Tenet

Viviamo in un mondo crepuscolare”

“Tenet” di Christopher Nolan è un evento per 2 motivi, uno perché è il ritorno al cinema dei blockbuster (di qualità) nell’era del Covid, due perché è Nolan, forse uno dei più importanti e influenti registi al mondo degli ultimi anni.

L’ultima opera del regista britannico è il più nolaniano e, forse, il più ambizioso della sua filmografia. Si tratta di un “classico” film di spionaggio caratterizzato da un ritmo dirompente e da una dimensione temporale che conduce ad uno stravolgimento della messinscena a dir poco stupefacente. Qui si va ben oltre le sperimentazioni cronologiche di Memento, le compressioni e dilatazioni del tempo di Interstellar o il parallelismo delle tre diverse linee temporali di Dunkirk.

Nolan colpisce ancora, con la sua capacità di stupire attraverso argomentazioni che risultano essere non per tutti. A me è piaciuto tanto: ogni volta che c’è Christopher, ci si diverte. Il tempo in sala passa veloce, proprio come nel film. Si è vero, ha un ritmo incalzante che puo sembrare frettoloso perchè magari tralascia le storie dei personaggi, ma il film si concentra su altro. Se Nolan avesse deciso di fare le cose con più calma, sarebbe uscito fuori un minestrone di una lunghezza infinita, quindi ha dato priorità alla sviluppo di altri aspetti riuscendo perfettamente nel suo intento.

Il cinema di Nolan è un cinema che fa sempre discutere. Ogni suo film è divisivo tra le diverse tifoserie. Anche “Tenet” non sfugge a questa regola. Accusato di essere confuso, in realtà confuso non è. Accusato di essere senz’anima, in realtà Tenet” un’anima ce l’ha ma non è convenzionale. E’ fatta di tecnica, profumata di celluloide, ricreata con tecniche nuove e comunque legate all’arte del cinema concreto e reale.

Da sempre Christopher Nolan preferisce stuntman, grandi ricostruzioni di set, set reali, e dinamiche a dimensioni naturali e la cara vecchia pellicola al cgi, al digitale e al green screen. Non è un mistero che la scena, presente anche nel trailer, dell’aereo Boeing 747 che si schianta contro una costruzione di diversi piani è un aereo vero in tutto e per tutto e la distruzione è reale.

Un richiamo potente alla concretezza delle riprese, alla voglia di rendere tangibile quanto succede sul grande schermo, l’abilità di eliminare l’intermediario per giungere allo spettatore, in modo diretto, almeno per quanto riguarda quanto si può vedere.

Tenet” inizia subito con una forte tensione accompagnata da scene d’azione molto ben realizzate e coinvolgenti che esaltano il 70mm della pellicola e anche grazie alle straordinarie scene girate in formato IMAX.

Durante tutto lo svolgersi del film il parallelo tra Tenet e uno dei tanti film della saga di James Bond riaffiora molte volte. Il film è dichiaratamente un thriller molto più vicino al genere rispetto a “Inception”, molto più adeso a un’idea di cavaliere unico John David Washington, figlio di Denzel Washington che interpreta “il Protagonista” (viene chiamato proprio così) che si trova ad affrontare il villain di turno.

Tra panorami mozzafiato in giro per il mondo, scene adrenaliniche, ricostruzioni di scene in parallelo sia in avanti che indietro e una corsa contro il tempo i personaggi che si alternano sul grande schermo risultano subalterni all’intreccio della dinamica temporale più volte spiegato e diverse volte messo in atto. Spesso lo spettatore è rapito e straniato, alcune volte confuso.

Di Elizabeth Debicki (Kat) non colpisce solo l’altezza e la bellezza ma la bravura in particolari passaggi, nonostante anche il suo personaggio ha una storia accennata ma segnate da traumi e paure.

Robert Pattinson (Neil) dimostra, ancora una volta, di essere un attore di sicuro risultato sul grande schermo, spalla o protagonista che sia. Kenneth Branagh (Andrei Sator) appare a suo agio come spietato dittatore del suo piccolo grande mondo.

Tenet” lascia volutamente da parte la profondità dei personaggi, si disinteressa della complessità della vicenda, cerca di spiegarla più volte e cerca dinamiche diverse esaltando quell’effetto di azione e reazione che viene invertito oltrepassando una porta, una soglia, un modo di pensare.

La vicenda quindi intriga fino alla fine, anche se non si è sicuri che possa essere la fine, come non si può sapere quando il film inizia e quando questo arriva a certi punti fissati temporalmente. Disorientate e discutibile, forse confuso nel complesso “Tenet” è cinema puro, fa parte di quei film che: “Non bisogna capire, ma bisogna sentire”.

Sorelle gemelle delle straordinarie costruzioni visive di Inception, le invenzioni di Tenet sono spettacolo puro, così come le sequenze adrenaliniche di inseguimenti, scontri a fuoco e corpo a corpo, fino al trionfo nel finale del film, in cui il meccanismo visivo dell’inversione temporale viene utilizzato su larga scala, valorizzato al massimo dallo schermo cinematografico e da un impianto audio adeguato a restituire la sensazione di frastornamento del protagonista stesso.

Il suono e la musica, in Tenet, svolgono un ruolo fondamentale, invasivo, contribuendo ad aumentare il ritmo forsennato di tutto il film, che ha davvero pochi momenti di tregua. Ludwig Göransson, già compositore Premio Oscar per “Black Panther” e “The Mandalorian” (la prima serie live-action della saga di Star Wars) fa sua la lezione di Hans Zimmer, frequente collaboratore di Nolan, e realizza uno score potente e prepotente, ambizioso e invadente, come le immagini stesse.

Christopher Nolan ha basato la sua intera sceneggiatura sull’iscrizione latina che forma il QUADRATO DEL SATOR: una ricorrente iscrizione latina, di forma quadrata, composta di 25 lettere disposte su 5 file (e quindi 5 colonne), che vanno a formare sia in senso orizzontale che in senso verticale 5 parole latine di senso compiuto: SATOR, AREPO, TENET, OPERA e ROTAS.

Nel Quadrato del Sator troviamo due volte scritta la parola TENET, corrispondente al titolo del film di Nolan, in verticale ed in orizzontale a formare una croce. Il Quadrato del Sator è rinvenibile in moltissimi siti archeologici in Europa (molti dei quali in Italia), ed il suo esatto significato non è mai stato del tutto chiarito: le 5 parole da cui è formato hanno però tutte un esatto significato all’interno del film di Nolan, che le ha fatte sue inserendole nella trama di Tenet:

  • SATOR: La prima parola, SATOR, nel film diventa il nome del villain. Andrei Sator, interpretato da Kenneth Branagh, viene “reclutato” da alcuni terroristi del futuro per mettere in atto il genocidio dell’intera razza umana. La parola Sator in latino significa seminatore coltivatore, oppure in senso figurato anche padre creatore: Il Sator del film, che al momento della sua morte intende portare con sé l’umanità intera, assume in effetti quasi le caratteristiche di una divinità (come tende a sottolineare anche egli stesso).
  • AREPO: La seconda parola del Quadrato del Sator rimane ad oggi ancora un mistero: si tratta di una parola, AREPO, mai comparsa altrove in alcun testo della lingua latina classica. Nel film, Arepo è il nome dell’artista che realizza e vende a Kat i Goya falsi che la mettono poi nella posizione di essere ricattata da suo marito. Facendo il nome di Arepo, il Protagonista riesce ad arrivare a Sator: come nel Quadrato quindi, Sator (Andrei) e Tenet (nelle vesti del protagonista) sono uniti da “Arepo”.
  • TENET: Il titolo del film, si spiega praticamente da solo: la parola TENET forma una croce palindroma all’interno del quadrato, è al centro di tutto e collega tutte le altre. In latino classico la parola è un verbo e significa semplicemente tiene, regge o guida.
  • OPERA: Ritroviamo la parola dal significato più ovvio, OPERA, nel Quadrato all’inizio del film: la scena d’apertura si svolge in un teatro dell’Opera, dove avviene il ritrovamento di uno dei 9 pezzi dell’Algoritmo. Più avanti nel film, il Protagonista eviterà la morte per mano di Sator proprio citando l’Opera, facendo capire all’uomo che è a conoscenza dei suoi affari e che potrebbe aiutarlo nei suoi intenti.
  • ROTAS: Infine, la parola ROTAS in latino indica il plurale di “ruote”, ma intesa metaforicamente è più probabile che sia stata qui inserita come “destino”. Nel film, la Rotas è la compagnia dietro la quale si celano i loschi traffici di Andrei Sator, ma a ben guardare a tale termine potrebbero far riferimento anche le speciali capsule rotanti tramite le quali avviene il processo di inversione.

Non scervellatevi troppo, comunque: Nolan lo ha pensato proprio per intaccare le sinapsi dell’audience, per dargli modo di addentrarsi nella ricercata concettualità scientifica del prodotto e invogliarlo a una seconda, una terza, una quarta visione; “a tornare indietro“, in sala, per cercare la giusta interpretazione fisica dell’opera – e vi assicuro che è estremamente ragionata. Tenet riesce anche a imprimersi grazie a una scrittura stratificata e tonda, con un volume dialogico-narrativo che abbraccia in modo aggraziato tecnica e azione, ricco di battute veloci e pungenti e scambi carichi di uno spietato e geniale humor british, il che è ovviamente un grande valore aggiunto.

Tenet riesce a portare in scena uno spettacolo davvero mastodontico, formalmente ineccepibile e con un gusto stilistico del tutto particolare figlio di un’idea “analogica” e non digitale di intrattenimento. Ci sono momenti in cui è impossibile riuscire a contenere l’entusiasmo, mentre altri cercano di trovare la giusta quadra tra azione ed esplicazione, che è un po’ il dualismo principale del film, i due piatti della bilancia mantenuti in perfetto equilibrio da questo inconsueto eppure magnifico e originale spy movie temporale.

Tenet di Chistopher Nolan si rivela il titolo più ambizioso e al contempo più complesso dell’autore britannico. L’elaborata Architettura a Livelli dei Sogni di Inception lascia campo libero alla Fisica Teoretica e alla Meccanica Quantistica, molto più articolata e ostica da decifrare perché basata su eventi reali, misure concrete, sistemi tangibili che è più difficile frantumare e ricostruire a ciclo continuo sul grande schermo. La scrittura regala grandi soddisfazioni riguardo alla trama e all’impianto dialogico, ricco di battute sagaci e uno spietato humor british che arricchisce e valorizza un film che prima di tutto è grande e impeccabile spettacolo formale. Le scene d’azione sono al cardiopalma, mozzafiato, entusiasmanti, tanto guardando all’ambito sci-fi quanto alle vibrazioni heist movie, che partecipano con insistenza all’anima del progetto. Siamo di fronte alla massima espressione del cinema nolaniano, da prendere così com’è, con pregi e difetti annessi. Se il metro stilistico e formale del regista e della sua arte è quello di puntare sempre all’originalità per sorprendere e intrattenere, Tenet ci riesce benissimo.

Riccardo Coloris

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