La sinistra e la guerra russo-ucraina

Premetto che non sono un intellettuale. Queste mie osservazioni vanno prese, quindi, come “note” di un “piccolo politologo in erba”!

Nell’atteggiamento e nelle opinioni della stragrande maggioranza delle persone di sinistra in merito alla guerra in Ucraina (al di là dell’andamento della stessa) si trovano delle costanti, i motivi delle quali solo in parte sono evidenti, mentre altri sono più oscuri, sepolti, e comunque, degli uni e degli altri pochi si occupano. Insomma, tutti guardano la casa e nessuno si occupa delle fondamenta. Molti direbbero: è chiaro, sono tutti motivi politico-ideologici. E’ vero solo in parte, direi quasi “in piccola parte”.

Necessariamente, parlando delle fondamenta, si deve fare, o almeno partire, da un discorso molto schematico. So che a questo andrebbero aggiunte mille considerazioni, contraddizioni, reali evoluzioni, possibilità di evoluzione, ecc. Ma quelle sono “costruzioni” successive; importanti e interessanti, ma successive.

L’85% della sinistra in Italia è formato da due tribù. La parola non sembri offensiva: è scherzosa e comunque facevo parte di una di queste!

La prima è quella degli ex comunisti-comunisti, degli ex comunisti e dei neo-comunisti. La seconda è formata dagli ex sessantottini, compresi i “verdi” al di sopra dei cinquanta, cinquantacinque anni e compresi i tanti “progressisti” colti che nel ’68 non erano neanche nati, ma che ragionano come ragionavamo noi allora.

Il restante 15% circa è formato da cattolici di sinistra (quelli veri), socialisti sparsi e radicali, ma qui non me ne occuperò.

Ovviamente non mi sto riferendo alle etichette e agli “steccati” dei partiti.

Le due dette tribù sono accomunate da una cultura politica molto antica, che risale non alla fine dell’Ottocento o al 1917, bensì a mio avviso alla metà dell’Ottocento, con lo sviluppo della prima rivoluzione industriale e con i primi movimenti socialisti. Penso che essa si sia rafforzata certamente nel cinquantennio dal 1875 circa in poi: si tratta dell’anti-occidentalismo. Ovviamente, questa non è una mia scoperta, io la voglio soltanto mettere in grande evidenza, perché dice molte cose ed è sottovalutata.

L’Occidente, come patria del capitalismo, del colonialismo e poi del neo-colonialismo (non del razzismo, come qualcuno crede scioccamente, visto che anche gli Arabi e i Cinesi, ad esempio, sono razzisti)  è stato visto e “respirato” fino, appunto, dall’origine del socialismo e poi di tutti i partiti e movimenti che ne sono seguiti, come patria e origine di tutti i mali del mondo moderno, in senso storico-politico, ma poco per volta anche come “il” male, quasi in modo religioso.

Questa mentalità è divenuta così comune che quasi nessuno si accorge più di pensare in questo modo. Risentono, alla lontana, di questa mentalità persino persone non di sinistra, che, magari per reminiscenze dei libri di scuola e probabilmente per il fondo cattolico della società italiana, non amano comunque l’Occidente.

Il quale Occidente, sia chiaro, merita di essere giudicato in modo non positivo per quei “prodotti”, senonché le culture politiche nate con l’origine del socialismo hanno poi, appunto, cancellato l’Occidente come grande patria del mondo moderno (il Rinascimento, l’assolutismo, l’Illuminismo, le Rivoluzioni industriali, il liberalismo, la democrazia, ecc.), cioè come “luogo positivo”.

E questo anche in una visione non “eurocentrica”, perché la modernità, economica, politica, sociale, in tutto il mondo, gira e rigira, viene di qui; sul piano economico, è così persino in Cina (che ha dovuto “reinventare” il capitalismo), la quale in questo senso è l’unica “quasi eccezione”, ma sarebbe un altro discorso.

“Hanno cancellato …”, dicevo. In questo senso gli appartenenti alle due tribù, in misure diverse, con diverse accentuazioni e sfumature, non si sono mai sentiti, nel fondo, veramente “occidentali”, quasi sempre senza neppure saperlo! Quasi tutti i membri della prima (ex comunisti-comunisti ed ex comunisti) diranno a questo punto: “Non è vero! Noi, ad esempio, siamo europeisti!” Troppo facile! Ma affronterò più avanti questo punto.

I membri della seconda tribù, alla quale appartenevo in gioventù, in grandissima parte non ebbero mai il problema di disconoscere l’Unione Sovietica, anzi, sorridevano del travaglio e dei primi contorcimenti dei comunisti sul tema. Solo una sottotribù (le varie, piccole famiglie “filo-cinesi”) nacquero appunto disconoscendola, ma per trovarsi un’altra “Patria del bene” con gli stessi princìpi, sacri e “intatti”.

Ma qual è a proposito del conflitto Russia/Ucraina il ruolo della tribù ex sessantottina e dei suoi talvolta inconsapevoli epigoni?

Quello di avversari “a prescindere” della NATO e degli Stati Uniti, naturalmente! La quale e i quali hanno certamente colpe e responsabilità, ma sono avversati, più sordamente di quanto facciano gli innamorati delusi dell’Unione Sovietica, soprattutto in quanto “Occidente”; e senza che questo muova alcuna simpatia per la Federazione russa, sentita comunque come la prosecuzione dell’Impero Sovietico.

Certo, oggi le due tribù e le loro sottotribù sembrano in gran parte scomparse; non lo sono del tutto, anche se si sono mischiate, diluite, confuse con culture di altra provenienza. Comunque quella loro antica eredità culturale, divenuta col tempo sicuramente anche psicologica, l’anti-occidentalismo, più o meno accentuato, a volte appena visibile anche nei loro eredi, non è morto! Ma essi non lo sanno; fa parte, ormai, del loro ossigeno.

Questo ciò che accomuna i due insiemi e sotto-insiemi.

La più antica delle due tribù, sulla base dell’antica avversione all’Occidente “borghese”, capitalista, imperialista, creò poi e vi si immerse completamente, il mito della rivoluzione mondiale e soprattutto (anche contraddittoriamente) della “patria sovietica”.

Spesso gli intellettuali sottovalutano la portata odierna di questo mito, un po’ perché è quasi un residuo del passato, un po’ perché, occupandosi soprattutto del “sentiment”, come si usa dire oggi, degli strati colti e semi-colti, non si accorgono della sua sopravvivenza “sottotraccia”.

Ma da questo grande mito, come insegnano insigni storici, nacque una vera cultura politica, la quale nel tempo si è evoluta, è mutata, è divenuta più consapevole di molte cose: le contraddizioni tra “socialismo reale” e scelta democratica e, poi, tra neutralismo e scelta di campo occidentale, ecc. Naturalmente questa consapevolezza si è affermata lentamente e, soprattutto, è sempre stata diversa nei diversi strati, sia degli iscritti che degli elettori.

Dicevo poco prima, a proposito dell’antico “anti-occidentalismo” che gli ex comunisti italiani lo negherebbero, certamente in buona fede, ricordando di essere sinceri europeisti. E’ politicamente verissimo, soltanto che basta prendere un manuale di storia o sfogliare una raccolta di giornali degli anni ’60 per scoprire che il PCI passò da un forte anti-europeismo a un timidissimo europeismo e infine all’europeismo, in un’evoluzione certo sentita e convinta da parte degli intellettuali, ma sentita come “refugium” da una base e da uno strato medio, che si sentivano sempre più “figliastri” e poi orfani della grande “patria” sovietica: di qualcuno ci si deve pur sentire figli! Questo fin quasi a dimenticarsi, per fortuna, di chi si era figli o almeno nipoti!

Nasceva così, secondo me, sulla scia delle famose “doppie verità” togliattiane, il “doppio sentimento”: europeisti, ma mai veramente “occidentali”; fingendo che questo significasse solo “mai veramente Americani”, mentre significa, sotto sotto, “mai veramente occidentali”.

Così la cultura politica comunista, come tutte le culture identitarie “forti”, ha agito nel profondo, lasciando in molti, anche ex comunisti democratici sinceri, “berlingueriani” (quasi) non più togliattiani, un fondo psicologico a volte molto “nascosto”, per il quale essi si sentono comunque a disagio nel dirsi, in varia misura, “nemici” della Russia! Sembra impossibile, ma è un dato reale, anche di portata diversissima, sia nel “cuore” politico dell’ex militante comunista oggi ultra-ultra-riformista, sia in quello dei dirigenti ANPI o CGIL, fino a quello di Rifondazione Comunista [N.B.] Il cuore ha battuto là per 70 anni, non si può far finta di niente!

Tutti questi amici provano cioè un leggero “fastidio” a dover condannare la Russia e si vede che sperano che la piccola tortura finisca al più presto (quando lo dico ai miei amici, mi tocco la bocca dello stomaco, con una smorfia di dolore represso, per rendere l’idea).

Sono questi due sentimenti, queste due visioni del mondo, in parte coincidenti o sovrapponibili, a spiegare secondo me, al di là del dato apparentemente “politico”, che viene da loro messo in primo piano, spesso con apparente passione, l’avversione più o meno confessata (appunto!) per l’Ucraina.

E questo, al di là degli errori dell’Ucraina e della NATO che anche chi non prova quei sentimenti di avversione, può facilmente e ragionevolmente ammettere.

Come si vede, oltre che come “piccolo politologo in erba”, mi sono esercitato anche come “piccolo psicoanalista in erba”. Scusate, si fa per giocare! E poi qualcuno doveva pur dire che il Re è nudo!

 Ettore LIVORSI, 5 febbraio 2023

N.B. Purtroppo non sono su nessun “social”. Altrimenti volentieri risponderei a una cosa incredibile pubblicata da Paolo Ferrero su “Il Fatto Quotidiano”. Andatela a cercare!

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