Alessandria e la “tropicalizzazione del clima”

I nostri “vecchi”, qui in Piemonte, hanno affrontato condizioni climatiche diverse da quelle attuali e realizzavano costruzioni e città, con le tecnologie del passato, per affrontare forti nevicate freddo intenso rischi di incendi ecc.
Senza scendere nei particolari quelli nati nell’immediato dopoguerra hanno potuto vedere il mutamento da un clima tipico continentale, all’incirca fino agli anni ’80, e il cambiamento graduale con fenomeni meteorologici che segnalano quella che gli studiosi chiamano “tropicalizzazione del clima” con precipitazioni violente e abbondanti.
Chi era in città il primo agosto ha potuto constatare la violenza dei fenomeni meteo e la gravità dei danni arrecati. Il giorno due agosto precipitazioni violente hanno provocato altri allagamenti e danni.
Nell’immediato la priorità è rimediare ai danni, ma se ci si limita a questo si rischia di fare come chi, dopo un intenso esercizio sportivo si sente dolorante e si limita ad andare dal medico per farsi prescrivere qualche analgesico. L’importante è affidarsi ad uno specialista per verificare se nell’attività usa attrezzi idonei, posture corrette e tutto quanto necessario affinché l’esercizio apporti benefici fisici senza danni collaterali.
In analogia, per quanto riguarda i danni da maltempo, dobbiamo cercare di capire cosa si potrebbe fare per riuscire per limitare i danni in un futuro in cui i fenomeni di tipo tropicale sembra siano destinati ad aumentare. Gli interventi non avranno efficacia immediata della civiltà dei “social” ma non per questo non dobbiamo pensare a modifiche nei metodi di costruzione dei nostri edifici, strade e gestione del verde.
I danni provocati sono stati essenzialmente: coperture divelte, alberi o rami di albero abbattuti e strade allagate.
Le forze politiche che non si limitino alla ricerca di facile consenso dovrebbero farsi promotrici di un dibattito serio sui provvedimenti possibili per contrastare le forze naturali che si scatenano in situazioni come quelle vissute dalla nostra città.
Le coperture divelte dalla forza del vento sembra siano essenzialmente composte perlopiù da lastre di varia metratura o elementi similari. Le Istituzioni locali potrebbero farsi promotrici, d’intesa con gli ordini professionali (ingegneri, architetti, geometri) e con le imprese di costruzioni di un dibattito sulla sicurezza dei sistemi di copertura e delle tecniche di esecuzione delle medesime e, nel caso, inserire alcune norme che scaturiscano da un tale dibattito nei regolamenti comunali relativamente a nuove costruzioni.
Analogamente per quanto riguarda i danni subiti dal patrimonio arboreo occorrerebbe coinvolgere botanici, esperti in scienze agrarie e forestali in un dibattito sulle tecniche di manutenzione del verde che permettano di avere alberi più sani e resistenti e sull’eventuale necessità di utilizzare alberi di varietà diverse da quelli utilizzati attualmente.
Forse ancora più complesso risolvere il problema degli allagamenti. Si sono visti le grondaie non in grado di smaltire l’acqua dei tetti, tombini che anziché ricevere acqua dalle strade la “rigurgitavano” in pressione e le strade senza adeguata pendenza invase da decine di centimetri di acqua. Nel centro storico sono numerose le griglie a livello strada che se le precipitazioni cosi violente continueranno finiranno per essere più un sistema per allagare gli scantinati che per aerarli; qualche soluzione anche parziale sarà possibile?
Variare le pendenze in una città di pianura è opera più che ciclopica, adeguare la rete fognaria quasi altrettanto, costruirne una anche parziale solo per le acque meteoriche è ipotizzabile? Dalle idee prodotte da tanti specialisti qualcosa di utile e praticabile verrà sicuramente.

L’Editoriale, che la Redazione (tutta) ha voluto far suo, è del nostro civis Nicola Parodi. (n.d.r.)

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