Una proposta dell’ “Alleanza Civica per il Nord”

Riceviamo e pubblichiamo con una certa curiosità e con un sentito ringraziamento agli estensori, perche’ – in qualsiasi modo si evolvano le cose – si tratta di un contributo corposo e con chiare assunzioni di responsabilità; il prossimo 12 luglio a Verbania se ne discuterà (*).

DOCUMENTO POLITICO COORDINAMENTO Alleanza Civica per il Nord

Verbania, 12 luglio 2019

 

Il voto in Europa

Una valutazione positiva del voto deriva dal  fallimento dell’ipotesi di una maggioranza conservatrice condizionata dai cd “sovranisti”. Il dato è europeo  certificato dai numeri, che lo escludono ed impongono una discussione sugli assetti della nuova Unione oltre il perimetro dei due partiti storici, popolari e socialdemocratici, entrambi in declino politico e numerico, allargandole ai liberaldemocratici dell’ALDE (nei quali è all’esordio la nuova leadership di Macron) ed al principale tra i nuovi fenomeni, il partito dei Verdi.

La nuova maggioranza europea, delineata sulla carta ma ancora alle prime battute politiche, ha il compito di spostare l’asse programmatico dell’Unione dalla centralità del bilancio – valore considerato acquisito per tutti i Governi  europei  – alla tutela dell’ambiente e della sostenibilità.

Si tratta di un cambiamento non di poco conto, che cerca di mettersi alle spalle sia la fase di “austerity” ostentata che quella dell’eccesso di immigrazione – per altro senza cambiare molto nella sostanza – classificando come battaglie di retroguardie i temi dei sovranisti e spostando il focus su obiettivi futuri e non di conservazione.

È il tentativo di ripresa del metodo originario della “Comunità Europea”, dare per raggiunto un obiettivo e fissarne immediatamente un altro, sostenuto dalla Francia di Macron, per archiviare la fase del modello “ordoliberista” di Merkel e Schäuble: il braccio di ferro sulle nomine comunitarie, tutto interno alla nuova area di maggioranza, ha questa posta in gioco.

Su questo nuovo asse politico l’area “progressista” europea può recuperare posizioni ed ha l’occasione per completare l’opera di rigenerazione della socialdemocrazia in una visione di “green economy” rivolgendosi alle giovani generazioni, sull’esempio dei Verdi in Germania, dove sono già il partito maggioritario per gli under 21.

Questo processo si è avviato nei paesi del Nord e del Centro, sia attraverso un cambio vincente di agenda dei partiti laburisti, come in Olanda e Scandinavia, sia con  l’affermazione di nuove formazioni, come in Francia e Inghilterra.

I partiti sovranisti e nazionalisti si sono caratterizzati e addirittura “localizzati” come portavoce ed amplificatori delle aree del disagio e dell’emarginazione senza dare alcuna reale nuova prospettiva che non fosse un richiamo al passato: la Francia del Nord minerario e industriale e quella “profonda” agricola, la Germania orientale (dove l’AFD in caduta a livello nazionale diventa il primo partito) e naturalmente l’Italia, per restare nelle realtà principali. Il rischio è che alla loro marginalizzazione politica corrisponda ancora l’accantonamento delle ragioni degli Stati che loro rappresentano.

L’anomalia italiana è diventata ancora più grande e preoccupante. Il fatto di essere l’unico paese, oltre all’Ungheria di Orban, ad avere una guida politica sovranista uscita rafforzata dal voto (perfino in Polonia il nuovo raggruppamento europeista di Tusk ha quasi superato il PiS di Kaczyński e in Austria la svolta di Kurtz ha estromesso la destra xenofoba) condanna il Governo italiano e l’Italia alla totale esclusione dalla costruzione della nuova UE e al non essere presa in considerazione nemmeno dai nuovi assi geopolitici dell’Europa del Sud che si avviano ad essere a guida spagnola grazie al protagonismo del premier socialista Sanchez.

L’anomalia italiana di conseguenza riguarda anche l’assetto interno alle “famiglie” politiche che verosimilmente daranno vita alla nuova maggioranza europea: l’unica presenza significativa italiana nel Parlamento europeo è quella del PD nel gruppo socialdemocratico, peraltro in diminuzione sia come delegazione italiana che complessiva.

Nel  PPE il volto italiano è quello di Berlusconi, non esattamente uno sguardo al futuro, mentre gli italiani sono completamente assenti nei gruppi “emergenti” dell’ALDE e dei Verdi. Si tratta di una pesante ipoteca politica che stiamo già iniziando a scontare.

Questa situazione politicamente difficile e pericolosa interroga principalmente le Regioni del Nord, che si sono affidate a Salvini per difendersi dalla minaccia assistenzialista ed antimoderna dei 5 stelle, ritenendolo tuttora più credibile del PD come partito di Governo nazionale.

Il paradosso di aver votato per un Governo Salvini per ragioni tradizionali del centrodestra (niente tasse, meno Stato, meno regole) ritrovandosi con un esecutivo che avrà grandi difficoltà a muoversi su tutte le promesse effettuate sarà presto di fronte al Nord, che è parte integrante dell’Europa e non vuole uscirne, e il tema della propria rappresentanza nella politica europea sarà presto visibile e diventerà un punto di crisi cruciale.

Il voto italiano

È possibile fissare alcuni punti fermi nell’analisi:

  • si conferma in maniera assolutamente chiara l’esistenza di “due Italie” elettorali, che in tutta evidenza corrispondono ad almeno due tipologie di “domande” politiche: al Sud, la richiesta di “più Stato” intercettata dai 5 Stelle nel 2018, come tradizione nelle elezioni europee marca un distacco di interesse, tradotta in astensione del voto, superiore a qualsiasi precedente, al Nord, il voto massiccio per la Lega Nord è invece orientato alla richiesta di meno vincoli (e meno tasse) in opposizione allo “Statalismo” incarnate nell’occasione dai 5 Stelle.

Le “due Italia”, sempre più a fatica, “convivono” nel governo carioca, ma la distanza aumenta invece che diminuire e spostano la contraddizione all’interno del governo e della stessa Lega.

  • La vittoria indiscutibile è di Matteo Salvini (e non della Lega, esattamente come cinque anni fa fu di Matteo Renzi e non del PD) che è riuscito a capitalizzare ed addirittura ad incrementare il “tradizionale” sostegno del Nord con il fascino dell’”uomo forte” al Sud e nelle zone del disagio.
  • I Cinque Stelle escono politicamente polverizzati dal voto essendo azzerati al Nord e nelle città amministrate da loro come forza di Governo e cedendo ovunque alla Lega e all’astensione anche la rappresentanza della protesta.
  • Il PD guadagna voti in percentuale ed in posizionamento e restando assolutamente immobile dal punto di vista della proposta politica azzerando però la litigiosità interna e a sinistra .

Questo gli ha permesso di recuperare il consenso “tradizionale” in quell’area, seppur ai livelli storici medio inferiori, segnando quindi una inversione di tendenza sul trend che sembrava di ineludibile declino ma resta praticamente azzerata la capacità di attrazione/interesse al di là del proprio stretto recinto di base.

  • Il fallimento elettorale di + Europa e di tutte le altre liste ha determinato quel quadro di assenza di nuove formazioni politiche significative che si sta affermando invece negli altri Paesi europei, confermando uno storico “ritardo” del sistema politico italiano ad adeguarsi ai cambiamenti che si verificano per di più con una velocità sempre maggiore.

In tutta evidenza, il fragile equilibrio del Governo Conte si è irrimediabilmente spezzato ed il prossimo futuro politico anche immediato è aperto a tutti gli scenari, la più parte dei quali assolutamente nuovi ed incogniti.

Europeisti, Eurosovranisti

È confermata la necessità di ancorare qualsiasi proposta politica civica che abbia l’ambizione di darsi una prospettiva oltre il tradizionale perimetro municipale alla scelta irreversibile dell’Europa come teatro politico principale e l’obiettivo costitutivo di una Unione Europea politica basata su città e territori senza la mediazione degli Stati nazionali attuali.

È evidente che anche la “nuova maggioranza” europeista che si sta formando a Bruxelles corre gli stessi rischi di quella Popolari – Socialdemocratici che ha governato nel periodo dell’unione monetaria, essere progressivamente paralizzata dalla sovrapposizione e dalle ipoteche degli Stati, a partire dalla Germania, che impediscono la composizione di politiche europee nuove e “sovrane”, riducendo la UE al luogo di mediazione al ribasso.

Il “civismo” del Nord

Il sistema di voto in questo turno elettorale era un ostacolo insuperabile per un protagonismo “civico”, tanto è vero che le candidature provenienti dal nostro mondo sono state episodiche.

Non si può non rilevare come complessivamente si sia registrata una brusca frenata di un voto caratterizzato come civico: il mancato quorum di + Europa della Bonino e la perdita di voti della Lista piemontese caratterizzata come “di Chiamparino”  sono stati la conferma del fatto che la lista “gregaria” segua la fortuna politica di altri partiti o personalità che siano.

È però altrettanto in dubbio che uno spazio politico resta significativo ed in crescita – anche nel Piemonte della sconfitta più dura, la somma delle liste civiche sciaguratamente divise, in sette micro – liste per inseguire un seggio in Consiglio dalla lotteria dei resti – è superiore al 10%.

Nello stesso giorno e seggio delle europee, le civiche ottengono nei Comuni percentuali importanti (a Verbania oltre il 10%, a Reggio Emilia quasi il 6%, a Bergamo, con la lista Gori percepito come “civico”, addirittura la maggioranza degli eletti in Consiglio) che non trovano riscontro nelle elezioni di livello superiore.

Essere protagonisti ed attori in questo spazio politico richiede quindi un salto di qualità dell’azione politica per dare vita ad un soggetto autonomo e diverso, caratterizzato politicamente per proprie idee forti e “radicali”, radicato nel territorio: cioè nel Nord, nei temi dell’autonomie federale, dello sviluppo e del rispetto della “morale civica”. Si parte dal contenuto e non dal contenitore e non si parte con un leader, che emergerà per adesione o cooptazione, non necessariamente tra le file dei civici della “prima ora”.

Il metodo è quello dell’aggregazione sul “programma”, per muoversi in un sistema proporzionalista che media dopo e non prima delle elezioni.

In questa ipotesi si lavora soprattutto sull’area dell’astensione, ormai veleggiante verso il 50%, per “rimotivarla” al voto su temi puntuali e pragmatici di interesse facendo propri i contenuti e non “mediandoli” con i propri.

In questo voto di astensione spazio particolare –  difficile, difficilissimo – è quello del voto giovanile, che in Europa si è mobilitato politicamente nei Verdi ed in altre formazioni in ragione di una agenda nuova ed innovativa.

Autonomia come politica

Lo sviluppo del dibattito caotico nazionale ci dice però che  abbiamo plasticamente  “centrato” il principale tema politico: l’avversario è “l’amerikano” Salvini antieuropeo, la partita si giocherà sulle contraddizioni che si apriranno al Nord tra il leader “nazionalista” e sovranista e la “sua” base originaria.

Della triade identitaria proposta (Europeisti, nordisti, ambientalisti) è sempre più evidente che Europa e territorio del Nord (Ovest) è l’endiadi  al tempo stesso massimamente “identificativa” e caratterizzante proprio nel momento nel quale dovessimo metterci a disposizione di un progetto più grande di aggregazione e comunque come nostra “cifra” di partecipazione al dibattito nel campo del centrosinistra, ammesso e non concesso che la nostra azione debba svolgersi, almeno in questa fase, principalmente ed inizialmente all’interno di questa politica.

Confermando che la nostra ipotesi è soggetto autonomo che si caratterizza sui contenuti e territorio e partecipa con propria identità politica definita, portatrice di un “pezzo” di progetto politico più ampio e non come muro “mosaico” di gruppi dirigenti locali scollegati politicamente fra loro, la nostra identità  parte da “Alleanza” (vale a dire rapporto tra varie liste e soggetti) ma deve tendere a evolversi in un soggetto unitario,  come raggruppamento di  “Europeisti, nordisti, ambientalisti”.

Il primo contenuto di definizione di identità è infatti il riconoscimento dell’ambito   europeo politico, istituzionale, sociale come “il luogo” della politica. Il livello “nazionale” è per noi solo strumentale nei momenti  elettorali.

Per le elezioni nazionali l’elemento di maggiore importanza è infatti la  presenza dei collegi uninominali territoriali come rappresentanza diretta del territorio e non di una lista. Tra i nostri obiettivi c’è la richiesta di cambio del sistema elettorale per rompere il legame diretto e automatico con la lista proporzionale. Senza impiccarsi a modelli (peraltro esistenti e funzionanti: doppio voto alla tedesca, uninominale almeno per il Senato etc), per noi resta un fondamentale della  democrazia il diritto degli elettori di un determinato territorio a scegliersi i propri rappresentanti in maniera chiara e diretta e non su liste più o meno bloccate e comunque decise in sedi ristrette e centrali. Il principio per noi irrinunciabile resta quello della partecipazione diretta e civica e del rapporto tra eletto ed elettori sottoponibile a verifica.

Il protagonismo di ACN  deve esprimersi in prima persona alle elezioni amministrative più significative con progetti civici propri: Emilia ottobre 2019, Liguria 2020, Torino e Milano 2021.

Il nostro tema politico generale e  principale è quello dell’ Autonomia territoriale, da declinarsi nei suoi effetti immediati e concreti (fiscalità diretta, semplificazione rapporto cittadino/istituzione efficienza P.A.). Questo non significa certo “dimenticarsi” degli altri aspetti valoriali fondativi del nostro impegno politico (dall’antifascismo, all’accoglienza, ai diritti civili etc), ma dobbiamo prendere atto del fatto che si tratta di argomenti sui quali il Pd unitario e “largo a sinistra” di Zingaretti garantisce già una presenza ed un punto di riferimento. E’ invece proprio sui temi dell’autonomia, della innovazione che nasce dalle aree urbane, delle connessioni professionali ed economiche con la rete delle città e dei territori europei, che il Pd fatica, per usare un  eufemismo, ad articolare una posizione che non sia una mediazione dialettica inoffensiva per chiunque. E’ su questo terreno, quello delle competenze e dell’innovazione, che possiamo svolgere un ruolo politico utile e che esca dal nostro tradizionale terreno civico e municipale.

I progetti civici “identitari” ed anche organizzativi sono legati al rinnovo delle amministrazioni principali e sono caratterizzati da un gruppo “locale”, L’idea è che in quella dimensione si sia aggreganti e non aggregati, intorno a candidatura, lista ma soprattutto programma.

Si confermano temi del  futuro su politica digitale (la “libra” di Facebook  sarà  “sorvegliata” da chi? Dalla Fed, dalla Bce, da nessuno?) e ovviamente ambiente e lavoro (i navigator saranno i prossimi precari il cui problema da risolvere bloccherà il resto?) sui quali  lavorare.

Macroregioni europee

La centralità del tema del riassetto delle istituzioni (meglio: della nascita di nuove istituzioni) nello schema Europa Federale – Macroregione – Città Metropolitana/territorio rappresenta una scelta molto chiara e discriminante, che è totalmente politica. Pur non mancando certo modelli e riferimenti culturali molto solidi e strutturati (lo schema delle Macroregioni è quello di Gianfranco Miglio, il federalismo europeo si richiama direttamente al Manifesto di Ventotene, il ruolo delle aree urbane ed il loro rapporto con il “contado” è l’evoluzione degli studi di Carlo Cattaneo), la questione politica che poniamo attraverso il tema delle Macroregioni è la necessità di avere istituzioni adeguate alla realtà del secondo Millennio, delle reti e del nuovo urbanesimo, che permetteranno la ricomposizione di comunità in grado di conoscere e scegliere sulla base delle proprie domande e dei propri interessi, i propri rappresentati.

La crisi della democrazia rappresentativa che riguarda tutto il mondo “occidentale” a partire dalla propria Nazione – guida, gli USA, può essere superata solo riconducendo le sovrastrutture istituzionali, che stanno diventando irrimediabilmente desolate come gli Stati Nazionali, ad avere una propria “mission” di governo di una comunità che si riconosce come tale per comunanza di interesse e cultura, non per sistemazione ma cartina geografica.

Le “Macroregioni” italiane, cinque nello schema di Miglio, si caratterizzano infatti per una coesione e comunanza di interesse tale da poter rendere possibile l’ambizioso obiettivo di un proprio orizzonte geopolitico che assegni alle diverse realtà un ruolo armonico nel sistema europeo.

In particolare è evidente al Nord l’obiettivo di “restare in Europa”, in maniera non formale, sviluppando il ruolo di “nodo” fondamentale dei sistemi europei principali (produzione, logistica, innovazione) per i territori del Sud Europa,  facendo perno sull’area urbana Milano-Torino-Brescia-Genova, riproponendo la parte meno evidente e celebrata del “modello Expo”, quella che ha visto la manifestazione situata a Milano essere un attrattore, un acceleratore e un propulsore di iniziative che sono partite da tutto il territorio nazionale ed hanno avuto ricadute positive nelle stesse proporzioni e dimensioni.

La Macroregione del Sud è perfino più attrezzata dal punto di vista storico e culturale per sviluppare la propria “mission” speculare nei confronti del mondo del futuro, dell’Africa in esplosione demografica e di sviluppo produttivo (tutti i paesi del Continente africano crescono con tassi di incremento che in Europa non si vedono dagli anni ’60).

Il ritardo delle “visioni  politiche” ed il prevalere di modelli partitici che al Sud sono di fatto fermi ai potentati locali delle età giolittiana, è la principale ragione del ritardo e del mancato sviluppo di un mezzogiorno d’Italia nel quale sono arrivate, nel dopoguerra, grosso modo dieci volte le risorse che sono andate ad altre realtà similari di Italia ed Europa. In particolare, dall’avvio delle politiche di coesione UE adottate con l’ingresso dei paesi dell’Est europeo, l’area del Sud Italia che aveva più o meno la stessa consistenza economica dell’allora Cecoslovacchia, di Romania, Ungheria e Polonia, pur avendo le identiche possibilità di accesso ai finanziamenti per lo sviluppo europeo, è stata sopravanzata  e distanziata non solo da questa economia, ma anche da Grecia, Portogallo e Spagna che pure partivano da livelli analoghi.

È la prova inconfutabile del fallimento di un modello istituzionale e politico che può essere ribaltato e rinnovato solo attraverso un drastico e rapido processo di responsabilizzazione delle comunità del Sud e delle loro classi dirigente: non esistono cambiamenti indotti o modelli da importare, Milano o New York che siano.

Dopo l’ennesima delusione palingenetica rappresentata dai “5 Stelle” venditori di illusioni per l’Ilva, per la Tap, per “750 euro per tutti”, perfino per i condoni edilizi ad Ischia, stanno emergendo anche nella politica tentativi di risposta diversa, potenzialmente in grado di aiutare ed assecondare le tante esplosioni di energia che il Sud mantiene e rinnova, nonostante tutto e tutti: dagli eventi di Matera e Napoli, portati a buon fine contro tutte le evidenze contrarie sulla carta, alla vitalità dell’altra grande città metropolitana italiana, per l’appunto Napoli, allo sviluppo dei poli dell’innovazione che un po’ ovunque sorgono e resistono da anni, da Nola a Catania, al rilancio dell’agroalimentare come modello di vita e sviluppo nella Puglia e in Sicilia, in Campania, alle iniziative per la legalità e lo sviluppo portate avanti da tanti giovani coraggiosi e capaci di Calabria, Sicilia, Campania.

ACN ha tra i suoi obiettivi prioritari intensificare nei limiti delle proprie forze e dimensioni, i contatti già in essere con i gruppi politici di ispirazione autonomista e federalista (ricordiamo in particolare con quello pugliese di “Italia Mediterranea” e diversi altri in Campania) allo scopo di contribuire allo sviluppo di una politica civica, federalista ed europeista.

(*) Il presente documento è stato segnalato dal civis Pier Luigi Cavalchini

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