Che sta succedendo in Medio oriente?

 

La risposta è fin troppo facile  e trova, come sempre, negli interessi (dai più meschini ai più roboanti) la sua ragion d’essere. La Turchia ha un conto aperto per lo meno centenario (dai tempi di Kemal Ataturk) con quelli che definisce, ben sapendo di ingannarsi, “Turchi di montagna”. Tutti sanno, turchi e kurdi, che ci sono diversità millenarie fra le due popolazioni, di lingua, cultura, abitudini, religioni, persino nelle date delle festività religiose. Hanno provato cinque o sei volte, i Turchi,  ad alzare il tiro, utilizzando mitra e carri armati … ma il problema è rimasto. Si sono costruiti circa 700 chilometri (sì proprio settecento) di muro ipertecnologico tra Turchia e Syria per evitare scambi di ogni tipo fra chi abita al di qua e al di là della frontiera, ma niente… Le cose non sono cambiate. Ora Erdogan prova ad allargare ulteriormente la “zona di sicurezza” portandola in media a 30 km a sud dall’attuale confine. Quasi un milione di persone vive in quella fascia immediatamente a ridosso del confine ed avrà, se verrà confermata l’invasione, solo due possibilità: scappare verso il sud a maggioranza araba oppure tentare in tutti i modi di emigrare (aumentando le masse di persone già in movimento) verso l’Europa o l’America. Per chi ci riuscirà…sarà festa grossa.

Gli Stati Uniti si stanno sfilando da questo ginepraio soprattutto a causa dei costi elevatissimi della loro presenza sul territorio, senza particolari vantaggi diretti. La sconfitta dell’ISIS e la – pur delicata – riappacificazione convengono soprattutto alle multinazionali del petrolio e a chi fa affari (locali) con i vari sceicchi sparsi sui territori di Irak e Syria del nord. “It doesn’t work”, “Non funziona / non va”, così ha detto Trump in un recente intervento, riassumendo quale sia veramente l’interesse di uncle Sam . Francesi e Inglesi badano soprattutto alle cose loro e hanno tutto da guadagnare dal mantenimento dello statu quo . Ma se i Turchi dovessero muoversi, difficilmente reagirebbero. Stessa condizione per i Russi che, a fronte di un loro silenzio sul misfatto prossimo venturo, potrebbero avere definitivamente mano libera nell’inglobamento di Crimea e Donbass. Più si analizza la questione più si prova preoccupazione e disagio per i presumibili prossimi movimenti.

Donald Trump sta ritirando lentamente le sue truppe dalle zone più calde (Ayyn e Tell Abyad), creando un’area libera che potrebbe favorire l’entrata dell’esercito ottomano che, lo ricordiamo, è tra i più numerosi, moderni e bene equipaggiati dell’intera NATO. Obiettivo prioritario… l’armata kurda (maschile e femminile) fondamentale nella lotta contro l’ISIS ma ora diventata ingombrante e pericolosa. Molto chiara la posizione di UIKI (1) in merito: “Ci prepariamo al peggio. Non sappiamo cosa succederà”. Posizione simile espressa dal rappresentante delle nazioni Unite (2) “molto colpito dalle recenti dichiarazioni della Casa Bianca” specie in relazione al fatto che sono state pronunciate dopo un lungo colloquio fra il presidente americano e quello turco Erdogan.

Campo libero…

Prima di andare avanti giova ricordare che tanto le JPG quanto le YPG, cioe’ le milizie popolari kurde oggetto di attacco, furono il primo caposaldo della resistenza all’ISIS, poi aiutate da contingenti di eserciti di Russia, Usa, Francia, Inghilterra e, in parte, anche Italia. Ma, evidentemente Washington ha scelto di lasciare campo libero a Ankara dopo che, per due mesi, ha avviato pattugliamenti coordinati lungo il confine, entro una fascia di sicurezza di massimo cinque chilometri. Probabilmente c’è anche dell’altro…la necessità di staccare Erdogan da Putin, di farselo amico, la rilevanza di una “penisola militarizzata” come l’Anatolia, saldamente in chiave Nato. Tutto fa.

Da lì al durissimo comunicato di due giorni che ufficializza lo sgancio, il passo è breve. “Le forze armate americane non vogliono più difendere o sostenere una parte contro l’altra nel complesso scacchiere  siriano e, dopo aver vinto il “califfato” territoriale dello Stato Islamico (ISIS), non saranno più nelle immediate vicinanze delle zone precedentemente presidiate”. Un ritiro che è iniziato ufficialmente lunedì (ieri) e che arriverà a conclusione nella giornata di venerdi’ (fonte Hufkumuz).  Un centro studi autorevole, d’altra parte, l’Osservatorio Siriano dei Diritti dell’Uomo (OSDH) ha confermato la già avvenuta ritirata dalle posizioni chiave di Ras al Ain e di Tell Abyad.

 

Una situazione esplosiva

Lo stesso presidente turco Rayyip Erdogan ha chiarito durante una conferenza stampa che “ C’è una frase che noi continuiamo a ripetere… possiamo entrare in Syria in qualsiasi momento. Non è più possibile per noi tollerare pressioni e minacce provenienti da gruppi di fatto terroristici”.  Infatti, come è noto, la Turchia ritiene le forze YPG come un gruppo “terrorista” in ragione dei loro legami con il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK). Sostanzialmente lo Stato della Sublime Porta si sta preparando a creare una lunga area tampone (di trenta chilometri in media per una lunghezza di quasi settecento…!!!) per soffocare la possibile nascita di un focolare kurdo autonomo con tanto di Stato riconosciuto a livello internazionale (dal nord Syria e arriva fino al nord Irak). Un precedente che Ankara non si può permettere e che creerebbe ulteriori lacerazioni all’interno dello stato kemalista.

 

Non è la prima volta

Per la verità, solo in questi ultimi anni, ci sono già state offensive (limitate) di contingenti turchi: nel 2016 con obiettivo prioritario l’ISIS, nel 2018 con attacchi ripetuti alle basi YPG. A partire dal 1800, però, si contano ben trentadue attacchi più o meno articolati che hanno visto come protagonisti i soldati prima del Sultano poi della repubblica islamica.

Per fronteggiare questa avanzata, le forze kurde hanno sicuramente preso provvedimenti e, tra questi, la costruzione di lunghe e articolate trincee, con gallerie e altre forme di difesa a ragnetela. Coprendo praticamente tutto il territorio che va dalla zona nord di Aleppo fino al fiume Tigri di trappole e tunnel di collegamento. Sono inoltre ben 13 i campi di rieducazione dichiarati all’ONU (pieni di uomini giovanissimi e meno giovani, donne, bambini in qualche modo legati all’ISIS), presenti nella zona interessata dai probabili combattimenti. Con la possibilità di rendere di nuovo liberi e offensivi questi nuclei radicalizzati contrari tanto ai turchi quanto ai kurdi.Un problema in più da risolvere. Praticamente si verrebbe ad avere una condizione da “tutti contro tutti” che riporterebbe le lancette dell’orologio siriano indietro di quattro anni, di nuovo in piena guerra civile. Ma , forse, è proprio questo il vero obiettivo del ritiro americano. Non permettere una stabilizzazione dell’area, soprattutto  in presenza di un atteggiamento non del tutto favorevole alla parte americana.

Hufkumuz Haber ci dice intanto che…

Una delle principali fonti di informazioni indipendenti turche (Hufk. Haber)  ci comunica che era già in atto ieri sera (7 ottobre) una operazione sui posti di frontiera di Tell Abyad e Kobane per prevenire la reazione delle SDG (le Forze armate Democratiche Siriane). Si è trattato di un intervento su più piani, con tre raid aerei “chirurgici”, una serie di operazioni di terra con cingolati e carri leggeri e, soprattutto, un capillare lavoro di guerra elettronica, tesa a disinnescare radar e punti di controlli kurdi. Ufkumuz Haber (3), poi confermata dall’agenzia Reuter con due dispacci in inglese, non ha specificato i punti esatti degli attacchi (comunque nel centro della lunga linea di confine) e nemmeno se questi hanno provocato vittime… ma il fatto che ci siano stati è incontrovertibile.

I possibili sviluppi

Proprio Hufkumuz ricorda a più riprese che si sta preparando una difesa su larga scala con tutta la popolazione mobilitata (quattro milioni di persone circa complessivamente) e che si stanno attivando urgentemente canali diplomatici efficaci, finalizzati al mantenimento dello “statu quo”. Il tutto per dimostrare che comunque non si tratterà di una “passeggiata”.  Per ultimo, un po’ in contrasto con quanto riferito prima rispetto alla posizione russa,  il ministro degli Esteri Lavrov ha mandato un segnale…“Se gli americani di ritireranno davvero, non permetteremo che ci siano alterazioni dgli attuali confini universalmente riconosciuti”.  E chi deve intendere…intenda (4).  Si può veramente affermare che si tratta di una evoluzione dei fatti da seguire minuto per minuto.

(1) – UIKI . Rappresentanza dell’Ufficio Informazione Kurdistan Italia: https://www.uikionlus.com/la-turchia-in-rojava-e-in-tutto-il-kurdistan-commette-crimini-di-guerra-e-contro-i-diritti-umani/

(2) – Coordinatore umanitario dell’ONU per la Syria  è Panos Moumtzis. Dettagli su : https://www.reuters.com/article/us-syria-security-turkey-un/u-n-calls-for-protecting-civilians-in-northeast-syria-idUSKBN1WM0TH

(3) – Sull’inizio delle operazioni: http://www.ufkumuzhaber.com/reuters-turk-yetkililer-saldiriyi-dogruladi-80718h.htm

(4) –  Sulla posizione della Russia: https://www.rudaw.net/english/kurdistan/08102019

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