“Sognare la terra. Il troll dell’antropocene” di Fabrice Olivier Dubosc

A mio avviso, non è un titolo d’immediata comprensibilità da parte del vasto pubblico quello dell’ultima opera saggistica di Fabrice Olivier Dubosc, Sognare la terra. Il troll dell’antropocene. La prima parte di esso fa comunque riferimento a speranze utopistico-innovatrici; e la seconda ad un contesto ‒ quello dell’attuale epoca geologica, in cui il nostro pianeta è fortemente condizionato dalle attività anti-ecologiche dell’uomo (antropos) e dove sui media imperversano fake news, veicolate appunto dai cosiddetti troll odierni al fine di distorcere la comunicazione e/o far nascere diverbi/conflitti. Però questo è solo il tentativo di decifrare il titolo del libro. Addentrandoci in esso scopriamo innanzitutto che l’autore detesta i troll moderni ‒ che seminano zizzania e confondono le idee della gente ‒ preferendo piuttosto quelli delle antiche fiabe, sul ruolo dei quali fornisce nel saggio un’interpretazione davvero puntuale e convincente.

Ma al di là dell’analisi comparativa fra troll del passato e dell’attualità, Dubosc ritiene oggi più che mai imprescindibile una visione olistica, inter-relazionale e non parcellizzata dell’ambiente umano ‒ sia collettivo che individuale, sia fisico che psichico ‒, per cui è necessario rendersi conto che nessuna (scelta di) vita risulta separabile da quella degli altri, ma che tutto è intrecciato, ogni cosa condiziona ed è al contempo sempre condizionata; non c’è quindi modo di ottenere un autentico/auspicabile benessere ‒ soggettivo o collettivo che sia ‒ da parte di una fetta d’umanità se un’altra fetta non può nemmeno pensare di raggiungerlo. Detto in altri termini: “prima ancora di perdere qualcuno siamo già persi nell’altro. Persi senza l’altro”.

Purtroppo ‒ nota un amareggiato ancor prima che polemico Dubosc ‒ la economia neoliberista, ormai trionfante a livello mondiale: “collega valore e benessere a partire dal significante maestro del possesso individuale dei beni più che dal loro uso condiviso”. Eppure rifarsi al significato etimologico/originario del termine economia ‒ gestione (nomos) della casa (oikos) – dovrebbe comportare una politica rivolta alla cura del bene comune e dei beni comuni ambiental-relazionali della casa/realtà terrestre che abitiamo, e non certo solo prestare attenzione agli aspetti finanziari, ai profitti da massimizzare o al pil da aumentare anno dopo anno. Come se non vivessimo in un pianeta dove l’aumento del prodotto interno lordo del mio Paese implica la decrescita di quello tuo, o suo, o loro. Come se non vivessimo in un mondo avvelenato da uno sfruttamento miope, dove assistiamo a eventi climatici devastanti, alla riduzione esponenziale dei suoli fertili, ad una allarmante carenza d’acqua nei territori più caldi del globo, nonché all’aumento d’enormi disuguaglianze e ingiustizie sociali; ma dove ancora stenta a farsi strada (se non fra i giovani/giovanissimi) una presa di coscienza quanto meno del degrado ecologico presente un po’ ovunque e forse irreparabile. Eppure sia pure lentamente ‒ secondo l’autore del saggio ‒ sta venendo alla luce: “una consapevolezza ampiamente condivisa che immaginare una ‘buona vita’ (e una ‘salute’), in un ambiente strutturalmente sempre più fragile, implichi un cambio radicale di paradigma”.

Sarà utopia pensare che una tale rivoluzione ‒ delle coscienze in primo luogo ‒ sia a portata di mano, ma è pur vero che, come affermava Oscar Wilde: Una carta del mondo che non contiene il Paese dell’Utopia non è degna nemmeno di uno sguardo. Dunque, per tornare al titolo del saggio, ha un preciso senso mettersi a sognare la terra, anche perché di incubi a occhi aperti su un mondo sempre meno abitabile ne stiamo già subendo anche troppi. “Solo una riconnessione radicale potrebbe sanare la grande scissione tra natura e cultura”, scrive ancora condivisibilmente Dubosc. Ma il problema ancora ben lungi da essere risolto resta: come ottenerla, al di là di ogni pur encomiabile teorizzazione? Anche poiché, per attuarla oggi, purtroppo: “Non possiamo adoperare solo le parole e le idee che ci bastavano ieri”.

Abrice Olivier Dubosc, Sognare la terra. Il troll dell’antropocene, Exorma Edizioni, 2020, pp.176, euro 15,50.

Francesco Roat

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