Quel futuro che sembrava luminoso

“Le catastrofi urbane sono meno prevedibili della caduta autunnale delle foglie.
Ci sono dunque eventi di cui la scienza è labile”.
Umberto Eco, Il miracolo di S. Baudolino, Carlo Maccagno –
Tipografo in Alessandria, 1989

    Essendomi già espresso sull’economia alessandrina in più occasioni, a partire dal lontano 1976[1], mi ero ripromesso che non vi sarei più ritornato, ma un bell’articolo di Alberto Ballerino sul futuro di Alessandria, un futuro che agli inizi degli anni 70 sembrava così luminoso[2], merita un commento. Ballerino concentra l’attenzione su quattro «eventi», stando all’accezione del termine che ne dà Umberto Eco nel pamphlet citato più sopra: la demografia; l’inaugurazione nel 1971 del nuovo stabilimento della Michelin; la costruzione di un nuovo Teatro Comunale e l’inizio dei lavori dell’Autostrada A26, un’arteria “che faceva immaginare un futuro in cui sarebbe stata valorizzata la posizione geografica della città, al centro del mitico triangolo industriale formato da Genova, Milano e Torino”.

   Non posseggo statistiche recenti sulla situazione della Michelin, quanto a tutto il resto, è un vero disastro: nel 2017 la popolazione alessandrina era scesa al di sotto dei 94 mila abitanti, dopo che nel 1970 aveva raggiunto “l’agognata soglia” dei 100mila; il Teatro Comunale è chiuso da anni e non si sa se e quando riaprirà i battenti; infine a seguito del crollo del ponte Morandi nell’agosto del 2018, l’autostrada A26 non consente più di raggiungere direttamente Genova (rifiutandomi di considerare una “autostrada” la vecchia “camionale” via Serravalle-Busalla-Isola). Aggiungerei che, a seguito dell’infausta decisione di derubricare la tratta ferroviaria Genova Torino a “interesse regionale” – assunta dall’allora ing. Mauro Moretti, amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato Italiane, in assenza del benché minimo accenno di resistenza da parte dei Presidenti delle due Regioni cointeressate –, raggiungere Genova o Torino comporta tempi di viaggio da paese sottosviluppato.

   Non è certamente un caso, quindi, che se nel 2004 la provincia di Alessandria occupava ancora la 59esima posizione nella graduatoria finale delle Provincie italiane stilata dal Sole 24 Ore, in quella del 2019 essa figuri all’83esima posizione su 107, posizione che scende alla 104esima nella graduatoria parziale della “Demografia e società”, e all’ultima posizione in quella di “Ambiente e servizi”.[3]

   “La percezione dell’inversione di rotta – rispetto al futuro che sembrava luminoso, scrive Alberto Ballerino citando alcuni allarmistici articoli pubblicati su Il Piccolo tra il 1979 e il 1980 –, si avverte già alla fine degli anni Settanta”. “Che cosa non ha funzionato?” Egli si domanda. Non ha funzionato il fatto che la struttura produttiva dell’economia provinciale era già caratterizzata, allora come oggi, da una miriade di microimprese, nei confronti delle quali la semplice politica basata sulle agevolazioni creditizie, sulla riduzione delle tasse o quella dei salari (e dei diritti) dei lavoratori, misure che si esauriscono “nell’ottica assistenziale” alle piccole e medie imprese, non sono sufficienti a favorire la crescita dell’economia (vuoi alessandrina vuoi nazionale). Senza parlare della rivoluzione provocata nel settore terziario dall’avvento di internet e dell’eccesso di capacità produttiva nella grande distribuzione: due eventi che assieme hanno messo in ginocchio la piccola distribuzione, specie nei centri storici, le edicole e le librerie.

    Sul declino dell’economia alessandrina mi sono inoltre soffermato in una nota del 1993[4], e in un articolo del 1995, nel quale ho cercato di spiegare le cause di questo declino, un declino che si inserisce in quello già in atto da più di un ventennio nelle economie regionali della Liguria e del Piemonte. Nel febbraio del 1996 ho persino lanciato una modesta “proposta alternativa” al Piano del traffico voluto dall’amministrazione dell’allora Sindaco Francesca Calvo, una proposta volta ad affrontare i problemi della mobilità cittadina (e dell’inquinamento), suggerendo di attingere ai finanziamenti europei stanziati per favorire la costruzione di un sistema di metropolitana leggera, sfruttando l’interno dei grandi viali cittadini, che avrebbe consentito al tempo stesso di lasciare le auto fuori dal centro storico, senza interferire con il traffico veicolare. Infine, nel 2005, con una relazione tenuta al Convegno organizzato dall’Associazione Città Futura presso la Camera del Lavoro di Alessandria su: “Processi e trasformazioni in atto nel tessuto economico e sociale di Alessandria”, relazione nella quale sostenevo che “esistono segni inequivocabili che il sistema produttivo alessandrino sia interessato da tempo da una lunga fase di declino: da oltre un trentennio l’economia langue e la popolazione è fortemente diminuita.”

    Da allora sono passati più di vent’anni e la situazione economica di Alessandria e provincia (basti pensare alle crisi aziendali della Pernigotti e dell’Italsider nella vicina Novi) è solo peggiorata. Cosa non ha funzionato, dunque? Tutto: lo scadimento della politica e dell’amministrazione, interessate ad affondare le poche buone misure introdotte dalle amministrazioni precedenti (leggi limitazioni del centro storico alle auto, come accade nelle cittadine lombardo/emiliane e raccolta differenziata porta a porta), senza un piano coerente di medio periodo, preoccupate esclusivamente delle emergenze in vista delle elezioni successive. Il tutto in un contesto di imbarbarimento della società civile.

    Per dirla con le parole di Umberto Eco, “ignaro di statistiche quale mi trovo, non mi rimane che contribuire alla lettura dell’evento-Alessandria con qualche epifania”. Altre se ne possono trovare nei due volumi, recentemente pubblicati, quello dello stesso Roberto Ballerino su “La Storia continua. Alessandria e il Tanaro” (edizioni Il Piccolo), e quello su “Alessandria: 850 anni di Storia”, a cura di Renzo Penna e Giancarlo Patrucco, con Postfazione di Franco Livorsi, edito dall’Associazione “Città Futura”. Memori di quanto ebbe a scrivere lo stesso Eco: “Delle epifanie si può fare quel che si vuole, anche buttarle via: invece di dare forma a un flusso di eventi, esse lo spezzano ancora di più, ne isolano i frammenti minori, sembrano porsi all’opposto di quel lavoro mentale che consiste nel trovare, al di sotto del flusso degli eventi, una regola. Eppure sovente suggeriscono dove possa essere quel luogo dove la regola giace, ignota a tutti”.

di Bruno Soro

Alessandria, 13 gennaio 2015

  1. “Le industrie manifatturiere in provincia di Alessandria. Alcune osservazioni in margine ad una recente pubblicazione”, Rassegna Economica della Provincia di Alessandria, n. 4, 1976, riprodotto in B. Soro, Liguria e Basso Piemonte tra declino e sviluppo, IGrafismi Boccassi, Alessandria 2006, pp. 19-24.
  2. A. Ballerino, “Come ci vedevamo 50 anni fa. Il futuro ci sembrava luminoso. Cosa non ha funzionato?”, Il Piccolo, venerdì 3 gennaio 2020.
  3. Il dato citato nel testo sulla posizione occupata dalla provincia di Alessandria nel 2004 è tratto da “Qualità della vita, evoluzione demografica e declino economico nelle provincie liguri e piemontesi”, in, G. Barberis, I. Lavanda, G. Rampa e B. Soro (a cura di), La politica economica tra storia, mercato e regole. Scritti in memoria di Luciano Stella, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli, novembre 2005.
  4. “Una nota sul declino dell’economia alessandrina”, Rassegna economica della provincia di Alessandria, 1993, 3, 21-24, riprodotto in Liguria e Basso Piemonte tra declino e prospettive di sviluppo, iGrafismi Boccassi, Alessandria, febbraio 2006, pp. 85-90. Tutti gli articoli citati nel testo, ad eccezione di “Quel desiderio chiamato tram”, uscito su La Città, febbraio 1996, Anno III, n. 2, sono stati ripubblicati nel 2006 in questa stessa raccolta di saggi.

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