La nostra tragedia morale

Sempre più spesso sentiamo dire di credere a quello che le istituzioni ci dicono. Fidarsi della scienza, non dubitare degli specialisti.

Aderire agli organi istituzionali parrebbe la cosa più giusta, del resto lo Stato non dovrebbe essere al servizio del cittadino? Il medico non dovrebbe volere il bene del paziente?  I genitori il meglio per i figli? Le religioni non sono forse progetti di salvezza?
Insomma perché dubitare?
Qui si apre una questione che, soprattutto in questi ultimi anni, ha cimentato ognuno di noi.
Credere e fidarsi ciecamente o fermarsi un momento e farsi delle domande su quanto pare dicano sia il nostro bene?
Non ci sono domande stupide, diceva Raimon Panikkar, casomai risposte stupide.
E in questi ultimi anni abbiamo voluto solo risposte, una sotterranea angoscia ha alimentato i nostri giorni negandoci la cosa più ovvia: la possibilita’ di fare domande.
E chi le faceva è stato subito etichettato “complottista” ( evito le altre etichette perché sono ancora troppo numinose le loro energie ).
Il nostro patologico infantilismo, che vuole sempre il deus ex machina che ci risolva i problemi, è un infantilismo seriamente malato, totalmente mancante di quella sana curiosità che i bambini invece hanno,  dove le domande invadono la quotidianità.
E una domanda per me è stata la guida in questi anni: ma io ho fiducia negli uomini e nelle donne che formano le nostre istituzioni?
Ci sono ancora ricercatori come Sabin, Curie, industriali come Olivetti, medici come Moscati, intellettuali come Pasolini, spiritualità come Etty Hillesum, Gandhi , Simon Weil,  uomini e donne che offrono al mondo la loro opera senza pretendere nulla in cambio? Uomini che hanno in cuore il bene dell’umanità e non il presenzialismo, il profitto , l’accumulo?
Usiamo parole di plastica , il contrario di ciò che significano, non ricordiamo ciò che diceva Confucio ,  ” bisogna tornare al valore primigenio delle parole per riportare giustizia nel regno del sud”?
Perché ci adeguiamo al peggio?
Abbiamo consapevolezza del nostro corpo?
Riusciamo a sentire la differenza tra i valori del cuore e i rigurgiti delle viscere?
Sappiamo stare nel silenzio, non aderire alla velocità di una vita che non ci fa essere in armonia ?
Il piacere di leggere un libro, di ascoltare le cicale e un adolescente, di godere di un temporale, di guardare negli occhi chi diciamo di amare.
Sappiamo davvero chi siamo, chi è l’essere umano, cosa è la sapienza della terra, la voce dei sogni , il ritmo del cosmo?
Abbiamo abdicato al nostro regno per abbandonarlo nelle mani di chi? A chi abbiamo donato i nostri veri desideri , la nostra creatività, i nostri sentimenti? I nostri morti?
Le istituzioni  sono oggi fatte da uomini e donne perduti nella loro immagine, sono fagocitati dall’essere sempre nel posto che gli viene assegnato da un ente esterno a loro stessi, una giostra televisiva dove devi sempre apparire al meglio.
Ma lo sanno davvero come stanno? Hanno il tempo di chiederselo, di percepire l’infinito?
Di riprendersi in mano le loro vite ?
Ecco perché non mi fido, non  delle istituzioni , ma degli uomini e delle donne che le compongono e che le hanno rese sepolcri imbiancati, come loro sono.
Ma , mi sono chiesta come in uno dei nutrienti dialoghi del libro di Julian Barnes, Elisabeth Finch”:
– Ma penso che tu li disprezzi , i politici?
– Si può sapere che cosa te lo fa pensare?
– Il fatto che sono gente corrotta e opportunista, presuntuosa e incompetente.
-Non sono d’accordo. Credo
Che perlopiù siano persone in buonafede, o convinte di esserlo. Il che rende la loro una tragedia morale da compatire ancora di più.
Patrizia Gioia, 29 febbraio 2024

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