O cambiamo o moriremo:”Tra eresia e verità” – Leonardo Boff e Luigi Zoja

“Possa la nostra epoca essere ricordata per il risveglio di una nuova riverenza per la vita, per la risolutezza nel raggiungere la sostenibilità, per l’accelerazione della lotta per la giustizia e la pace. E per la gioiosa celebrazione della vita” . ( dalla carta della Terra ).

 Nell’aprile del 2014, la casa editrice chiarelettere editò un fertile libro dal titolo “Tra eresia e verità”, dove Leonardo Boff e Luigi Zoja dialogavano sulla sorte della Terra.

Il tema della catastrofe è ormai un tema talmente attuale che la maggior parte delle persone se lo fa scivolare addosso.

“Schiuma, morbida bianca lieve lieve, sembra panna, sembra neve…una mamma, una mamma in bianco”, cantava ironicamente Giorgio Gaber facendosi uno shampoo, chissà se allora era già consapevole dell’ecocidio in atto? A cui tutti noi abbiamo e continuiamo a contribuire.

Purtroppo chi offre visioni differenti da quelle che questo sistema produce sempre più velocemente e ignorantemente viene tacciato come complottista, come terrapiattista, per non entrare in termini più recenti creati apposta per creare divisione tra le persone, così da far aumentare quella massa che si adegua sempre al peggio.

Ormai i testi di studiosi di tutti i paesi e di tutte le culture che ci stanno parlando di come siamo diventati grazie alla morsa della globalizzazione, alla violenza della tecnologia, alla perdita di umanità, di empatia, di pensiero critico, ecc. ..non mancano, manca invece la passione e la volontà di risvegliarci e trasformarci.

Ma, come ci dicono anche Boff e Zoja : o cambiamo o moriremo.

Qui sotto vi riporto un forte e chiaro dialogo tra i due, stralcio del libro di cui vi sto parlando, una buona lettura per la vacanza, che speriamo non sia,  ( la vacanza ) se non l’ultima, una delle ultime .

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Leonardo Boff:

Ci troviamo di fronte a un insieme di sogni, valori, utopie e modi di abitare il mondo sviluppatosi in Occidente negli ultimi quattro secoli e diventato globale soltanto di recente. Questo paradigma, frutto di un processo storico, ci ha consentito di andare sulla Luna, di creare gli antibiotici per debellare molte malattie, ma anche di realizzare macchine di morte capaci di distruggere la vita: armi chimiche e nucleari, sistemi di produzione e di consumo che intaccano in modo irreversibile le risorse e gli equilibri naturali.

Come scrivera Eric Hobsbawm alla fine del suo libro Il secolo breve ( 1994), i valori e i principi che hanno plasmato la cultura occidentale non sono più in grado di disegnare il futuro.

O cambiamo o moriremo.

L’umanità deve affrontare scelte decisive per la sua sopravvivenza e si tratta di un atto politico perchè le forze generative del pianeta non riescono più a reggere il ritmo dello sviluppo globale. La Terra è malata perchè l’essere umano è malato. Siamo interdipendenti, come ha intuito lo scienziato James Lovelock formulando l’ipotesi di Gaia, che concepisce la Terra come un sistema in cui gli organismi viventi e il mondo inorganico si organizzano e si autoregolano per mantenere il ciclo della vita. Alla fine degli anni sessanta, l’epoca delle prime esplorazioni dello spazio, Lovelock, ricercatore Nasa, aveva il compito di studiare i processi fisici e chimici nei pianeti del sistema solare per cercare di individuare possibili segni di vita.

Oggi sappiamo che la Terra è un superorganismo vivo, che l’essere umano è un tassello della sua evoluzione. Non a caso, la parola “uomo” viene da humus, terra fertile e da Adamo da adamath che in aramaico significa terra arabile , buona per coltivare.

( E dal verbo latino “còlere”,  arriva la parola Cultura, Cultura umana, che in tutti i modi stiamo quotidianamente distruggendo. )

E’ una visione molto diversa da quella di Cartesio e di Newton, che concepiscono la Terra come un’entità separata da controllare e sfruttare. Da questo errore di fondo è scaturita la logica del capitalismo con la sua vocazione predatoria. Oggi, per scongiurare la catastrofe ecologica, occorre instaurare un rapporto diverso con la Terra, basato non sul dominio ma sul rispetto.

I prossimi decenni saranno decisivi per il futuro della vita su questo pianeta. Non ci sarà alcun futuro se l’umanità non acquisisce la consapevolezza di far parte di un sistema in cui tutti gli organismi sono interdipendenti e collaborano insieme per la sopravvivenza.

“Werner Heisenberg, uno dei padri della meccanica quantistica, ripeteva sempre che tutto è relazione.

L’Universo non è formato dalla somma delle sue entità, ma dalla rete di connessioni che lo mantengono in equilibrio. Al centro dei nostri interessi non deve esserci il profitto, ma la vita. Se non la preserviamo, tutti gli altri progetti andranno in fumo. Da qui l’importanza di una ecoteologia della liberazione che promuova l’emergere di questa consapevolezza. Purtroppo i mezzi di comunicazione sono poco sensibili al tema della catastrofe collettiva. I dibattiti sui danni del capitalismo che si sono tenuti a partire dal 2001 nelle diverse edizioni del Word Social Forum hanno avuto scarsa risonanza, ma io spero che abbiano gettato i semi per la nascita di un’alternativa alla globalizzazione.

Dal punto di vista politico auspico l’avvento di una democrazia socio-cosmica, che riconosca il diritto di cittadinanza agli alberi, ai paesaggi, all’acqua e alle montagne. Jung aveva già intuito che il nostro modo di sfruttare la Terra può causare una crisi globale e che il cambiamento può scaturire soltanto da una relazione profonda con ciò che circonda il nostro Io.

Luigi Zoja:

Jung sostiene che è impossibile comprendere un problema osservandolo da un solo punta di vista. Tu ti appelli allo stesso principio quando affermi che nell’analisi dei problemi dell’ambiente non ci si può limitare a un solo aspetto, per esempio all’esaurimento delle risorse o all’estinzione di una specie. Il rispetto della Terra come sistema vitale unitario è un’archetipo da riattivare e appartiene alla dimensione del sacro: in certe culture “primitive” ci si preoccupa di chiedere scusa alla terra prima di usare l’aratro, perchè è come piantare un coltello nella pancia della propria madre. Simili riti sono espressione diretta di atteggiamenti psicologiciarchetipici: bisogni interiori che esistevano da sempre e mantenevano sia i rapporti sociali sia quelli con l’ambiente in un equilibrio immutabile. Naturalmente la produzione non aumentava, ma forse tutti avevano il necessario nell’alimentazione come negli affetti. Le cose sono cambiate sempre più vertiginosamente con lo sviluppo tecnico ed economico, con il capitalismo e il libero mercato globale.

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di Patrizia Gioia

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