Astensionismo record: il grande consenso vantato dai “Fratelli d’Italia” non esiste

Chissà perché non piove mai quando ci sono le elezioni? Cantava Gaber, celebrando il rito della democrazia, con le sue sobrie emozioni civiche. Ma questi risultati dicono che la democrazia è in crisi, sfregiata e abbattuta. La vittoria della destra alle regionali in Lazio e Lombardia del 12-13 febbraio era scontata, siamo ancora ben condizionati dagli esiti delle politiche, come era già ampiamente nota la debolezza delle opposizioni: ma il vero fatto politico pesante come un macigno è il 60% di astensionismo che non è episodico ma prosegue e peggiora una tendenza negativa passata attraverso le ultime politiche del 25 settembre ma che viene ormai da lontano. La politica autoreferenziale e distante dai cittadini è in crisi e con essa l’intero processo democratico. Una classe politica un minimo dignitosa (quindi ovviamente non la nostra attuale) dovrebbe prendere atto con gravità di questo fallimento, mettersi in discussione e interrogarsi seriamente sulle ragioni e sui possibili rimedi. Ai nostri meschini governanti naturalmente tutto ciò non interessa men che meno, unicamente preoccupati della propria legittimazione formale a rimanere in sella, non della legittimazione morale e politica a guidare la “nazione”.

Il grande sostegno popolare vantato da Meloni e soci, richiamato costantemente nelle “dichiarazioni” della sera e nelle tribune parlamentari, nella realtà non esiste. Si tratta come in economia di un fatto marginale che fa aggio sulle debolezze altrui, sulla rassegnazione dei cittadini, non di una grande plusvalenza, di un capitale politico che cresce e che diventa investimento a lungo termine. E’ qualcosa di spendibile nell’immediato come fatto di potere: ciò che interessa ai Nostri, farsi i fatti loro, la vertigine del comandare, regolare i conti, sfottere chi “rosica” questo è il livello. Non porta lontano una Destra che volesse veramente rinnovarsi (e prendere finalmente in modo chiaro le distanze da un passato post-fascista che ti azzoppa nei rapporti internazionali per quanto si cerchi di nascondere la polvere sotto il tappeto parlando sempre d’altro). Gli è bastato vedere un po’ di potere, scambiandolo subito per il vero potere (autorevolezza, radicamento, consenso) che hanno perso la testa come del resto molti di quelli che li hanno preceduti (vedi Renzi e tutta la consorteria del PD che evidentemente ci ha portati alla rovina, parliamoci chiaro, aprendo la strada a questa destra). Assolute nullità politiche alla riscossa. Ma anche le aperture di credito delle lobby economiche e mediatiche (le “grupide” come dicono i mandrogni) si mostrano per quello che sono, delle pure suggestioni fasulle e molto interessate (e pronte eventualmente a ritirarsi in buon ordine non appena le cose si mettessero un po’ male) ma con scarso riscontro e scarso credito nella realtà dei cittadini.

Per delle persone assennate (quali ovviamente non sono globalmente i nostri politici) il 60% di astensionismo significa che nessuno è legittimato moralmente e concretamente a governare oltre l’ordinaria amministrazione, pur essendolo magari formalmente. Altro che grandi riforme e presidenzialismo: cominciate a tornare sulla terra cari politici! Ha ragione chi, per esempio la giornalista Flavia Perina, esponente di una destra rinnovata dotata di cervello, invece sottolinea come questo risultato inficia tutto il progetto governativo (ma a lungo appoggiato anche da pezzi maggioritari di PD) di devoluzione di poteri statali alle regioni quando le elezioni regionali in una regione come la Lombardia, che ha dato praticamente il via a tutta il pericoloso processo dell’autonomia differenziata, non interessano sostanzialmente alla gran parte dei cittadini che evidentemente continuano a vedere nello Stato unitario l’interlocutore credibile per la soluzione dei loro problemi quotidiani.

Una classe politica largamente priva di consenso, radicamento, rispetto dei cittadini si appresta infatti a varare l’ennesima tragica (in senso fantozziano) riforma costituzionale che accentuerà le divisioni del paese fra regioni ricche e regioni povere, manderà definitivamente gambe all’aria la sanità pubblica, mettendo a rischio l’unità nazionale: l’esatto contrario del federalismo che dove è attuato correttamente interviene in automatico a bilanciare le sperequazioni.

E addirittura si parla di presidenzialismo come di una necessità impellente! Le ultime risposte elettorali, passando anche per le politiche del 25 settembre ma non solo, non sembrano indicare che per i cittadini queste siano la priorità. Ma un lavoro dignitoso e non precario, senza rischiare di subire infortuni o peggio, un futuro per i figli, la difesa e il rilancio del servizio sanitario nazionale, la legalità (che curiosamente non interessa a questa destra scombinata), le politiche di pace contro la deriva della corsa agli armamenti che ci porta a una nuova guerra fredda – anziché a un mondo pluralista e democratico. Mettendo avanti la lotta comune contro il cambiamento climatico.

Cosa bisognerebbe dunque fare per riprendere il dialogo con i cittadini, favorendo anche un importante ricambio di classe dirigente sia a destra che nella non-destra del mondo progressista (non esiste più una sinistra allo stato delle cose perciò prendiamone atto per poterla ricostruire):

– lor signori sono anzitutto caldamente consigliati di “tornare a quote più normali” e se non ne sono capaci siano disponibili a farsi da parte favorendo un processo realmente democratico: a partire da una legge elettorale proporzionale, senza più trucchi e inganni, con la possibilità di esprimere le preferenze, per rilanciare la partecipazione al voto e un vero ricambio della classe dirigente. Quello che conta, in questa complessa e drammatica fase storica mondiale, è la ripresa della partecipazione e della rappresentanza di vasti settori popolari abbandonati, l’importanza dei contenuti e non l’inutile discussione su “chi vince”. Quando non c’è la partecipazione non vince nessuno.

– non trascurare l’importanza di piccoli fatti concreti, come eliminare quegli ostacoli che hanno scoraggiato anche tecnicamente (e volutamente sia chiaro) la partecipazione al voto: sarebbe importante consegnare di nuovo a casa la tessera elettorale ai cittadini aventi diritto come si faceva una volta, un piccolo gesto che dà importanza al rito democratico del voto (come lo cantava Gaber). L’ambigua scelta compiuta una ventina di anni or sono della tessera elettorale permanente per risparmiare quattro lire (e implicitamente per scoraggiare la partecipazione al voto in base alla teoria demenziale secondo cui “nelle democrazie mature si vota in pochi”) fa sì che chi la smarrisce molto difficilmente decida di recarsi in Comune per reclamare il duplicato: già l’entusiasmo è scarso, i problemi sono tanti, figuriamoci se qualcuno si prende questa briga, pochissimi. Anche con questi piccoli gesti, che però segnalerebbero la volontà di riprendere il dialogo, si può riprendere il contatto con i cittadini.

Naturalmente so bene che di questi appelli ai nostri sedicenti “rappresentanti” non importa alcunché. Loro sanno benissimo di non avere alcuna legittimazione sostanziale e perciò la loro vera politica è parlar d’altro, fingere un pochino di essere contriti, continuare la rissa quotidiana senza né capo né coda fra chi comanda e chi “rosica”. Quindi è chiaro che non solo ignoreranno tutti i possibili appelli di questo tipo, essendo principalmente occupati a farsi i fatti propri. Ma siccome i profittatori sono perfettamente consapevoli di tutto ciò, è altresì chiaro che non avendo una idea che sia una di come uscire dall’impasse rilanceranno tutta la posta, con tutte le proposte più demenziali, dal presidenzialismo all’autonomia differenziata, sperando che in qualche modo, sparandola sempre più grossa, succeda comunque qualcosa e che gli vada bene. Ma è sempre vero che non bisogna scoraggiarsi e che il principio democratico è sempre quello, molto semplice e banale, che la goccia scava la roccia e che più ce ne sono e più aumenta la possibilità, sia pure oggi ancora remota, di cambiare il corso le cose. Intanto impegniamoci a guastare l’ingranaggio delle “riforme” più pericolose, nella situazione data, la follia dell’autonomia differenziata e la chimerica suggestione del presidenzialismo in un paese che ha quanto mai bisogno di pensare e discutere dei problemi collettivi e non di cercare un capo, l’ultima volta non è andata molto bene: ma adesso farebbe solo ridere, aumenterebbe solo i problemi e ne abbiamo già troppi.

Filippo Boatti

13 febbraio 2023

 

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*