Riflessioni sulla guerra russo-ucraina

Oggi un giornalista che passa per essere tra i migliori reporter, e opinionisti moralisti, uno di quei ‘chierici’ che non tradiscono la loro missione di richiamare tutti ai doveri etici nel mondo contemporaneo, ha posto l’interrogativo a proposito dell’aiuto da dare agli Ucraini: “Noi siamo disposti a usare la forza?”.

Il senso della risposta non era chiarito completamente dalle sue argomentazioni, anche se leggendole resta la sensazione di un rimprovero nemmeno tanto muto a noi europei figli di ‘Venere’ che abbiamo dimenticato il dovere di ‘Marte’: la lotta armata per uno scopo necessario come è quello di opporsi a un tiranno criminale che nell’immaginario collettivo va sovrapponendo il suo profilo a quello di Hitler. Non dobbiamo insomma ripetere l’errore pacifista di Chamberlain, ma ispirarci a Churchill.

Questo rovello mi ha spinto ad alcune riflessioni, in parte per rispondere personalmente alla domanda, in parte per chiarirmi cosa penso di questo conflitto, lasciando da parte altre riflessioni sulle conseguenze di una guerra aperta a tutto campo con la federazione russa.

Mi sembra che, qualsiasi cosa si potesse pensare della crisi russo-ucraina prima dell’aggressione armata di Putin, ad aggressione avvenuta è necessario condannare nel modo più incondizionato l’iniziativa gravissima del presidente russo, sconsiderata e dalle conseguenze criminali.

Essa va contro i principi basilari che stanno alla base dell’idea dell’Europa unita, che noi coltiviamo e difendiamo, e delle realtà che con l’integrazione socioeconomica e politica in settant’anni siamo riusciti a raggiungere e consolidare: l’idea che la pace perpetua deve superare la condizione di guerre continue che ha caratterizzato il nostro continente fino alla seconda guerra mondiale. Sotto questo aspetto la decisione di Putin ricorda nella sua logica l’abominio perpetrato dai capi delle guerre balcaniche nell’ultimo decennio del Novecento e pone il presidente russo su una china che, se non fermata in tempo, non può che condurre a una conclusione simile.

Ciò detto, per me la causa fondamentale di questa logica bellicosa, aggressiva, fratricida, è il risultato del risorgere prepotente in questi ultimi anni di logiche geopolitiche nazionaliste e sovraniste, che riportano indietro le lancette del tempo al mondo novecentesco che ci si illudeva d’aver superato. La retorica dei sacri confini, responsabile di 100 milioni di vittime nel Novecento, sta attraversando anche la guerra russo-ucraina. È necessario difendere la democrazia ucraina contro questo imperialismo ‘grande russo’, ma senza commettere l’errore di dimenticare che alcune istanze di sicurezza e identitarie del popolo russo hanno comunque un fondamento nella storia dell’ultimo millennio.

Purtroppo il nazionalismo sovranista non è solo dei Putin e dei Milosevic, ma sta risorgendo – pur se in forme attenuate – anche tra noi, all’interno dell’Unione Europea ed è il principale ostacolo alla sua integrazione politica più profonda. Alcuni errori dovuti a una logica nazionalista hanno spinto membri dell’UE, oltre che più in generale dell’alleanza atlantica, a dare spazio alla richiesta ucraina incoraggiandola all’adesione alla NATO, cosa che rappresenta plasticamente una delle cause maggiori all’origine della crisi in corso. Pertanto la guerra di aggressione all’Ucraina è anche una conseguenza di questa logica estrema, che in misura diversa è però condivisa da russi e ucraini, per quanto i primi siano in questa circostanza chiaramente aggressori e i secondi aggrediti.

A questo punto, mi pare che nelle condizioni attuali il primo compito è di aiutare gli aggrediti ucraini con tutti i mezzi di soccorso possibili, ma senza lasciarsi coinvolgere in una logica nazionalista che miri a portare nuove truppe NATO sul campo di battaglia.

È necessario richiamare con tutti i mezzi di pressione possibili il presidente russo a fermare lo stato di guerra russo-ucraina, anche se presumibilmente questa non si arresterà in breve tempo; è necessario puntare a persuadere i contendenti che l’unica soluzione è dare sicurezza e pace ad entrambi, da un lato garantendo la sicurezza della democrazia ucraina libera e indipendente, dall’altro garantendo alla federazione russa la sicurezza dei confini attraverso una soluzione che neutralizzi i paesi confinanti che ne condividono storicamente gran parte dell’identità. Tale obiettivo non si configura in una posizione di allargamento indiscriminato della NATO a oriente (e quindi sono da abbandonare le richieste di adesione alla NATO da parte dell’Ucraina e di paesi che sono in condizioni simili), ma in una posizione di coesistenza pacifica garantita dalla neutralità ucraina scelta in passato dai modelli finlandese e svizzero. La migliore difesa del popolo ucraino non sta nell’adesione alla NATO, ma nella conclusione di una pace garantita dal diritto con il popolo russo.

Corrado Malandrino

 (26.2.2022)

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