorso al nucleare come forma di approvvigionamento energetico.

LO SMANTELLAMENTO – Resta ancora da completare il totale smantellamento, la rimozione e la decontaminazione (operazioni definite di «decommissioning») di strutture e componenti degli impianti nucleari in Italia. Sia delle centrali nucleari ex-Enel: Trino Vercellese (Vercelli), Caorso (Piacenza), Latina, Garigliano (Caserta) Sia degli impianti del ciclo del combustibile ex-Enea: EUREX di Saluggia (Vercelli), FN-Fabbricazioni Nucleari di Bosco Marengo (Alessandria), OPEC in Casaccia (Roma), Plutonio in Casaccia (Roma), ITREC in Trisaia – Rotondella (Matera). Il governo ha affidato il compito dello smantellamento alla Sogin.

Un problema di una immensa gravità che si somma alle operazioni “parziali” se non controproducenti attuate nei siti destinati alle centrali: Pian dei Galgani (VT) e Trino V.se (VC)  tra gli altri.  Proprio dalla zona di Pian dei Galgani ci viene questa messe di foto che ci rende ancor più fieri di essere stati protagonisti di quella fase storica.

Per avere accesso alla documentazione di Mario Chichi…cliccare qui

ARCHIVE   001

Molti ricordi ci collegano a MONTALTO di CASTRO (provincia di Viterbo). Le lotte antinucleari, Pian dei galgani, Gianni Mattioli e Massimo Scalia, gli anni del Comitato per la difesa delle Scelte nergetiche. Soprattutto la vittoria nel Referendum contro le Centrali Nucleari del 1987. Un bel periodo…che non tornerà più.  Mario Chichi, fotografo di classe proveniente da quelle parti ci riporta a quei tempi e a quelle lotte. Grazie Mario.

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