Una  logistica  elettorale

Si tratta della campagna elettorale per le prossime comunali, a ridosso ormai della conclusione in un clima piuttosto appassito e carico di riferimenti localistici alquanto ripetitivi e sveltamente riverniciati per l’occasione. Tra questi, eminente, il tema , con le sempre accattivanti prospettive, della logistica.

Manca, complessivamente, il colpo d’ala di proposte elaborate, o rielaborate, da gruppi di sostegno – almeno per le formazioni principali – messi al lavoro da un certo tempo e non rappattumati all’ultimo momento solo per presentare una lista numericamente decorosa .E’ una piccola conseguenza della crisi del “corpi intermedi” a scala generale, ma questo è un altro discorso.

Tornando alla Logistica e con un seguito al titolo di cui sopra, è interessante notare che la passione politica  per questa prospettiva di “indefettibile” sviluppo alessandrino (nel tempo si è aggiunto per altre trame un contiguo appassionato: Castellazzo) trae origine da un convegno del marzo 2002 (!),tenutosi al Salone Fidicom  per iniziativa della Provincia (Palenzona) e del Comune (Calvo) e del quale a tempo debito il nostro foglio celebrò i primi fatidici diciott’anni d’età.

Singolare ma non troppo il fatto che lo storico convegno si tenne in clima preelettorale, come l’attuale, conclusosi poche settimane dopo con il subingresso della Giunta Scagni , di centrosinistra, alla Giunta Calvo, centrodestra.

Quant’acqua è passata sotto i nostri due ponti, e quanta ne è piovuta sul grande Scalo FS, ma siamo sempre, quanto a logistica alessandrina, alle…magnifiche sorti e progressive.

Vent’anni dopo (tipo Tre Moschettieri..) si nota che il tempo è sostanzialmente trascorso a ricicciare  idee, progetti e variatine ampiamente basati sul glorioso Scalo-Smistamento ferroviario di Alessandria, largamente in disuso,. mentre delle aree logistiche esterne, con binari, si è persa anche memoria.

In compenso, anche per onorare il titolo, il grande convegno torinese (Stati generali della logistica – fine aprile) ha rilucidato/aggiornato (Terzo valico) tutta l’argenteria ligure piemontese in ottica di proclamate urgenze di sviluppo del Nord-Ovest, Scalo alessandrino in bella vista.

Nessuna  ironia sottotraccia ma la semplice, reiterata constatazione che, dopo gli anni logisticamente ruggenti dei Palenzona, Marta Vincenzi, Bresso, Borioli e Bressan, trasporti e centri merci afferenti al porto di Genova, fanno parte del Dna sviluppista di tutta la recente classe politica, della più varia estrazione, destinati a risorgere dopo ogni apparente appassimento.

Non ci sono se e ma  che tengano: se qualcosa non ha funzionato nella  logistica alessandrina ed è rimasto sulla carta (in una con la contermine castellazzese), va addebitata al…destino cinico e baro, noto per gli scherzi che propina.

Nessuna intenzione di “gufare”. E poi perché? La logistica  è un settore molto importante e delicato (per gli impegni a lunga scadenza, finanziari e organizzativi, che comporta)  nel collegare produzione e distribuzione: non c’è bisogno di prodursi in dichiarazioni di stima!

Naturalmente bisognerebbe ricordarsi di contemperare entusiasmi e problemi.

In questi stessi giorni pre-elettorali a valenza  logistica, ad esempio, sono comparsi due articoli interessanti quanto a problemi che interferiscono con il futuro dello scalo.

L’uno del 24Ore (30.05) che già dal titolo dovrebbe interessare: “Scali ferroviari, piano recuperi per ricucire il territorio”. Nel testo si ricorda che nel Piano industriale FS 2022-2031 compare un obiettivo: la rigenerazione urbana delle aree ferroviarie dimesse . Si tratta di ben 30 milioni di mq. annessi  alle grandi stazioni cittadine e  (corsivo nostro)  ai nodi ferroviari. Per lasciar spazio (business) a nuovi quartieri e nuovi servizi, realizzati con grandi operatori privati e pubblici. Forse ce n’è per drizzare le orecchie

L’altro articolo, ancora più vicino ai casi nostri ( Il Secolo XIX, 01.06), suona.”Il  retroporto di Alessandria in stallo, la frenata degli operatori genovesi” dove per operatori si intendono soprattutto i terminalisti, i proprietari o gestori delle banchine, che ritengono lo Scalo alessandrino ad un tempo troppo lontano per certi fini di periferia portuale (polmone delle banchine) e troppo vicino per giustificare la cd. “rottura di carico” che ovviamente ha un costo e va addossato a qualcuno. Una “rottura” ancora più incongrua dopo l’entrata in funzione del Terzo Valico (2024, v.art. 24Ore).

E’ vero che si ventila l’interesse di MSC, dato oggi per asso pigliatutto ( v. interesse per ITA Air) e di un colosso  di Dubai, ma il clima di casa, diviso grossomodo tra politici possibilisti e imprenditori logistici più o meno scettici, dovrebbe dare almeno da pensare.

 

Dario  Fornaro

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