Anatomia dei no-vax

Ma chi sono i concittadini che compongono l’esercito silenzioso dei no-vax? Non mi riferisco alle frange – più o meno facinorose – che scendono in piazza e campeggiano nelle foto sui giornali, sfidando le forze dell’ordine. Di queste si parla fin troppo, e conosciamo – abbastanza – il mix di negazionismo e radicalismo ideologico che le spinge a una opposizione intransigente. Ma gli altri – la stragrande maggioranza di quel 15% che rischia di farci ripiombare nel lock-down – perché lo fanno? Le motivazioni sono varie: si va dalla superficialità all’indolenza, da una plateale disinformazione all’influenza di un parente o un amico. Ma è una descrizione sommaria, che si trova su tutti i giornali. Niente di più articolato, preciso. Dati certi li abbiamo soltanto sull’incidenza per fasce d’età. E non sappiamo che farcene. In un’epoca in cui i sondaggi ci informano anche sull’uso dello spazzolino da denti degli elettori di questo o quel partito, non abbiamo un’indagine demoscopica che scavi in profondità nell’identikit di chi sta mettendo a repentaglio non solo le nostre vite, ma anche la ripresa economica di cui il paese ha un bisogno vitale.

Sono sicuro che Nando Pagnoncelli – e tanti altri istituti di ricerca – sarebbero in grado di sfornarci questa fotografia in pochi giorni. E mi auguro che qualcuno al governo glielo abbia chiesto, o si stia affrettando a farlo. Ma c’è da restare sconcertati di fronte alla carenza di una campagna di comunicazione centrale capillare, che batta a tappeto ogni dimora con tutti i mezzi di informazione disponibili. Più di vent’anni fa, Berlusconi intasò il sistema postale con una brochure del suo programma. Possibile che nell’era di Internet non si trovi qualcosa di analogo, e possibilmente di meglio? O siamo tutti convinti che questi milioni di italiani vivono in qualche bolla social e si rifiutano di sentire ragioni? Se fosse davvero così – e personalmente non lo credo – non resterebbe che ricorrere al più presto a un sistema di sanzioni.

Se invece, come è più plausibile, il quadro è molto più differenziato, è su questo che andrebbe tarata la campagna di persuasione. Cominciando a utilizzare gli strumenti che già sono a disposizione. E diversificando a seconda del contesto, e del profilo lavorativo. Per tutto l’impiego pubblico, ad esempio, ci sono requisiti d’accesso, che variano da un diploma a una serie di attestati di specializzazione. E ancora più stringenti sono le norme che regolamentano i comportamenti in servizio. D’accordo, agli insegnanti non si può imporre di vaccinarsi e, forse, nemmeno che traguardino i titoli di un quotidiano nazionale. Ma non credo che violerebbe alcun diritto costituzionale la richiesta che, a ogni inizio settimana, venga letta – nelle classi, nei reparti, e come circolare negli uffici – una sintesi, breve ma efficace, del quadro epidemiologico (possibilmente facendola redigere a un esperto di comunicazione). Insistendo, come doveroso, sulle percentuali di contagio e mortalità tra i non vaccinati.

Si tratta solo di alcuni esempi – semplici da implementare e a presa rapida – di come mettere al più presto in campo un’attività sistematica di informazione e persuasione che aiuti a tener fronte al ritorno del virus nelle nostre vite. Sappiamo che le prossime settimane saranno decisive. E siamo – purtroppo – consapevoli che ogni tentativo di stringere la rete dei controlli incontrerà l’opposizione di quei partiti che continuano a pensare di poter lucrare sul dissenso e la protesta di stampo libertario. Al momento, l’unica strada percorribile è quella della persuasione. È troppo chiedere che la si imbocchi con efficacia e determinazione?

di Mauro Calise.

(“Il Mattino”, 21 novembre 2021).

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*