Comportamenti e modalità di comunicazione su cui riflettere…..

Ho seguito con interesse il dibattito che si è svolto in Senato, con tanto di mascherina e distanziamento d’ordinanza, in vista dell’importante incontro di Bruxelles del 23 aprile, domani, quello in cui si dovrebbero operare scelte  fondamentali per il futuro dell’Italia. L’ho seguito ma, per la genericità degli argomenti, la relativa limitazione dei tempi di intervento (dieci minuti circa, quaranta al massimo per il Presidente Conte) mi hanno convinto, ancor di più, di due o tre cosette. Si parlava di MES, quindi di come riuscire ad avere finanziamenti dall’Europa in chiave “coronavirus” e non solo, dando seguito a due impegni internazionali sottoscritti dall’Italia nel 2010 e poi (con Monti) nel 2012. Non si è arrivati ad un documento ufficiale di sostegno alla politica del premier, per la verità non si è nemmeno cercato, lasciando quindi aperte le possibilità per le evoluzioni più varie, ciascuno con le proprie posizioni di schieramento. Se ne sono visti gli esiti il 23 ma, con quello che è successo con nomine ENI e con una ventina di figure piazzate in modalità “Prima Repubblica”, non c’è molto da attendersi. O, meglio, c’è da riconsiderare un modo di far politica tutto fondato sul presenzialismo, sugli scambi di appoggi e sulle cordate, sull’occupazione delle poltrone e sulla marginalizzazione degli organismi parlamentari. Verrebbe da scrivere “un modo concreto” di vivere l’agone politico, se non fosse che è proprio quel modo che non va bene. Così come non va bene, e lo vedremo tra poco, la “forzatura della notizia”, il condizionamento più o meno subdolo del lettore o dell’appassionato ai social. Senza nemmeno accorgersene. Come se ci fossimo tutti innestati un sistema per cui gli algoritmi sono diventati parte di noi stessi. D’altra parte su una lunghezza d’onda simile  sta il progressivo condizionamento operato da alcune testate giornalistiche nelle operazioni politiche di cui sopra. Con le direzioni dei giornali (nel caso specifico del “Fatto Quotidiano”) che vanno a contare più delle “forze politiche riconosciute”, e uso questo termine generico di proposito, vista l’inconsistenza attuale delle forme partito. L’ultimo passaggio sempre in merito alla recente vicenda Eni. E anche questo contribuisce ad allontanare, a non farsi coinvolgere… In aula, poi, la solita manfrina con i rappresentanti della maggioranza (e quindi anche dei “pentastellati”) a fare le capriole per mantenere ambiguità, posizioni elastiche e mille porte aperte… mentre – da parte delle forze di minoranza – si caricavano gli interventi al limite del lecito. Addirittura con la richiesta di dimissioni immediate al nostro buon Conte da parte del senatore Bagnai. Il solito teatrino della politica che non ci fa fare salti di qualità, che non ci permette di ridiscutere seriamente di scelte economiche a sfondo ecologico (con il riciclo e il riuso sempre e comunque come primo obiettivo) immaginando un modello di sviluppo basato su parametri più ampi del solo PIL. Un ragionamento che ha preso le mosse da più articoli riguardanti la “pandemia” da COVID19 e che, per un po’, si è concentrato sulla possibilità unica che ci stava concedendo questo strano agglomerato di proteine e tratti quasi viventi a tutte le popolazioni del mondo. Si è visto che la Terra respira con meno pressione umana, che ci potrebbe essere un altro modo di popolarla….. Poi, pian pianino, siamo tornati “alle solite”, con le schermaglie utili a confondere e a farsi confondere le idee. Ne è un esempio il testo “Coronavirus: Il grande insabbiamento della Cina” di Giulio Meotti del 13 aprile scorso (risultante da una rielaborazione dello stesso Meotti di quanto contenuto nel sito https://it.gatestoneinstitute.org/15887/coronavirus-cina-insabbiamento). L’autore è un uomo del “Foglio” e non ha problemi ad attaccare i nemici del momento: i Cinesi. Il testo è un esempio di informazione parziale, di interpretazione e “preparazione” del concetto base che resterà in memoria. Spesso, in questi casi di inizia con “pare”, “sembra” e, come si puo’ leggere, siamo in linea perfetta: “Sembra che i pipistrelli non siano stati venduti al mercato umido di Wuhan. In uno studio del gennaio scorso, The Lancet ha rilevato che il primo caso di Covid-19 a Wuhan non aveva alcun legame con il mercato.” E fin qui il colpo di mortaio. Non offrendo molti appigli certi al dato informativo, ma con un retrogusto amaro che non aiuta a comprendere le cose. Immediatamente, dopo, cambiando focalizzazione,  si passa a: “Un’altra persona è appena scomparsa. Ai Fen, un medico cinese, che (…) ha affermato che i suoi superiori avevano messo a tacere i suoi primi avvertimenti sul coronavirus, sembra essere svanita nel nulla. (…) Sono scomparsi anche i giornalisti che hanno visto quello che è accaduto a Wuhan” Sarà vero, non sarà vero? Mah…Tutto ammantato di mistero. Tutto utile per “raccontarcela”, proprio come è successo oggi in Senato, con nessuno che parli esi spieghi veramente. Comunque Miotti, caparbio, continua: “Nessuno è stato in grado di studiarlo. Come si può affermare che non sia sfuggito da un laboratorio, se non si può avere accesso al laboratorio? In effetti, abbiamo visto Pechino fare del proprio meglio per impedire ai virologi e agli epidemiologi di recarsi a Wuhan.” . Bene. Buono a sapersi in attesa di ulteriori conferme. Informazioni riprese (sempre secondo Miotti) da Gordon Chang,  dal  Die Weltwoche del  31 marzo 2020. D’altra parte il collegamento ci potrebbe essere.  A meno di 300 metri dal mercato del pesce si trova la filiale di Wuhan del “Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie.” E sempre con il tono del passaparola, del “sentito dire” … ma potrebbe essere vero, Meotti ci ricorda che: “Ricercatori di quella struttura e del vicino Istituto di Virologia di Wuhan hanno pubblicato articoli sulla raccolta dei campioni del coronavirus nei pipistrelli provenienti da tutta la Cina, allo scopo di studiarli per prevenire future malattie. Uno di questi campioni è sfuggito accidentalmente o sono stati depositati rifiuti pericolosi in un luogo da dove poi si è diffuso il virus?” Mah…Resta il fatto che i tests sui virus vengono fatti, non solo per ricavarne vaccini o altri componenti di farmaco, come è un dato di fatto che in dodici Nazioni del mondo esistono Centri specializzati nel confezionamento e nella sperimentazione di armi chimiche, tra cui i “coronavirus”. Il problema sta nel fatto che non ci giunge nessun chiarimento e non ci è possibile fare valutazioni sul campo, confondendo ancor di più i pochi dati a disposizione e facendone un uso mediatico, al massimo, generico. E’ questo che non piace a chi si informa, molti di più di quanto si possa pensare. Soprattutto non è gradita la genericità e l’approssimazione. Unici rimedi contro l’imperversare delle “fake news”. E…comunque…la ricerca della “canna fumante”, continua.

 Pier Luigi Cavalchini

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