Dalla Brexit alla Libia, l’Italia semplicemente non esiste

In un mondo globale e interdipendente le sorti di ogni Paese dipendono anche da come si colloca negli scenari internazionali. Il che richiede una politica estera e un sistema di relazioni ispirata da visione e strategie coerenti. Di questo l’attuale maggioranza di governo pare essere del tutto inconsapevole.

Lo dicono anche i fatti di questi giorni. In giornate cruciali per l’esito della Brexit, l’Italia è ai margini: Theresa May visita Bruxelles, Berlino e Parigi, ma non ritiene di visitare Roma. Il primo ministro belga invita i leader di Francia, Germania, Spagna, Olanda e Danimarca per un mini vertice di emergenza da cui l’Italia è esclusa. E non sono sufficienti i pur apprezzabili sforzi del Ministro Moavero per affermare una presenza italiana, a evitare una marginalità italiana visibile a occhio nudo.

Analogo scenario sulla Libia. L’enfasi con cui il governo esalto’ la Conferenza di Palermo come un punto di svolta nella crisi libica si è rivelata nulla più che un’opera di autopromozione. Le vicende drammatiche di queste ore indicano non solo un ulteriore precipitazione militare della crisi, ma la sostanziale irrilevanza di una iniziativa italiana.

Né può essere ignorata la sequenza di improvvisazioni e estemporanee decisioni assunte in un anno di governo: le irresponsabili polemiche contro la Commissione Europea, contro la Merkel, contro Macron; la ricerca di velleitarie alleanze con i gilet gialli (5Stelle) o con la Le Pen e partiti sovranisti dell’est (la Lega); la rinuncia alla riforma del Regolamento di Dublino e il rifiuto di sottoscrivere il Global Migration Compact proposto dall’ONU, in netta contraddizione con la richiesta di solidarietà europea e internazionale; l’improvvido annuncio di ritiro dall’Afghanistan non concordato con gli altri paesi impegnati in quel difficile teatro; il confuso balbettio sugli F35; l’irrisione del vasto movimento mondiale sul climate change; la riduzione dei fondi per la cooperazione allo sviluppo (ma non dovevamo “farli stare meglio la’”?); la freddezza di rapporti con i paesi di quel bacino mediterraneo così decisivo per il nostro Paese; l’ambigua posizione di Cinque Stelle sulla crisi in Venezuela (Di Battista inneggiava a Chavez) e le posizioni filo putiniane di Salvini.

Per non parlare del modo confuso e contraddittorio con cui viene gestito il rapporto con la Cina e il progetto della Via della Seta: senza concordare una linea con i nostri partner europei e senza garanzie che la cooperazione con Pechino  – certo necessaria e utile  – non metta a rischio settori economici e tecnologici sensibili. E mentre Macron vendeva 300 Airbus alla Cina, il governo esaltava “l’accordo per far arrivare in aereo le arance siciliane in Cina” (fatto peraltro contestato dai produttori perché troppo costoso).

Uno scenario reso confuso  – qualche volta perfino ridicolo  – dall’egocentrismo di Di Maio e Salvini che, senza alcuna competenza e esperienza internazionale, invadono ogni giorno le responsabilità del Ministro degli Esteri e del Presidente del Consiglio.

Gli esiti di tutto questo sono davanti a noi: l’isolamento internazionale, la irrilevanza dell’Italia sui principali dossier dell’agenda internazionale, l’inaffidabilità con cui il nostro Paese viene guardato nella comunità internazionale. Uno scenario che penalizza seriamente l’Italia e pregiudica gli interessi che il nostro Paese ha in tante parti del mondo.

di Piero Fassino

(“Democratica”, 9 aprile 2019)

Nota della Redazione. Riprendendo questo pezzo dall’Agenzia “Democratica”, ci piace notare che nella rubrica della RAI “Prima pagina” di questa mattina, Federico Fubini, illustando i giornali di oggi (10/4), informava che è stata indetta riunione dei ministri competenti di CINQUE paesi dell’Unione Europea per discutere sulla Brexit, e che tra questi – comprendenti Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna e Danimarca – non è stata invitata l’Italia. Evviva!

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