Dov’è Silvia Romano?

(*) Che cosa ci dice di noi, cosa racconta dell’Italia, a mesi e mesi dal suo rapimento, questa domanda?

Cos’è questo ricorrente interrogarsi muto e vuoto su una persona inghiottita prima nelle foreste dall’altro capo del mondo, e poi dal silenzio nel mondo che lei abitava ogni giorno? Che cos’è questo sentimento che si insinua come uno spillo ogni mattina nella memoria o nel cuore, che punge e poi si ritrae in un pensiero sconfortato e indolente: tanto anche oggi non vi sarà alcuna nuova, e anche se ci fosse nessuno ce la direbbe?

Silvia Romano non è solo Silvia Romano.

Non è solo il simbolo dell’Italia migliore, quella dei giovani che percorrono volontariamente il mondo cercando di portare sollievo, aiuto, sostegno laddove ce n’è bisogno con le Ong, cercando nel contempo di trovare e sostenere se stessi. Che è quel che si fa a vent’anni, nei vent’anni di tutte le generazioni del globo – e non sono in molti, non abbastanza, quelli che riescono a continuare su quella stessa strada anche oltre i vent’anni.

E non è neanche solo l’icona della “meglio gioventù” per quella parte del Paese che ritiene essenziale l’impegno, e politico il significato di qualunque impegno che travalichi l’io. Il fatto è che il coinvolgimento politico individuale, come ha insegnato Albert Hirschmann, oscilla a seconda del ritrarsi della soglia della soddisfazione individuale. E può diventare azione collettiva solo se ci convinciamo che non ci sarà qualcun altro a fare quello che noi stessi non facciamo.

Dev’esser stato questo a muovere verso l’Africa Silvia Romano e tanti come lei: vado dove c’è bisogno, e dove esserci può fare la differenza. Vado dove sento che la mia vita può trovare il suo senso. Ho la libertà di farlo. 11 Silvia Romano abita in noi lo stesso spazio in cui vi sono entusiasmo, gioia di vivere, condivisione, solidarietà. E l’idea cruciale che siamo liberi di decidere chi vogliamo essere.

Valori che nella ferocia italiana vengono schedati, per ostracizzarli, come “di sinistra”. Come fossero quel che non sono: valori di parte, valori di una parte sola. E che sono invece i valori fondanti delle società e delle democrazie liberali in cui viviamo. Quello dei valori comuni è lo spazio del noi. È lo spazio, direbbe Aldo Bonomi, in cui vive una comunità di destino, perché poi cos’altro è una nazione se non una comunità di destino? Invece noi, qui in Italia, più ci sentiamo soli e presi in ostaggio dalle nostre paure e urgenze, meno ci sentiamo comunità. Più ci sentiamo soli, tanto più avremmo bisogno di istituzioni, e di persone che le incarnano, capaci di ridurre la perdita di fiducia. Che è perdita di fiducia nell’unico strumento che abbiamo e che sia capace di crescita collettiva: la democrazia.

C’è stato un tempo in Italia, ed è un tempo non troppo lontano, in cui il Paese palpitava all’unisono a ogni sequestro. I contractor  – compagni di strada – di Angelo Quattrocchi in Iraq, questo e quel giornalista spariti in un teatro di guerra, e perfino le “due Simone” che, come Silvia Romano, appartenevano al mondo del volontariato. Ogni sequestro di persona è naturalmente un caso specifico, ma quello che li accomuna nella storia recente d’Italia è che l’intero Paese rimaneva in ansia e in attesa, i telegiornali fornivano pressoché quotidiani aggiornamenti, i politici vivevano con la spada di Damocle sospesa sul loro destino e non c’era pace e nemmeno vera stabilità politica fino alla liberazione degli ostaggi. Le opposizioni, soprattutto, stavano con il fucile puntato. In questo libro, il giornalista Angelo Ferrari, che segue il caso dall’inizio, ricostruisce in forma di diario e in maniera completa e minuziosa i giorni lunghissimi da quello del sequestro, avvenuto alle ore 20 del 20 novembre 2018.

È un libro prezioso perché fornisce al lettore quello che nelle ricostruzioni cronachistiche manca, e che è tutt’altro che secondario: oltre a quel che intanto accade in Italia, il preciso susseguirsi degli eventi e il contesto africano nella sua evoluzione, l’attenta descrizione dei luoghi fisici come del quadro di tribù, etnie e religioni di quei precisi luoghi in cui il sequestro è avvenuto, e si tratta di scenari che in Africa cambiano di chilometro in chilometro. Se non fosse scritto da un giornalista, si direbbe un’informativa del ministro degli Esteri al Parlamento: il materiale è quello. E invece cosa è accaduto nelle tribù italiane?

Cosa fa sì che il governo in carica, pur in una condizione in cui l’Italia sembra essersi assentata dalla scena di politica estera, non ritenga di dover informare – non riferire: basterebbe appunto anche solo un’informativa – attraverso il Parlamento la pubblica opinione di quello che si sta facendo per Silvia Romano?

E perché solo la parte della pubblica opinione consapevole dei propri diritti di cittadinanza se lo chiede e lo chiede, ogni mattina, come può – e dunque essenzialmente via social? Perché nessun grande giornale italiano ha ritenuto di dover dedicare nemmeno un editoriale al silenzio sul sequestro di Silvia Romano? La sicurezza, tema che dilaga sui media di ogni tipo, ogni giorno, come una pretesa urlata contro qualcuno – contro gli altri, i diversi, gli stranieri, i migranti (quando invece, dati del Viminale alla mano, non sono gli altri, i diversi, gli stranieri, i migranti a metterla a rischio) – è un dovere dei governanti, ed è un diritto dei cittadini. Ed è sicurezza di, e non solo sicurezza da. Perché, da che esistono le Costituzioni delle democrazie liberali, ma anche da molto prima, sin dall’articolo 2 di quella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, la sicurezza è un diritto naturale e inalienabile. È il diritto alla personale incolumità fisica, ed è strettamente connesso al valore della libertà. Gli esseri umani devono esser liberi dalla paura, dice il Preambolo alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948. Queste sono le fondamenta di valori su cui, dopo la Seconda guerra mondiale, si eresse l’intera costruzione europea. Nel testo della Dichiarazione poi, l’articolo 3 recita: «Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona».

Per questo ogni democrazia degna di questo nome non solo difende i cittadini in patria, ma cerca con ogni mezzo di salvarli quando all’estero vengono presi in ostaggio, o semplicemente si trovano in difficoltà.

La Costituzione italiana richiama pienamente questi principi all’articolo numero 2 sui valori inderogabili: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo». E li riconosce e garantisce, si badi bene, «sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità». Sembra una possibile didascalia alla foto di Silvia Costanza Romano, giovane cittadina italiana rapita mentre prestava opera di insegnamento e sostegno ai bambini del villaggio di Chakama, nella contea di Kilifi, in Kenya. Invece, il silenzio. E c’è purtroppo qualcosa d’altro. Qualcosa che accomuna il caso di Silvia Romano a quello di Giulio Regeni. La denigrazione delle loro figure, la cooperante sciagurata che “poteva aiutare i bambini anche standosene a casa propria” e il ricercatore improvvido che “si è cacciato da solo nei guai” o che “faceva il gioco degli inglesi”, e falsità ancora peggiori secondo quanto si è dovuto leggere sui social o perfino nelle dichiarazioni di esponenti politici delle destre – anche moderate – di casa nostra. C’è anche questo: l’Italia ha scoperto tardi la cultura dei diritti delle vittime, e coltivato a lungo il retro-pensiero che chi è vittima possa essere in qualche modo complice del suo carnefice. Lo schema mentale ben noto del “se l’è andata a cercare”. Invece, Silvia Romano è proprio Silvia Romano. La giovane attenta ed entusiasta che dispiegava la propria vita insieme agli altri di cui parla questo piccolo grande libro. Siamo noi che, purtroppo, non siamo tutti Silvia Romano. O misconosciamo la Silvia Romano che è in noi, e restiamo ostaggi.

Qui, a casa nostra, ostaggi delle nostre paure o delle nostre domande nel vuoto.

(*) La segnalazione è del civis   Pier Luigi Cavalchini. E’ possibile leggere l’intera pubblicazione al https://www.peoplepub.it/silvia-romano?fbclid=IwAR22BLrHCvZPd0gBq8pP2uvWZv68M6Wz4VBXFo6rpKXWNTtt9IzrSWMRg9c

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