Rita Rossa e le forzature pericolose di qualcuno…

Si dice che Israele non sia una democrazia…Sicuramente non è una “democrazia” come la conosciamo noi, come lo sono, di fatto , i 27 Stati dell’Unione Europea o la Svezia oppure gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. Ognuno con le sue caratteristiche ma con alcuni tratti comuni: la divisione netta dei poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario), la libertà di stampa, di movimento, di impresa e di pensiero, l’eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge sulla base di una Costituzione chiara con confini di Stato ben definiti. Più altre cosette…. ma queste, in sostanza, sono le fondamentali. Bene. A Israele ne mancano alcune: la Costituzione ufficialmente stabilita e i confini, di proposito fluttuanti. Il governo Netanyahu ha anche tentato di portare il complesso mondo della Giustizia israeliana  sotto il suo controllo o, comunque, sotto supervisione governativa…ma, fino a questo momento, non è riuscito nell’impresa. Ha invece molto personale politico e membri della stessa famiglia del premier gravati da condanne o inchieste riguardanti malversazioni, favoritismi e altro. L’altrettanto variegato mondo palestinese, ricordando i punti interrogativi che segnano i curricula di Abu Mazen e di altri, non è piazzato meglio. Così come non deve essere un piacere avere in casa fanatici ed invasati che rispondono più ai richiami dei capi religiosi sunniti o sciiti (poco cambia nei fatti), piuttosto che formarsi una loro autonoma opinione su quanto succede.

Avendo toccato con mano la realtà di alcuni degli Stati che stanno intorno ad Israele, nonostante la presenza di Costituzioni scritte e controfirmate come pure di confini sicuri, non è che la situazione sia migliore. E’ un’area in fermento da almeno un centinaio d’anni che non è stata in grado o, meglio, a cui non è stata data la possibilità di crearsi un percorso  post-coloniale autonomo, pacifico e politicamene stabile. Una polveriera, insomma.

Per cui bisogna fare molta attenzione con le parole e con le iniziative, spesso motivate più da motivi interni nazionali che da vere analisi dei fatti. “Condannare il terrorismo di Hamas e al tempo stesso il terrorismo dello Stato di Israele” non è una posizione estrema o di parte è semplicemente la fotografia della realtà. Forse al termine “terrorismo di Stato” sarebbe stato meglio mettere (come scritto qui sotto): “L’assalto omicida di Hamas nel sud di Israele ha devastato e scioccato Israele nel profondo. Il bombardamento di ritorsione di Gaza da parte di Israele sta provocando la distruzione della Striscia – già assediata –  e uccidendo un numero crescente di civili” ma il succo non cambia. I bombardamenti ci sono. Le uccisioni strazianti pure. Gli atti di ferocia e violenza si moltiplicano come in tutte le guerre e…così via. Lo scritto citato tra virgolette è di  una giornalista con passaporto israeliano ma con origini gazawi. Scrive con sincerità e con la libertà di stampa che è concessa in Israele (e non in altri Stati vicini)…ed è giusto ricordarlo. Ma se Israele vuole essere davvero un “faro di civiltà”, una “isola di democrazia” deve ritornare ai suoi principi originari, abbandonando le dottrine sioniste, nazionaliste e non inclusive, che ne caratterizzano i Governi in questi ultimi decenni. Quello è Israele…non altro.

Ecco…Rita Rossa, partecipando in modo attivo a tutte le manifestazioni (anche a quella silenziosa  organizzata dall’associazione per la Pace e la NonViolenza del 27 ottobre) ha dimostrato sensibilità e equilibrio nell’affrontare una questione tutt’altro che semplice. Le sono venuti in aiuto i suoi studi classici e la sua pratica di insegnante, oltrechè la indubbia capacità politica, che è equilibrio e cautela per antonomasia. Oltre alla conoscenza diretta di quei territori. E’ stata una delle poche personalità politiche a prendere parte anche alla , peraltro pacifica e benissimo organizzata, manifestazione di Piazza Marconi del giorno 29, in cui gli slogani “Palestina libera” e “Free Palestine” sono stati scanditi in modo composto e non aggressivo. Ha partecipato a più confronti pubblici, anche a fronte di personaggi che esprimevano pareri opposti ai suoi. Sempre in modo pacato, democratico e tranquillo. Quindi, la cagnarra – ripetiamo, messa in piedi più per motivi interni che reali – su una frase e su uno o due likes ci sembra proprio fuori luogo.

A conferma di questo portiamo le testimonianze pervenuteci, in data odierna, proprio dall’interno di Israele, e che ci confortano – da un lato – perchè certificano la possibilità di espressione libera e, dall’altro, ci corroborano nell’idea che Israele non è Netanyahu.

Tutte le testimonianze, qui sunteggiate, sono leggibili integralmente su “+972 magazine” (*)

Per esempio … Samah Salaime ha scritto come, l’incitamento razzista alla repressione della polizia durante la “guerra di Gaza”, Israele stia essenzialmente punendo i cittadini arabi per il crimine di appartenenza al popolo palestinese. Oren Persico scrive, invece,  della spinta del governo israeliano per rendere effettivi regolamenti e limitazioni volti a chiudere la filiale locale di Al Jazeera, una mossa che i difensori della libertà di stampa denunciano come infondata e pericolosa.

Oren Ziv ha visitato il kibbutz meridionale di Nir Oz, dove un quarto dei residenti israeliani sono stati uccisi o rapiti nell’attacco di Hamas del 7 ottobre, e i cui sopravvissuti chiedono un cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi. Yuval Abraham ha scritto della tragica storia di Hashim al-Birawi, un palestinese di Gaza che lavorava nei kibbutz israeliani, diventato una delle vittime dei massacri del 7 ottobre.

E poi, ancora,….Ruwaida Kamal Amer ha riferito delle condizioni nel campo profughi di Khan Younis, dove ha vissuto da bambina, che fatica a provvedere a migliaia di palestinesi recentemente sfollati a causa dei continui attacchi aerei israeliani. “In The Landline”, Sahar Vardi ha reso omaggio al suo amico Khalil Abu Yahia, ucciso da un attacco aereo israeliano a Gaza.

Infine Josie Felt, una studentessa rabbinica negli Stati Uniti, ha spiegato perché sta agendo insieme a migliaia di ebrei americani per sfidare l’idea che la sicurezza ebraica debba avvenire a scapito della liberazione palestinese. (a questo articolo si riferisce l’immagine di copertina in home page).

Seguiamo dal 2014 il giornale on line di Ziv, Charlotte, Ben, Haggai, Yuval e sappiamo bene quanto costi a loro l’indipendenza e il coraggio, oltre che la competenza, che manifestano. Per cui, non avendo mai incontrato nei loro scritti segnali così forti e preoccupanti, ci sentiamo ancor più partecipi del loro dolore e delle loro frustrazioni: “Ci troviamo in un’era straordinariamente pericolosa in Israele-Palestina, poiché l’ultima guerra raggiunge livelli estremi di brutalità e minaccia di travolgere la regione. Non è mai stato così vitale per i nostri giornalisti e collaboratori – guidati da palestinesi e israeliani sul campo e oltre – riferire e analizzare ciò che sta accadendo in questo momento, guidati dall’umanesimo, dall’uguaglianza e dalla giustizia. +972 Magazine è la prova che un’alternativa è possibile e abbiamo bisogno del tuo supporto per aumentare il nostro impatto. Unisciti a noi.” (**) E poi ancora: “Siamo in un’era straordinariamente pericolosa in Israele-Palestina. Lo spargimento di sangue scatenato da questi eventi ha raggiunto livelli estremi di brutalità e minaccia di travolgere l’intera regione. L’assalto omicida di Hamas nel sud di Israele ha devastato e scioccato il paese nel profondo. Il bombardamento di ritorsione di Gaza da parte di Israele sta provocando la distruzione della Striscia già assediata e uccidendo un numero crescente di civili. I coloni incoraggiati in Cisgiordania, sostenuti dall’esercito, stanno cogliendo l’opportunità per intensificare i loro attacchi contro i palestinesi“.

Questa escalation ha un contesto molto chiaro, che +972 ha cercato di coprire negli ultimi 13 anni: il crescente razzismo e militarismo della società israeliana, l’occupazione diventata quasi una condizione “normale”, in presenza di pressioni e condizionamenti sempre più forti a Gaza e nella West Bank. Tutto questo, dopo avere demolito le autorità legate all’antica Al Fatah e tutti i mediatori/facilitatori possibili di possibili percorsi di pace. L’Israele di Netanyahu non ha bisogno di loro, non gradisce interlocutori credibili (almeno in una prima fase) come l’ANP, preferisce i fanatici, gli estremisti, quelli che ne facilitano l’espansione, offrendo a governi marcatamente sionisti la giustificazione della “imminente grave minaccia palestinese”.

Lo stesso spirito incendiario che ha animato l’onorevole Molinari e qualche suo epigono: forzare la mano, portare all’estremizzazione dei fatti o dei commenti ai fatti, scegliendo di volta in volta solo ciò che serve. Mentre invece, mai come in questo momento e su un argomento così spinoso, devono prevalere le ragioni della pacificazione e della ricerca di punti e interessi convergenti. Già altri esponenti del Governo Meloni su tematiche delicate quali i centri per i migranti, i filtri alle frontiere, l’allacciamento di rapporti unilaterali al di fuori delle direttive europee, stanno mettendo in cattiva luce la nostra Italia, vediamo di non continuare con queste pratiche autolesioniste. E grazie a Rita per l’impegno che ci mette e per la forza delle idee che sostiene.

(*)  https://www.972mag.com/ .    +972 Magazine is an independent, online, nonprofit magazine run by a group of Palestinian and Israeli journalists. Founded in 2010, our mission is to provide in-depth reporting, analysis, and opinions from the ground in Israel-Palestine. The name of the site is derived from the telephone country code that can be used to dial throughout Israel-Palestine.

Our core values are a commitment to equity, justice, and freedom of information. We believe in accurate and fair journalism that spotlights the people and communities working to oppose occupation and apartheid, and that showcases perspectives often overlooked or marginalized in mainstream narratives.

(**) Ne riportiamo qui di seguito l’originale in lingua inglese proprio per farvi capire quanto contino le singole parole… “humanism, equality and justice” , quelle per cui tutti ci dovremmo impegnare : “We are in an extraordinarily dangerous era in Israel-Palestine, as the latest war reaches extreme levels of brutality and threatens to engulf the region.  It has never been more vital for our journalists and contributors — led by Palestinians and Israelis on the ground and beyond — to report on and analyze what is happening in this moment, guided by humanism, equality, and justice. +972 Magazine is proof that an alternative is possible — and we need your support to increase our impact. 

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