Europa, qualche speranza?

In questi ultime settimane si parla molto della possibilità di una crisi dell’Unione Europea.

Anche sul nostro giornale sono comparsi diversi articoli sui rischi di disgregazione dell’Unione[1].

Non sono mai stato un sostenitore della “attuale” concezione della UE improntata semplicemente ai “conti”. Spesso le critiche che facevo, durante le discussioni con amici, hanno rischiato di farmi passare per un antieuropeista populista sostenitore di Salvini ( lo statista che, contro il virus, si affida anche alla preghiera; “proviamo anche con Dio non si sa mai”!).

La mia posizione sull’Unione Europea è sempre la stessa: se la metà di questo piccolo continente, fatto soprattutto di staterelli, vuole sopravvivere, purtroppo, deve trovare il modo di aggregarsi. Siamo molto diversi per lingue, cultura, tradizioni, economia; amalgamare tali diversità è difficile, quasi impossibile. Ma è l’unica possibilità per reggere la sfida che, non solo l’economia globalizzata e la politica internazionale, ma la tecnologia e la scienza moderne ci presentano.

Nessuno degli stati europei può pensare di mantenere installazioni come il Cern o di fare ricerche sulla fusione da solo, l’unione delle forze, in questo settore, ha dimostrato e sta dimostrando che uniti si possono ottenere grandi risultati. Piccole nazioni non possono garantire ricerca all’avanguardia nemmeno negli altri settori delle scienze, medicina compresa.

Certo non è un impresa facile convincere cittadini con culture cosi diverse ad unirsi, quando ciascuno governo cerca furbescamente di avvantaggiare i propri elettori a spese di tutti gli altri. I vari regimi fiscali che servono ad allettare aziende di un paese per stabilire la propria sede in un altro attratte da benefici tributari o vantaggi dal punto di vista delle norme ambientali, aiutano i padroni delle aziende non i popoli. Con questa concezione dell’Europa l’unità ha scarse prospettive.

Più della “troika” che viene ad obbligarci a sforbiciare le spese per tenere sotto controllo il debito, se è vero che il nostro paese è quello che meno riesce a punire i reati dei cosiddetti “colletti bianchi”, potrebbe servire di l’imposizione di norme e giudici che ci portino alla pari con gli altri stati, diminuendo evasione e corruzione con indubbi vantaggi per i conti pubblici. Potremmo aspirare ad essere virtuosi come la Germania.

Noi, per parte nostra, non dovremmo stupirci delle critiche di alcuni paesi del nord convinti della nostra indole di cicale. Sono gli stessi giudizi che in passato (?) forze politiche del nord rivolgevano alle regioni del sud. Chissà quali reazioni, con accuse di spreco e malagestione, ci saranno se la proposta di riportare la sanità sotto il controllo dello stato verrà sostenuta dalle forze politiche di maggioranza. Gli altri vedono una trave nei nostri occhi, ma noi ci rifiutiamo di ammettere che qualche pagliuzza l’abbiamo.

Può darsi che nemmeno ipotetici uomini politici di grande caratura riescano a persuadere popoli educati al consumismo e convinti del diritto alla propria felicità, della necessità di mediare fra tutti gli interessi per uno scopo futuro cosi importante.

Di certo i politici attuali, rincorrendo gli umori dei cittadini con lo strumento diabolico dei sondaggi, sembrano più attenti a compiacere gli elettori per ricavarne consensi facili che ad affrontare i problemi complessi che devono occorre risolvere per non avere un futuro di irrilevanza nello scenario mondiale.

Gli antichi greci trovarono una qualche fragile intesa contro i persiani. Il comportamento degli stati nazionali europei sembra far tornare alla memoria la politica seguita nell’età moderna dagli staterelli italiani nei confronti delle grandi potenze dell’epoca. “Graecia capta ferum victorem cepit”; invece dell’eredità dell’Europa potrebbe non conservarsi la cultura e nemmeno la democrazia.

Cercare di salvare l’Europa è necessario, lasciamo da parte il sovranismo da osteria. Possiamo confidare che gli Stati Uniti d’Europa vengano realizzati dagli stessi politici che, entusiasti della passata Unione (o complici), non hanno voluto comprendere che l’avidità miope dei detentori del potere economico non era funzionale all’interesse dei cittadini tutti, ma solo a quello dei “padroni” trascinandoci in questo “cul di sacco”?

Intellettuali e politici come quelli che già durante la guerra e nel dopoguerra hanno pensato all’unità dell’Europa non se ne vedono in giro; sembra di vedere invece , anche tra gli euroentusiasti, un aumento esponenziale di “razionalmente pessimisti”, speriamo almeno che si conservi l’ottimismo della volontà.

  1. Alcuni recenti articoli sulla politica europea

    https://www.cittafutura.al.it/sito/lassenza-solidarieta-democrazia-puo-spegnere-leuropa/

    https://www.cittafutura.al.it/sito/strategia-futuro-solidarieta-versus-cooperazione-pari/

    https://www.cittafutura.al.it/sito/la-guerra-guerra/

    https://www.cittafutura.al.it/sito/eurobond-sara-dura/

    https://www.cittafutura.al.it/sito/eurovirus/

    https://www.cittafutura.al.it/sito/la-sig-ra-lagarde-non-gaffe/

    https://www.cittafutura.al.it/sito/ue-bce-non-cpsi-si-supera-la-crisi-lappello-103-economisti/

    https://www.cittafutura.al.it/sito/lappello-32-economisti-no-allesm-non-cambia-la-logica-europea/

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