Vincitori o vinti?

Alla fine abbiamo finalmente capito. Era così semplice!
Chi ha vinto non ha vinto, bensì non ha perso. Come pensava sarebbe successo.
E come pensavano tutti.
In compenso chi ha perso non ha perso. Ha perso rispetto ad un trionfo immaginario.
Nella sua fantasia aveva già espugnato, un anno fa, l’Emilia. Questa volta aveva promesso di radere al suolo la Toscana. Nel primo commento, per consolarsi, ha rinviato i giornalisti alla prossima, ineludibile vittoria per i Comuni di Milano e Roma.
Nel caso di Zingaretti, comunque, una prova di nervi saldi e di gestione del rischio.
Quasi mai i politici ipotizzano una possibile sconfitta. Drammatizzare -negli ultimi giorni- la situazione ed evocare la disfatta può essere un’arma a doppio taglio.
In fondo a nessuno piace investire sul perdente. Ma in questo caso l’ultimo, disperato appello alle armi ha funzionato sia in Toscana che in Puglia.
Mi son convinto che il segretario del PD, con quell’aria gioviale, quieta, quasi dimessa, sia un furbacchione.
Tutti a imputargli le umiliazioni patite per mano dei 5Stelle. Le aperture, gli appelli, le concessioni fatte loro, sempre respinte con sufficienza se non disprezzo.
Ma forse Zingaretti parlava non ai vertici del Movimento ma a quella parte dei loro elettori che in passato votarono PD. Evidentemente questi hanno apprezzato tanto spirito unitario, disponibilità, persino generosità sdegnate da un partito che non sa più cosa vuole.
Nel caso di Salvini, l’ennesima prova di autolesionismo. Se non fai il gradasso tutto diventa più facile. Il tuo candidato prende nella rossa Toscana il 40%? Puoi gridare alla vittoria, se vince addirittura al miracolo. Così invece perdi sempre, perché se vinci è già scontato.
Io credo che il segretario della Lega sia affetto da ansia da prestazione. Se uno passa due mesi a fare cinque comizi al giorno in cinque regioni diverse, capisco anch’io che perda il senso della realtà.
I Pentastellati hanno provato a convincere del pareggio tra referendum e regionali ma non ci sono riusciti. Anche se l’approvazione del Si è soprattutto merito (o demerito) loro.
I Governatori che si ripresentavano hanno vinto tutti e con grandi distacchi. La vittoria è loro personale, più che dei loro rispettivi partiti. Tre di loro grazie a come hanno combattuto la pandemia. Zaia che ha azzeccato subito l’approccio. DeLuca ed Emiliano che hanno “esibito” decisionismo, determinazione e indipendenza dal Governo di cui erano pur sempre sostenitori politici.
Toti a ragione dell’efficentissima ricostruzione del ponte Morandi.
Dobbiamo pensare archiviati Renzi e Berlusconi?
Il temporeggiatore Conte, eclissatosi durante la campagna elettorale, deve stare attento alla troppa furbizia. Astenendosi dal decidere alcunché possa danneggiare ulteriormente i moribondi 5Stelle, pensa così di poter ereditare il loro massimo consenso al momento della deflagrazione finale.
Ma l’agonia rischia di essere lunga e sconclusionata e se sei Premier non puoi dare l’impressione di mettere a rischio gli interessi del Paese per aiutare il partito di tuo riferimento.
Grillo, in mezzo a tante miserie, vola altissimo: abolisce il PIL, il lavoro (sostituito dal reddito universale), la democrazia parlamentare. Credo che sia tornato nell’empireo soprattutto per smarcarsi dagli “stati generali”.
Per uno che teorizza la democrazia diretta è dura dover decidere di quanti membri (in rappresentanza di quante correnti) debba essere composta la segreteria del partito.
GianlucaVeronesi

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