Ragione e sentimento

Non vi è dubbio che il contrasto fra le fazione dei favorevoli al vaccino e quelli sfavorevoli ad esso stia squassando la nostra società, fino a modificare categorie del pensiero, concetti un tempo precisi e ben fermi, e, infine, rovinando anche i rapporti interpersonali, fino a poche settimane fa ritenuti solidi e adesso irrimediabilmente spezzati. Confesso, francamente, che trovarmi di fronte alla estraneità e anche all’inimicizia di persone a me care, per gradi di parentela e per consolidata amicizia o istintiva simpatia, mi ha posto in una condizione di forte amarezza e mi ha costretto a pormi nuove domande morali, se per moralità intendiamo qualcosa di diverso da ciò che comunemente significa; ovvero il discorso intorno all’essere umano e alla sua naturale socievolezza. Che cosa, dunque, può modificare nella mente di persone abituate alle cose del mondo e alla ponderazione delle stesse, a comportarsi in merito allo stesso problema in due modi differenti nell’arco di pochi mesi. Coloro che si sono trovati in posti di lavoro particolarmente a rischio nei primi mesi della pandemia nel 2020, ( si pensi agli ospedali, alla grande distribuzione, alla scuola, al personale della case di riposo ecc.), e che pretendevano una attenzione alla loro sicurezza, sono stati, spesso, i protagonisti un anno dopo di un rifiuto preconcetto ed ingiustificato ad accettare le varie imposizioni pubbliche che favorivano il diffondersi nella popolazione della vaccinazione massiva, in nome di una non molto determinata libertà assoluta del singolo e della sua insindacabile volontà a fare ciò che meglio crede. Non nego il contributo dato a giustificare tale schizofrenia di organizzazioni ideologiche particolarmente pervasive con le loro campagne su varie piattaforme mediatiche, ( si pensi al nucleo culturale di Bennon o di Quanon), oppure la scarsa trasparenza delle autorità europee e nazionali nel trattare con i grandi poteri delle multinazionali del farmaco. Tuttavia il contrasto che è emerso ad un livello così alto, e profondo al tempo stesso, nel corpo sociale, può essere rappresentato come un conflitto fra ragione e sentimento. La ragione è di chi, sottoponendosi al vaccino, valuta gli effetti reali, tangibili e numerici, dei risultati che il vaccino porta nel miglioramento della situazione, pur se ciò non significa sottacere le pecche che il sistema sanitario ha avuto e il lavoro necessario che si deve fare per migliorarlo, tema peraltro oscurato dalle forze di governo come dallo stesso movimento no – vax. Il sentimento è di chi valuta come reale solo il proprio punto soggettivo, l’assoluto della propria insindacabile libertà, il proprio cuore in contrapposizione alla esigenza dominante dello stato, con i suoi calcoli, i suoi provvedimenti, le sue statistiche.

La domanda che si pone è se il sentimento deve sempre prevalere sulla ragione, se esso sia sempre la nostra guida e il miglior consigliere. E in ultima istanza, è proprio vero che il nostro sentimentalismo, la nostra eccessiva soggettività, l’individualismo assoluto che il nuovo movimento oggi imperante nelle nostre strade pone innanzi a tutto, sappiano tracciare il sentiero che conduce alla felicità? Oppure è nella gentile ponderazione dei fatti, che la ragione fa per sua natura, il vero segreto per trovare la soluzione che ci faccia uscire dalle traversie poste dalla situazione che è maturata di fronte ai nostri occhi? Diversamente da ciò che sentiamo dire comunemente, ovvero che la nostra epoca è iper – razionalistica, in verità siamo immersi in un mondo che ama il romanticismo, l’irrazionale, l’esaltazione del soggetto al di sopra di ogni norma morale e collettiva.

Invece, mi propongo di indicare a tutti come la ragione mi appaia la più saggia custode del nostro benessere, difende la nostra vita, salvaguarda gli affetti e la casa come farebbe ogni madre con i piccoli, pone le sicure fondamenta su cui possa poggiare un vivere civile rispettoso dei sentimenti di ognuno. La dove l’impeto del sentimento può bruciare e distruggere, pur in nome del romantico agitarsi del cuore contro l’arida tecnica sociale dei numeri, la ragione altrimenti protegge e edifica le basi di una possibile e ordinata crescita della vita sociale. Del resto vi può essere virtù più democratica della ragione e della dialettica e può esistere una democrazia senza l’amore per la discussione e per il discernimento? L’imperioso sentimento romantico non è forse nemico della massa democratica amorfa per preferire ad essa il mito dell’uomo d’eccezione, ovvero del primato anti – democratico del più forte sul più debole?

Ecco, vorrei consegnare queste domande, queste riflessioni brevi ma spero non banali, alla attenzione di tutti, sia di chi è convinto che un potere tanto occhiuto quanto crudele fino alla stoltezza domina con incredibile sicurezza i destini del mondo, sia a chi non partecipa al nuovo movimento e sentire, ma allo stesso tempo non riesce a decifrarne la natura e i presupposti più profondi e più gravidi di conseguenze, nel bene come nel male. Ma affido comunque ai lettori queste righe nella certezza almeno, che non sia vano, quando si è di fronte ad eventi della cronaca e a passaggi storici che dilaniano nel profondo la società e ne scatenano le passioni, darsi ragione degli avvenimenti e capirne le dinamiche intrinseche al fine di agire nella realtà per il meglio.

Alessandria 27-12-21

Filippo Orlando

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