Il volo della Nottola

‘La Nottola di Minerva si alza al crepuscolo’, così si esprimeva Hegel per sottolineare il compito sistematico della filosofia, tesa a dare ordine al sapere dell’umanità che si deposita sul finire di una epoca storica. Tuttavia, non è bene, per noi che non siamo che nani, neppure coscienti del fatto di stare sulle spalle di giganti, aspettare un passaggio d’epoca per cercare con lo sguardo di scrutare nella notte attorno a noi. Nasce, così, l’esigenza di indagare in maniera più profonda, i motivi della crisi della nostra società Occidentale e, all’interno di essa, del declino che la sinistra pare avere inesorabilmente. L’ordine liberale si è notevolmente indebolito, ha perso la capacità, inoltre, attraverso i suoi migliori pensatori, di indicare con precisione il nemico di tale ordine, che non è il general generico populismo, ma semmai si chiama nazionalismo e tradizionalismo religioso.

Proprio lo sviluppo delle nuove tendenze conservatrici sono causa del restringersi dello spazio d’azione delle sinistre nel nostro continente. Per quale motivo, dunque, l’idea di progresso umano che ha innervato la modernità Occidentale, e da cui ha tratto ispirazione la sinistra, pure quella critica di origine Hegeliana e Marxiana, ha perso forza e credibilità fino al punto dall’essere rovesciata dalle culture opposte, quelle tradizionaliste e conservatrici?

Si tratta di un quesito che deve impegnare, e a fondo, la sinistra. Senza una analisi sulle ragioni di fondo delle sconfitte politiche ed elettorali non sarà possibile imboccare una via per la rinascita. Vedo, invece, da parte delle sinistre, moderate o radicali che siano, una sostanziale inerzia verso il bisogno naturale di autocritica, un fastidio rivolto alla necessaria analisi di ciò che è successo, un desiderio malcelato di non porre in discussione tutta la propria esperienza politica. Con questi atteggiamenti sciatti e opportunisti non si farà molta strada.

Eppure i problemi son sotto gli occhi di tutti! Che la costruzione marxista, anche nella versione socialdemocratica, entri in crisi dopo il 56’, e che tale processo critico acceleri dopo l’ 89’, è ormai fatto storico. Il declino sovietico pone in questione il partito dei rivoluzionari e la pianificazione centralizzata, il declino del compromesso capitale lavoro porta ad un ripensamento del partito di massa operaio e al suo rapporto con il sindacato. E’ da questo momento che si abbandonano la critica della ideologia, della politica e della economia politica. Marx e la contraddizione capitale lavoro sono ormai ferri vecchi. Una sinistra disarmata e senza pensiero, di fronte agli eventi dell’ 89’ pare non avere scelta, deve diventare liberale.

La nascita di una sinistra radicale sempre meno novecentesca, e, su altro versante, di una sinistra moderata che dà vita al Partito Democratico, che doveva essere il primo partito liberale di massa del paese, sono il frutto di questa conclusione che pare affrettata, se riletta con il senno di poi: il mondo è ormai, dopo la fine della Guerra Fredda, pacificato e normalizzato sotto le bandiere del sistema liberale di mercato, non resta che differenziarsi a sinistra per tasso di redistribuzione del reddito e per virtù compassionevole, ma non vi è altro ‘sistema’ al di fuori di quello anglosassone.

Oggi sappiamo che le cose sono evolute altrimenti. Chi scrive aveva vent’anni quando la guerra, ritornata sul suolo d’Europa, nella ex Jugoslavia, ci ha riproposto i campi di concentramento. Con la idea dello stato etnico sono di nuovo attivi tutti i mostri che il liberalismo credeva di aver sconfitto una volta per sempre; nazionalismo, irrazionalismo religioso, autoritarismo. Il liberalismo stesso, incapace di diffondere il benessere e di stabilizzare il ciclo economico, accetta come condizione inevitabile la diseguaglianza sociale come dato strutturale della società moderna e risponde ai tumulti e ai disordini politici che ne derivano con una ‘stretta’ istituzionale che pone in discussione la divisione costituzionale dei poteri.

Dunque, quale via percorrere oggi, visto che le illusioni degli anni novanta sono tragicamente evaporate e abbiamo scoperto che non viviamo nel migliore dei mondi possibile e che la vecchia e aborrita contraddizione è ancora determinata e di fronte a noi. La risposta non può che essere appena, in tale sede, abbozzata, ma credo che vi sia necessità di partire da un punto: senza l’ analisi che Marx, criticando, compie dei meccanismi ideologici e politici e del dominio della economia politica, la sinistra resta cieca e incapace anche solo di nominare le cause della crisi generale della società e delle istituzioni. Senza Marx non c’è spiegazione dei motivi qualificanti per cui avanza inesorabile il tumulto delle forze reazionarie e, inoltre, del fatto che il liberalismo scivola inevitabilmente a destra. Il Marx di cui abbiamo bisogno, tuttavia, è un Marx rivisto alla luce dei progressi nella economia politica succedutisi dopo la sua scomparsa, e senza ignorare il pensiero e gli schacchi storici del novecento. Va affrontata, in sostanza, la crisi del razionalismo moderno, rivedendo i limiti di Marx e facendo i conti, in un duello non rinviabile, con il pensiero negativo e irrazionalista del secolo da poco passato.

Inoltre, è compito di una sinistra moderna ricostruire il senso della politica come ricerca del bene comune collettivo. Ciò significa che le sinistre, variamente intese e declinate, non possono in ogni modo accettare l’ idea dell’ ordoliberalismo, ovvero che lo stato ha come compito preminente quello di regolare il mercato secondo gli interessi dei proprietari, dei risparmiatori e dei consumatori. Per la sinistra non può non essere indispensabile riconoscere la intollerabile alienazione del lavoro umano e la necessità che l’ istituto pubblico tuteli il lavoro e lo trasformi in un soggetto politico e sociale a pieno titolo nell’ ambito del potere statale.

Questo sforzo di pensiero è certamente difficile da raccogliere e rendere base di un nuovo e duraturo progetto politico. Tuttavia, sarebbe inutile pensare di ricostruire la sinistra tracciando documenti tanto ambiziosi quanto  vuoti e retoricamente ampollosi. Ci siamo illusi che il secolo della paura, il novecento terribile, fosse, con tutti i suoi fantasmi, alle nostre spalle. Non è stato così! Non siamo alle ‘magnifiche sorti e progressive’, semmai siamo immersi in una fase di inesorabile declino del sociale e della ragione nel campo della politica. A tutto questo è la sinistra, per la sua stessa costituzione storica, che deve dare risposta.

Alessandria 19-02-2019

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