Signori in scena!

Ho poche informazioni sulla pratica giuridico-amministrativa riguardante il teatro. Certo che frasi come “procedura fallimentare” e “asta giudiziaria” preoccupano.
Riconosco di avere avuto molti privilegi nella vita. Tra i principali c’è quello di essermi  potuto occupare del teatro e della università della nostra città.
Si dice che da noi sia molto forte il sentimento della nostalgia. Di per se’ può non essere una grande attitudine perché significa guardare più al passato che al futuro ma, se invece, è un atto di gratitudine e riconoscimento verso quanto ci è stato offerto, allora il teatro municipale lo merita in pieno.
Naturalmente non sono mancati alcuni limiti. Probabilmente è apparso come un fortilizio (anche per questo suo aspetto di bunker) a difesa di una cultura solo alta e classica, come un luogo impegnativo, per addetti ai lavori. E con una programmazione poco “spregiudicata”. Creando così in molti un senso o di soggezione o di estraneità.
Ma non potremo dimenticare quanto è passato su quel palcoscenico. Oltre al cartellone vero e proprio e alla attività cinematografica su tre schermi, ricordo il teatro ragazzi, il laboratorio lirico sperimentale, le stagioni musicali, “Aperto per ferie”.
Come direbbe la Rai: non tutto ma di tutto. Tutto con una qualità e una fattura altamente professionali. Per questo il Piemonte lo aveva riconosciuto teatro “regionale”, unico oltre allo Stabile di Torino.
E nessuno in buona fede potrà disconoscere i meriti dei vari Delmo Maestri, Enrico Foa’, Adelio Ferrero, Nuccio Lodato, Franco Livorsi, Franco Ferrari.
Ora siamo di fronte al “che fare”. Mi è nota la situazione economica del Comune -sia in questa che nella precedente tornata- che rende arduo se non impossibile il ripristino integrale del manufatto, dopo l’incredibile incidente dell’amianto (a cui l’attuale giunta è estranea).
E, per la verità, l’Amministrazione è anche poco incentivata dalla scarsa attenzione mostrata dalla città al problema.
Gli alessandrini sono sempre molto reattivi nel manifestare le loro insoddisfazioni. Non si può dire che ciò sia capitato nei confronti della chiusura del “Comunale”.
Penso che sarebbe giusto legare il futuro dell’immobile al luogo dove sorge, ovvero i giardini pubblici, che sono da sempre un fiore all’occhiello della città.
Vedo più abbordabile l’idea di trasformare il colosso in una grande arena estiva, per lo più scoperta ma in grado, anche, di averne una parte copribile, con i mille ritrovati tecnologici in tendoni, tensostrutture, “palloni” e similari.
Il palcoscenico è vastissimo e una platea all’aperto necessita di “sedute” semplificate, resistenti e poco costose. E i costi dell’impiantistica diverrebbero molto più affrontabili.
Cinque possibili mesi annui di sfruttamento rende ragionevole l’investimento, soprattutto se legato alla valorizzazione che ne ricaverebbero i giardini.
A questo proposito mi sono sempre chiesto perché noi ci accontentiamo di due piccoli giardini invece di presentarne uno veramente notevole.
Voglio dire che viale della Repubblica non mi pare avere una rilevanza nella viabilità cittadina, mentre la sua trasformazione a verde darebbe una “immagine” al nostro parco tutta diversa.
Un parco in cui, a quel punto, lo spettacolo giocherebbe un ruolo significativo. Musiche di ogni genere (magari con un ruolo importante del nostro Conservatorio), rassegne cinematografiche, teatro, danza, festival, conferenze, incontri, attività gratuite e a pagamento.
D’altronde la posizione nel verde e lontano dalle case dovrebbe permettere di agire, per tutto il periodo estivo, senza disturbare e senza essere disturbati.
Nel caso, non credo si tratterebbe di una ristrutturazione semplice e poco costosa. Ma l’impegno finanziario sarebbe una volta per tutte e limitato alla riorganizzazione dello spazio, permettendo poi grandi risparmi in fase di gestione.
Proprio perché si snatura il progetto originario, sarebbe fondamentale dare l’incarico ad un grande professionista, non necessariamente ad un’archistar. Che nessuno pensi sia un lavoro banale, soltanto “riduttivo”.
E per l’inverno? C’è una significativa novità. Il Cinema Alessandrino ha deciso di essere un teatro a tempo pieno. Una scelta coraggiosa di questi tempi, da parte di un privato. Allora perché il Comune non lo affianca e gli appalta le sue esigenze.
L’imprenditore privato organizza una stagione che abbia la massima prospettiva di successo (tutt’altro che scontato), scommettendo sulla notorietà dei titoli, la celebrità degli interpreti, la “leggerezza” dei generi.
L’Amministrazione comunale gli commissioni, sulla base delle sue disponibilità e del suo programma, un secondo cartellone che risponda a gusti più minoritari, più pedagogico-formativi, più legati a nuovi linguaggi. Sfruttando le economie di scala e la promozione del privato, gli costerà meno che organizzarli in proprio.
L’alternativa che vedo a tutto ciò è lo “spettacolo” di un rudere che man mano tracolla in pieno centro e che ricorda a tutti che siamo l’unica città della provincia rimasta senza un’offerta teatrale.
GianlucaVeronesi

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