Erdogan, alla fine… “ha scelto bene”.

Sì, proprio così, come nella harrisoniana “Ultima Crociata” alla fine Rayyip Erdogan ha dovuto scegliere bene, per evitare ulteriori guai. La guerra sotterranea, con periodiche apparizioni alla luce del sole, che va avanti da più di vent’anni contro il popolo kurdo, reo di esistere e di chiedere, semplicemente, alcuni diritti fondamentali, vede ancora una volta il gigante turco farsi piccino, piccino. Prima una pesante e antipatica manifestazione muscolare con più di mille tanks schierati lungo i settecento chilometri di confine turco sud, poi la dura realtà dei combattimenti con la verifica di una sottovalutazione – segnalata da diversi media turchi ancora miracolosamente indipendenti – delle reali forze di JPG e YPG kurde. Infine la progressiva agglomerazione di forze intorno alla piccola realtà del Rojava (territorio libero a maggioranza kurda con rispetto delle minoranze) con impegni in prima persona di “paesucoli” come la Russia, l’Iran.  E, in modo più defilato e diplomatico, della maggioranza delle nazioni europee e di quelle di mezzo mondo. Davvero un bel risultato. L’avevamo previsto una settimana fa – e al proposito riproponiamo l’editoriale già pubblicato nella seconda parte di questo intervento – e, puntualmente i nodi sono arrivati al pettine. O, meglio, si è arrivati al bivio fatidico del “proseguire la guerra contro (quasi) tutto e tutti, oppure ascoltare le voci della mediazione?” La risposta , come si vede dall’applicazione della tregua temporanea di alcuni giorni, è stata data. Cercando il male minore…Non quindi con un ulteriore rafforzamento della già forte presenza russa nella zona…ma affidandosi al caro vecchio zio Sam. Donald Trump, infatti, parla di svolta storica e “di essere orgoglioso del peso manifestato nello specifico fight dagli Stati Uniti”. Come si dice… far buon viso a cattivo gioco. Gioco, tra l’altro, maldestramente iniziato dagli americani stessi che hanno pensionato in troppa fretta i migliori analisti politici che – tradizionalmente – hanno fatto della politica americana qualcosa di effettivamente “great”. Pochi,  però, ricordano che siamo soltanto all’inizio di un confronto – tutto diplomatico – che andrà avanti per parecchio e che vedrà, oltre a Siriani assadisti, a Russi più o meno putiniani e ad Americani anti e pro-Trump, sullo stesso piano Turchi e Kurdi. Con tutte le rispettive rivendicazioni di lustri.    Su questo tema si è espresso in modo lampante l’onnipresente Ministro degli Esteri russo Lavrov che, con tranquillità, ha ricordato che (*) : “stiamo cercando di garantire l’attuazione del Consenso Adana (Adana Consensus) del 1998. A tal fine, intendiamo stabilire contatti con le parti per l’attuazione di un accordo – definito allora – ma non ancora attuato. Sosteniamo un dialogo per risolvere il problema nel quadro dell’integrità territoriale della Siria con l’autorità della Siria e con riconoscimento adeguato delle formazioni e dei leader curdi “. Il tutto nel quadro di una riaffermazione dell’integrità territoriale della Siria; infatti, ribadisce il ministro:  “queste strade dovrebbero essere percorse in linea con la sicurezza dei confini della Turchia e secondo i borders stabiliti internazionalmente. Date le contraddizioni accumulate in una parte del Medio Oriente, penso che questo sia un processo molto complesso. Tuttavia, faremo tutti i nostri sforzi per avere successo. ” . Come sempre, concretezza e lungimiranza. Discutibile fin che si vuole, autoritaria, poco simpatica e sicuramente scarsamente democratica (almeno secondo la nostra accezione di “democrazia”) ma vincente.  Specie nelle zone di crisi. Chiudendo con questa seconda parte la parentesi dedicata alla quarta guerra kurda  (così viene definita in Siria) attendiamo le prossime mosse dei molti contendenti.

(segue il testo del precedente recentissimo editoriale, datato  14 ottobre)

Durante la recente visita in Arabia Saudita, Vladimir Putin ha fatto capire che nulla si muove in medio Oriente  senza il consenso della Russia. Potrà apparire un po’ brutale, scritta li’ per li’, ma – attendete un momento –  e vedrete che la politica geologica promossa dal nuovo zar sta mietendo successi, anche inaspettati.  Intanto è a Ryad, proprio nel pieno del tourbillon siriano, ben sapendo che una sua visita ha un solo e unico significato…”Garantisco io per le bizze di Rayyip (Erdogan)…tranquilli…tutto sotto controllo” (1)  .  E ai Sauditi questa politica gattopardesca piace. Tutto cambia…niente cambia…è sufficiente che “nessuno disturbi i nostri affari, petroliferi soprattutto… , il resto è nelle mani di Allah”.   Qualche segnale, qualche movimento strano, d’altra parte, era già arrivato al nostro Rayyip… Due Ayatollah, fra i più importanti in Iran, avevano  messo in guardia il vicino turco dal non andare al di là di un certo limite nel Rojava e, comunque, per cautelarsi, hanno raddoppiato la loro presenza militare lungo il confine turco, proprio a fianco del biblico monte Ararat. Altro “missilino” era arrivato dal giovane Assad, rampollo di famiglia diventata  importante grazie ad operazioni non sempre cristalline. “Attenzione che se toccate le città del nord Syria, interverremo con unità dell’esercito regolare siriano….magari anche a Membic e Afrin.…” . Missilino che ha fatto pienamente il suo dovere, perchè – secondo le autorità turche – Membic e Afrin (con i loro territori) si potevano già considerare enclave turche, praticamente già annesse come nuove province del califfato. Invece no. Le parole di Bashar Assad ci suggeriscono (e suggeriscono ai “consiglieri” di Istanbul) che dalla base di Latakia (SY) possono partire in ogni momento elicotteri ed aerei russi, che Putin – sotto sotto – sta mollando Erdogan e che si è concretizzato quello che più temeva il governo della Sublime Porta: l’accordo fra le massime autorità curde ed i rappresentanti ufficiali del governo siriano. Ergo… ergo… le parole , le minacce di Erdogan valgono meno di zero.  A Sere Kanye, a Kobane, a Hamude, lungo l’Eufrate e a Fish Kabour sul Tigri(unico passaggio ufficiale possibile per entrare / uscire dalla Siria del nord), da 24 ore (siamo al 14 ottobre) sono arrivati i rinforzi, sia russi che siriani governativi. Game over.

Ora il nostro caro Rayyip si trova di fronte ad un bivio…o alza la posta e prova a combattere contro i “Ka 52” ed i corazzati “Mi 28” (2) arrivando alla mobilitazione generale, con tutto quanto ne consegue… o si ferma e fa finta di prepararsi a combattere. “Can che abbaia non morde” e, un pochino, diventa anche patetico. Ed è proprio quest’ultimo epiteto che scuote la mente dell’ex militante religioso islamico, dell’ex calciatore (di secondo piano) , dell’uomo tutto casa – moschea – famiglia. Quello che vendeva lupini e tortelle dolci nel quartiere di Aksaray a fianco del gran bazar coperto…quello che faceva il bello e il cattivo tempo, che incarcerava i suoi stessi amici e collaboratori sulla base di accuse assurde. Quello stesso che ha voluto azzerare i vertici militari delle varie armi e che ha l’abitudine di pensionare i giudici non in linea con il suo pensiero… Proprio lui. Ora deve temere l’onda che lo spazzerà via e che, in qualche modo, ha contribuito ad ingrossare lui medesimo. La stessa onda (composta della miglior gente di>Turchia) che lo ha già sloggiato, con i suoi scherani, dalle Municipalità di Istanbul e Ankara…nonostante la ripetizione delle elezioni. L’onda che non lo sopporta più.

I prossimi giorni saranno cruciali, come tutti possiamo immaginare. Ma…molto probabilmente la rete tessuta in buona parte dagli analisti di Putin e anticipata in modo nemmeno tanto sibillino dal suo portavoce a Ryad Yuri Usakov (3) sta man mano avviluppando tutto lo staff turco, reo di voler stare contemporaneamente con lo zar e con Putin, con la NATO e con i potentati del gas russo.  Reo di voler sfruttare le debolezze degli altri a proprio vantaggio, pensando che l’aver risanato Istanbul dai rifiuti, averla resa “europea” con cinquanta chilometri di metropolitana e tre ponti da rivista, fosse sufficiente a trasformare il rospo in principe. Noi ce ne eravamo accorti da un pezzo…ora – e qui vengono i problemi più grossi per Rayyip – se ne sta accorgendo anche il suo popolo.

(*) – Fonte della dichiarazione del ministro Lavrov (disponibile in versione italiana): Rusya: Anlaşma taraflarıyla temaslar kurmayı hedefliyoruz

(1) – http://www.ufkumuzhaber.com/menbicte-suriye-ordusu-ile-oso-arasinda-catisma-80887h.htm     Bella serie di descrizioni di vari aspetti dell’emergenza in Syria. In turco con la possibilità di traduzione immediata.

(2) –  Elicotteri da combattimento russi (di ultima generazione)

(3)   – Yuri Usakov  –  portavoce a Ryad dell’Ufficio di Presidenza di Vladimir Putin. Su https://www.nytimes.com/reuters/2019/10/14/world/middleeast/14reuters-syria-security-turkey-russia-ushakov.html alcuni dettagli sul suo intervento. 

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*