I vivi – il nuovo romanzo di Gianni Vacchelli / Jouvence Editore

Leggere i romanzi di Gianni Vacchelli è impresa sempre ardua.

Si apre il libro come se si aprisse una cassa di nitroglicerina e, sospettosi e guardinghi, si inizia il viaggio. Attenzione ! Qui è davvero in pericolo la nostra vita. Siate cauti, attenzione alle buche, al linguaggio, ai sorpassi, ai simbolismi, alle paraboliche, alle alzate d’ala e agli atterraggi, spesso senza paracadute.

Ogni romanzo di Vacchelli è un atto di coraggio per il lettore e sempre una sfida, in primis al sorrisetto sornione dell’autore che sbircia sempre da dietro la porta, attento a chi vuole entrare nella stretta porta della Conoscenza.

Conoscenza e Amore sono sempre presenti, non a caso parole energetiche istigate dal suo maestro Raimon Panikkar; parole che Vacchelli sa rendere visioni, allargamenti di sguardo, siluranti metafore che spaccano l’ordinario per aprirci allo straordinario.

Vacchelli è un grande visionario, stracolmo e dunque spesso strabordante, una botte di buon vino che non si trasformerà mai in aceto. Non c’è tempo per aspettare, la vita chiama al nostro personale compito e Vacchelli ce lo mostra come solo l’amico sa fare. Niente strategie, qui è tutta carne, alla faccia dei vegetariani.

In questa ultima fatica, lunga fatica, perchè I VIVI, questo il titolo, ha avuto doglia decennale, Vacchelli non si e ci risparmia nulla.

Un libro visionario e sciamanico, un libro di riti e miti, di mostri e di riti magici, un libro dove vivi e morti si frequentano, un libro di musica pop e di cartoons, un libro dove i bambini sono i protagonisti, perchè i bambini hanno ancora viva quell’aura che non sappiamo più mantenere viva diventando grandi; un’aura legata alla Natura e all’Invisibile,

E’ anche un omaggio al grande Joyce, un altro suo Maestro, potremmo dire un controcanto, comunque un sano palleggiare col Maestro, due che si buttano la palla tra scogliere irlandesi e monti trentini, due che si tolgono gli occhiali a volte per asciugare le lacrime di commozione, a volte per il troppo ridere , a volte per levar gocce di pioggia.

Tre libri in uno, 645 pagine ( numero mai a caso, in questo caso un omaggio a un altro Maestro, Stanley Kubrick, la camera 645 in Shining), tre decenni ( anni 80, 90 e 2000), un prologo, un testo teatrale e un altro volumetto scritto da Michele Castelli ( lo si può scaricare gratuitamente o comperare in cartaceo) per aiutare gli impavidi lettori a maneggiare sempre meglio la sua nitroglicerina.

Qui c’è una trama e ci sono trame, nomi che si rincorrono e si ritrovano, c’è una lettura superficiale e una lettura sotterranea, una lettura aerea e una subacquea, una lettura in pace e una in guerra, una lettura personale e una impersonale, qui ci si cimenta in altezze e profondità, c’è in agguato una semplicità assai poco praticata, perchè l’ovvio è la misura ma non fa audience.

La Vita che Vacchelli ci inietta nelle vene è fatta di questa roba qui, è frutto succoso e lungo da maturare, è veleno che cura e uccide. La Vita ci vuole VIVI.

Se volete una strada dritta, ben asfaltata, senza crocevia, beh, non comperatelo questo libro, non fa per voi.

Qui s’ ha da comperare scarpe grosse ( il cervello fino è compreso ), abiti leggeri per un pellegrinaggio dove la meta sta nel passo, ma il passo chiede un grande ascolto. Come gli indiani nei film di Hollywood, orecchio fino sulla terra bianca, ascolta…le parole arrivano come cavalli. E i cavalli bisogna saperli cavalcare.

Non mi inoltro in spiegazioni, ci mancherebbe, sarebbero superficiali e incomplete .

Mi ricordo ancora il silenzio di quegli istanti .

Chiude con queste parole Vacchelli la pagina 307, ecco questo è il “ricordo” che auguro a chi leggerà I VIVI. In queste pagine ci sono istanti dove il silenzio si fa rivelazione, snidando l’indicibile come il cuculo il suo nido.

di Patrizia Gioia 

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