Bentornato Parlamento

Nelle more che litigano tra loro Ministri e Tecnici a vario titolo, Governatori e Presidente del Consiglio, e che si fissi con ragionevole certezza cosa, come e quando fare ripartire, per favore fate ripartire il Parlamento. Conosciamo gli impedimenti tecnici, dalle difficoltà dei trasporti alle sedute sui banchi senza distanziamento. E sappiamo che il rischio di contagio – con le maggioranze risicate e ballerine che abbiamo – potrebbe facilmente cambiare gli equilibri tra opposizione e governo. Ma adesso che, dopo i costi sanitari, vengono al pettine quelli economici, non possiamo dimenticarci che quelli più salati e insidiosi riguardano la salute della democrazia. E che il primo fondamentale presidio – costituzionale e simbolico – è il Parlamento.

Fino ad oggi si è sentito – e visto – poco. Anzi pochissimo. Dando l’impressione che fosse più semplice – forse anche più comodo – per molti deputati e senatori lasciare ai propri maggiorenti di partito la grana di sbrogliare la matassa. O, alla bisogna, di aggrovigliarla. Intendiamoci. Almeno in parte, c’è una giustificazione funzionale. I tempi di deliberazione parlamentare – soprattutto, ma non solo, in Italia – sono lenti. Mentre questa crisi epocale richiede decisioni immediate. Però, purtroppo, questo letargo delle Camere non pare abbia aiutato i governanti a procedere molto più spediti. Anzi. Il paese ha avuto – spesso – l’impressione contraria. Stop-and-go e giravolte, senza una direzione chiara. E scarsissima capacità di anticipare gli scenari del giorno dopo, col risultato di una rincorsa affannosissima dell’emergenza – di volta in volta – più drammatica. In una parola, il deficit più clamoroso in questi mesi è stato un deficit di programmazione.

È proprio questo il lavoro che dovrebbe svolgere in simili frangenti il Parlamento. Evitare di aggiungere contestazioni – e confusione – alle decisioni più impellenti, sulle quali andrebbe invece preservato quel briciolo di spirito unitario di cui i partiti si dimostrassero ancora capaci. Ma concentrarsi sul compito cruciale di analizzare, selezionare, mettere al centro dell’agenda politica e istruire normativamente le issue strategiche che il paese dovrà affrontare nei prossimi mesi, forse anni. Nella inesorabile concitazione di queste settimane, ciò che ha maggiormente colpito l’opinione pubblica è stata la incapacità di una visione che andasse oltre la scansione quotidiana dei bollettini: di morti, contagi, chiusure e – ipotetiche – aperture. Gestite, peraltro, con una deprimente – e devastante – ignoranza delle più elementari regole della statistica e della comunicazione di crisi.

Speriamo tutti che prima o poi – meglio prima! – usciremo da questa fase di assedio. E siamo pronti a rimboccarci le maniche, facendo ognuno la propria parte. Ma la politica deve mostrarsi in grado di un colpo d’ala, di uno sguardo lungo. Lasciamo pure che virologi, epidemiologi, infettivologi continuino a contraddirsi su quando il quadro sanitario tornerà sotto controllo. Che si tratti di tre mesi o tre anni, influirà ovviamente di molto sul mondo in cui ci ritroveremo a vivere. Ma come si fa in ogni azienda che debba investire sul futuro in condizioni di incertezza, l’unica soluzione è disegnare – in dettaglio – più scenari. Ciascuno con la sua analisi costi-benefici, e con i suoi tempi – e risorse – di implementazione. Scenari in cui c’è chi perde di più, e chi invece potrà guadagnare. A seconda delle opportunità che si apriranno. Per dinamiche di mercato ma anche, e soprattutto, per scelte politiche.

Queste scelte spettano al Parlamento. E vanno fatte con la trasparenza e il confronto che fanno di questa istituzione il fondamento e il baluardo di un regime democratico. Si può accettare che siano stati fatti errori – anche gravi – nell’ergere le prime difese e orchestrare il primo contrattacco all’assalto globale del virus. Ma ora che ci stiamo attrezzando a una lunga guerra di trincea, tutti i cittadini hanno il diritto di capire in che direzione stiamo andando. E sulla base di quali approfondite valutazioni. La delega per questa funzione – vitale in ogni comunità – l’abbiamo data al Parlamento. È il momento che se ne assuma in pieno la responsabilità.

di Mauro Calise

(“Il Mattino”, 20  aprile 2020)

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