Qualche proposta per una “finanziaria green”

Forse qualcuno non se lo ricorda ma in Italia, dopo la Conferenza di Rio del 2012, con la ‘delega fiscale’ di quell’anno, era stata introdotta una fiscalità verde con lo scopo di ridurre progressivamente la tassazione dal lavoro. Utopia?…Non proprio…. L’obiettivo era quello di pesare di più sulle risorse naturali ed energetiche in modo da rendere più efficiente l’economia. Purtroppo non se ne è fatto nulla, grazie alla lentezza della macchina legislativa e alle contraddizioni fra i partiti (e, a volte all’interno di uno stesso partito).  In altre aree europee non è stato così: in Svezia la  “Carbon tax” è perfettamente funzionante con un valore, al settembre 2019, di 136 $/t ottenendo in 20 anni la riduzione del 22% delle emissioni a fronte di un aumento del Pil del 58%. Ma anche altre nazioni stanno sperimentando percorsi simili: la Finlandia, ad esempio, dove è pari a 20 euro per tonnellata di CO2 emessa e dove si tiene conto dei conseguenti effetti negativi per la salute per l’uso di carburanti fossili, nei Paesi Bassi, dove le aliquote fiscali sono calcolate sia sul contenuto di energia che sugli effetti delle emissioni, ma anche in Norvegia, Danimarca, Svizzera e Irlanda.  Da un’indagine effettuata dal Kyoto Club (1)  abbiamo anche una stima su cosa potrebbe succedere in Italia se fosse applicato qualcosa di simile. Si è verificato che penalizzare l’impiego dei fossili in una logica di neutralità fiscale, varrebbe – più o meno –  8 miliardi di Euro, più del doppio delle risorse necessarie per la manovra chiesta dall’Europa, che sono 3,4 miliardi di euro. Lo studio in oggetto  ipotizza che gli 8 miliardi di euro deriverebbero con un livello iniziale di tassazione di 20 €/t. L’obiettivo sarebbe quello di partire con una Carbon Tax progressiva: partendo dai 20 €/t subito, per arrivare ai 50 €/t al 2025 ai 100 €/t al 2030. Con questa cifra non solo si potrebbero ridurre le bollette dei cittadini del 10%, ma ci sarebbero anche le risorse per ripensare gli incentivi sulle fonti rinnovabili, sui sistemi di accumulo e sull’efficienza energetica ed incentivare il passaggio ai mezzi elettrici.

E’ noto che il recente decreto sulla mobilità elettrica non ha avuto i successi sperati, ma ripensando gli investimenti ed investendo sulle colonnine di ricarica e sui sistemi di retrofit potremmo avere mezzo milione di veicoli elettrici su strada entro cinque anni (cioè prima del 2025, indicato come obiettivo “50% elettrico” per tutto il parco auto private europee (2) . Nel 2018, l’Italia ha versato sussidi dannosi per l’ambiente per un importo pari a 19 miliardi di euro. Non è una ONG ambientalista a denunciarlo ma lo stesso Ministero dell’Ambiente ad ammetterlo in un documento pubblicato a fine febbraio con l’eloquente titolo “Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli” (3). Come previsto dal Collegato ambientale del 2015, il ministero deve predisporlo annualmente, entro il 30 giugno, avvalendosi anche delle informazioni rese dall’Ispra, dalla Banca d’Italia, dai ministeri, Regioni, enti locali e gli altri centri di ricerca. ). I tecnici del ministero sono infatti andati a spulciare l’insieme delle misure approvate dal nostro Paese per mantenere i prezzi per i consumatori al di sotto dei livelli di mercato o quelli per i produttori al di sopra dei livelli di mercato o ancora per ridurre i costi sia per i produttori e che per i consumatori. Ecco cosa hanno scoperto. Nella jungla dei sussidi di Stato La maggior parte dei sussidi si trovano all’interno della Legge di Bilancio e riguardano il settore dell’edilizia. Ciò che si scopre ha dell’incredibile: si va dal rifinanziamento della conversione degli zuccherifici in centrali a biomassa all’abrogazione della tassa sulle imbarcazioni da diporto. Nel complesso, fra Legge di Bilancio e altre misure, si stima che l’anno scorso siano stati versati 41 miliardi di euro di sussidi, pari a circa il 2,5% del PIL nazionale. Per ammissione stessa del Ministero, nove di questi hanno un impatto incerto o nullo sull’ambiente. I restanti 32, invece, si dividono tra favorevoli e dannosi. Anche se sul termine “sussidi dannosi” è in corso un confronto a livello internazionale.

L’Ocse, ad esempio, considera dannoso quel sussidio che “aumenta i livelli di produzione tramite il maggior utilizzo della risorsa naturale con un conseguente aumento del livello dei rifiuti, inquinamento e dello sfruttamento della risorsa naturale” e distruzione della biodiversità. Senza contare gli effetti economici e sociali di un progetto finanziato. Insomma, stimare il nesso tra un sussidio e gli effetti dannosi di un progetto sull’ambiente non è un esercizio semplice. Non per questo il Ministero ha rinunciato a cimentarsi nella prova, arrivando a contabilizzare circa 19 miliardi di euro. A beneficiarne sono principalmente le fonti energetiche fossili che incassano 11,5 miliardi di sussidi, pari al 69%. La lista è lunga e comprende, ad esempio, l’esenzione dall’accisa sull’energia elettrica prodotta da impianti di gassificazione o sui carburanti utilizzati da forze armate, le quote di emissioni gratuite assegnate con l’European Trading Scheme o ancora il meccanismo di incentivazione dell’energia prodotta da fonti assimilate (CIP6…le famigerate “ecoballe”). Occorre mettere in campo un nuovo piano di investimenti basato sull’utilizzo alternativo dei sussidi, un piano a varie fasi. Pensiamo ad esempio a una sostituzione progressiva di macchinari agricoli da gasolio a elettrici nel corso degli anni. Anche se solo scrivendolo si ha l’impressione di riproporre il solito “libro dei sogni”. Ma, almeno, proviamoci. D’altra parte la cancellazione/revisione dei sussidi non deve ostacolare tutte le micro attività agricole o legate alla pesca, che vedendosi per esempio aumentare il costo del carburante (che oggi non ha accise perché agevolato) potrebbero entrare in crisi, ma deve essere pensata prevedendo per le stesse imprese fondi per sostituire tutti gli impianti e gli attrezzi inquinanti. E rieccoci  al “libro dei sogni”. Si tratterebbe, afferma “Europa Verde” a commento del documento ministeriale di “Un grande piano a livello nazionale per la riconversione degli impianti e dei mezzi in linea con nuovi investimenti per la produzione di energia da fonti rinnovabili (inutile produrre energia elettrica con le centrali che inquinano come quelle a biomasse)e anche una maggiore tutela dei prodotti italiani ottenuti dalla filiera del “made in Finanziaria Climatica – Una manovra per il clima, per il futuro e per i giovani Italy” sviluppando la tracciabilità dei prodotti tramite il sistema della blockchain. “

Avremmo finalmente una rivoluzione copernicana che, partendo dall’obiettivo prioritario di ridurre /azzerare gli impatti ambientali di vario tipo ora insistenti su terra, acqua e aria, favorisca produzioni di beni utili, compatibili e ricaciclabili. Si dovrebbe  avere il coraggio di cancellare rendite e privilegi, di cui beneficiano coloro che gestiscono cave, acque di sorgente, concessioni balneari, estrazioni di petrolio e gas. Eliminare questi privilegi consentirebbe, infatti, di generare quasi 2 miliardi di euro ogni anno, a partire dal 2020. 4,25 miliardi riducendo le spese militari. In questo senso facciamo nostra la proposta di Sbilanciamoci (4) che propone una riduzione delle spese militari, con un risparmio per la finanza pubblica di più di 5,5 miliardi di euro, sulla base di cinque misure: • la riduzione immediata degli effettivi delle nostre Forze Armate a 150.000 unità e il riequilibrio interno tra truppe e ufficiali e sottoufficiali (1,2 miliardi); • il dimezzamento degli investimenti in nuovi Programmi d’armamento iscritti al Ministero per lo Sviluppo Economico (2 miliardi); • il congelamento dei nuovi contratti di acquisizione dei cacciabombardieri F-35 (450 milioni circa); • il ritiro dalle missioni militari all’estero di chiara valenza aggressiva e l’unificazione delle Forze dell’Ordine (600 milioni). 2,5 miliardi introducendo una Intensive Farming Tax (IFT) sugli allevamenti intensivi Introduzione di una Farm Tax contro gli allevamenti intensivi per destinare i proventi a favore dell’agricoltura sostenibile e biologica, delle filiere corte e dei mercati contadini. L’industria zootecnica italiana fattura circa 50 miliardi di euro. La tassazione del 5% di questa somma genererebbe la cifra di 2.5 miliardi di euro.  Infine, per dare attuazione alla Direttiva europea sulla riduzione della plastica monouso che prevede, entro il 2021, il divieto di utilizzare piatti, posate, cannucce, aste per palloncini, si introduce una tassa di 1 euro per ogni chilogrammo di plastica dei manufatti monouso, con entrate stimate in 1 miliardo per il 2020. Un gettito che consentirà di mettere in campo una strategia di riconversione produttiva verso il plastic free.

Un percorso tutto nuovo, una concezione dell’uso dei fondi pubblici che parte da presupposti opposti a quelli normalmente presi in considerazione. Una strada che deve essere percorsa al più presto, perché è proprio su questa direttrice di marcia che si muove l’innovazione, quella vera.

(1- Piano Nazionale Integrato per l’Energia e per il Clima. Le osservazioni di Kyoto Club – https://www.kyotoclub.org/documentazione/rapporti-documenti/2019-ott-08/piano-nazionale-integrato-per-l-energia-e-per-il-clima-le-osservazioni-di-kyoto-club/docId=9297 )

(2 – “The transition to a Zero Emission Vehicles fleet for cars in the EU by 2050 Pathways and impacts: An evaluation of forecasts and backcasting the COP21 commitments” http://www.eafo.eu/sites/default/files/The%20transition%20to%20a%20ZEV%20fleet%20for%20cars%20in%20the%20EU%20by%202050%20EAFO%20study%20November%202017.pdf.)

(3 – https://www.minambiente.it/comunicati/online-il-catalogo-dei-sussidi-ambientalmente-dannosi-e-favorevoli-2017 –  (* “Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli”)

(4 – La manovra alternativa di #Sbilanciamoci: http://www.ong.it/la-manovra-alternativa-di-sbilanciamoci-per-la-pace-i-diritti-e-lambiente/  )

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