David Sassoli. Uno di noi

Veramente strana questa fase della politica italiana, soprattutto strani “noi” italiani, ormai abituati a tutto, perennemente critici con questo e con quello ma stupidamente incapaci di “leggere” i cambiamenti in corso. La nostra storia recente è un susseguirsi di interpretazioni a posteriori, quando qualcun altro ne ha già – a piene mani – beneficiato. Non ve ne siete ancora accorti?  E’ successo tra la metà degli anni Settanta e gli anni Novanta dello scorso secolo con lo smantellamento della struttura industriale italiana, facilitazioni e prebende comprese per pochi “informati” per tempo, senza che nessuno dicesse “beh”. E’ successo, più o meno, sempre nello stesso periodo, con l’aumento esponenziale del debito pubblico, criminalmente rimandato ai posteri (a “noi”) da una serie di figuri che hanno tenuto per anni  dicasteri di peso,  presidenze di associazioni industriali, sindacati, magistratura, arrivando anche – più volte – alla Presidenza del Consiglio. Un’Italia “mangiata”, debilitata un po’ alla volta, tradita,  tanto gli italiani non se ne accorgono o, comunque, se ne accorgeranno tardi.  Anche l’analisi di quanto successe in Italia tra la crisi del 2008 e il (quasi) golpe del 2011 sta lentamente uscendo dalle paludi del “sentito dire” e delle pregiudiziali di schieramento. Alla lunga, ciò che sembrava “il meglio” (il “post Berlusconi ultimo”) si è dimostrato per quello che è: un percorso differente, messo in atto  per correggere storture e prevenire sbandamenti rientrando al più presto nel  solito tran tran. L’adesione alle politiche deflattive europee, la progressiva diminuzione di autonomia nelle scelte industriali e commerciali, tutti fatti che hanno portato alla marginalizzazione dell’Italia. Esattamente cio’ che si voleva. Una Nazione del “Sud Europa” tollerata nel consesso europeo, almeno per come si è andata delineando fino ad oggi, con decine di “procedure di infrazione” in atto, coronate dall’ultimo richiamo della scorsa settimana, con forti preoccupazioni per la tenuta del sistema Italia.

Ecco perche’ il livello europeo è così importante e “girarsi dall’altra parte” non serve….Un’ Unione Europea che con la sua Banca Centrale ha fatto passi da gigante nel ridisegnare la mappa delle aree produttive del Vecchio Continente. Una Unione che ha badato prima di tutto agli aspetti economici di fondo, ritenendo secondari altri allineamenti. Non c’è un sistema fiscale unico, né una organizzazione amministrativa coordinata, non vi è praticamente una politica estera comune, soprattutto non si è saputo dare risposte alle emergenze di oggi. “Migrazioni in testa”. Di questo e molto altro David Sassoli, neo presidente del Parlamento Europeo, tratta in molti passaggi del suo intervento augurale. Così come ricorda come siano avvenuti “scambi “ al limite in ambiti importanti. “L’acciaieria, le auto, a me, l’agricoltura di qualità a te”, all’Italia giusto le briciole della Logistica, dell’agricoltura assistita e della gestione delle emergenze, specie quella “umanitaria”.

Ha vinto e continua a vincere il mantra  dell’accumulazione sine limes, delle facilitazioni offerte ad amici a prescindere da leggi e regolamenti, dei finanziamenti dati a chi era “dalla parte giusta” e continuamente lesinati a chi seguiva i canali consueti (e legali). Addirittura della complessificazione dei bandi, ben sapendo che l’utilizzo di tecnicismi e la complessificazione crescente , avrebbero fatto giustizia di tanti singoli, gruppi e associazioni legate a dinamiche del XX secolo. Tutte questioni affrontate di petto da David Sassoli, in questa recente seduta inaugurale e un po’ in tutto il suo iter parlamentare precedente.

Molti suoi interventi hanno riguardato le varie bolle speculative, a cominciare da chi – soprattutto commerciante – ha interpretato il cambio Lira x Euro nella curiosa equivalenza un euro uguale mille lire…. Oppure riferendosi a chi ha continuato a propagandare investimenti a sicuro rientro, con profitti da sogno, quando si sapeva da tempo che si trattava di una truffa neppure tanto camuffata. Ora ne paghiamo le conseguenze  con il coinvolgimento di (quasi) tutti i contribuenti italiani  sui cosiddetti “salvataggi delle banche” senza andare ad intaccare, anzi senza nemmeno mettere in discussione le vere cause del disastro. E proprio la riforma del sistema bancario sarà uno dei primi appuntamenti che vedranno impegnato il nostro David Sassoli.

Tutto questo all’interno di una fase politica estremamente complessa e contraddittoria.  Doveva essere l’alleanza di governo “del cambiamento”, doveva mostrare i muscoli all’Europa che è nata “in un certo modo” e tende a non cambiare, soprattutto aspirava a diventare l’unica nuova area in cui sarebbe stato possibile far politica, cioè esercitare il potere di impegno delle somme a disposizione, superando di fatto il tradizionale emiciclo settecentesco con le sacre divisioni fra destra, centro e sinistra.

Niente di tutto ciò. Chi sta facendo la figura migliore è il Presidente Conte, perfettamente calato nella parte di (pseudo)tecnico prestato alla politica, chi si salva è il prof. Tria, ben attento a non disturbare i “manovratori” della finanza e dei poteri forti, a salvarsi sono figure poco appariscenti come Moavero o Costa, sempre con piglio volutamente tecnico. A perdere terreno sono, in quest’ultima fase, i leghisti, sia quelli della prima ora , sia i “salviniani”,  molto attenti ad interpretare la pancia e la “reazione” da sempre presente in tutta Italia, a nord come a sud. Di qui i conflitti con la Magistratura, il tentativo di screditarla ben oltre alcuni fatti circoscritti, di qui la continuità con le politiche dell’ “annuncite” con “Flat tax” e “reddito di cittadinanza” che continuano a cambiare profilo e, soprattutto, ad adeguarsi agli standard europei in fatto di tassazione e assistenza. Una continuità, di fatto, con “la politica del rigore” di Monti e, sostanzialmente di buona parte del centrosinistra al potere in questi anni. Niente di male… siamo nella fase della pressione (come la definisce Sassoli) per ottenere qualcosa di importante, soprattutto dall’Unione Europea, per cui ben venga un rinsavimento ed un ritorno alla durezza dei numeri.

Perfettamente inserito in questo quadro, tutto il comportamento dei “giallo-verdilega” nelle prime settimane di attività del nuovo Parlamento Europeo, con una serie di sbandate antisistema (a cui non credevano nemmeno loro) e conseguenti avvicinamenti al gruppo di Visegrad, con il risultato di fare  un favore a Francesi e Tedeschi. Troppo ghiotta l’occasione di piazzare l nomi di rilievo in cariche importanti come la “Commissione Europea” e la “BCE” (*). Ancor meno logico, se non fosse in linea con un “ravvedimento” della componente più “concreta” dei rappresentanti del nostro Governo, l’appoggio – seppure indiretto – offerto al pluriparlamentare europeo di area PD David Sassoli che, in questo modo, si trova ad essere il Presidente del Parlamento Europeo con il non secondario obiettivo di indebolire ulteriormente la fronda italiana che stava montando nel massimo consesso europeo.

La sua è stata una affermazione chiara e significativa specie per un gruppo “tradizionale” di forze politiche che partono dai Socialisti dello PSE per passare ai Popolari e a tutte le varie rappresentanze liberaldemocratiche, civiche e ambientaliste presenti nell’assemblea di Bruxelles.

Il suo primo intervento è netto e ben determinato rispetto ad obiettivi e modalità. Duro sulle tematiche dell’integrazione e sul c.d. “sovranismo”, preciso e documentato nell’elencare i risultati, ma anche gli insuccessi e le mancanze di queste ultime legislature europee. In alcuni passaggi persino entusiasmante, come quando ha ricordato: “diciamolo noi, visto che altri a Est o ad Ovest, o a Sud fanno fatica a riconoscerlo, che tante cose ci fanno diversi – non migliori, semplicemente diversi – e che noi europei siamo orgogliosi delle nostre diversità. Ripetiamolo perché sia chiaro a tutti che in Europa nessun governo può uccidere, che il valore della persona e la sua dignità sono il nostro modo per misurare le nostre politiche… ….che da noi nessuno può tappare la bocca agli oppositori, che i nostri governi e le istituzioni europee che li rappresentano sono il frutto della democrazia e di libere elezioni… ….che nessuno può essere condannato per la propria fede religiosa, politica, filosofica… che da noi ragazze e ragazzi possono viaggiare, studiare, amare senza costrizioni… ….che nessun europeo può essere umiliato e emarginato per il proprio orientamento sessuale… che nello spazio europeo, con modalità diverse, la protezione sociale è parte della nostra identità, ….che la difesa della vita di chiunque si trovi in pericolo è un dovere stabilito dai nostri Trattati e dalle Convenzioni internazionali che abbiamo stipulato. Il nostro modello di economia sociale di mercato va rilanciato. Le nostre regole economiche devono saper coniugare crescita, protezione sociale e rispetto dell’ambiente”.  Riflessioni ed impegni che, da soli, giustificherebbero il risultato. Ricordo che David Sassoli ha avuto al secondo turno 345 voti su 667, ovvero la maggioranza assoluta e che, insieme a chi sarà alla guida della Commissione Europea (Ursula von der Leyen) e alla presidenza della Banca Centrale Europea  (Christine Lagarde), potrebbe  fornire quel “surplus” di forza essenziale per il rinnovamento delle istituzioni europee. D’altra parte è lo stesso ex giornalista RAI a ricordarci che:   “In questi mesi, in troppi, hanno scommesso sul declino di questo progetto (l’Unione Europea), alimentando divisioni e conflitti che pensavamo essere un triste ricordo della nostra storia. I cittadini hanno dimostrato invece di credere ancora in questo straordinario percorso, l’unico in grado di dare risposte alle sfide globali che abbiamo davanti a noi”. Divisioni e conflitti che sono ben presenti nell’agenda di Sassoli, essendo stato lui – con pochi altri – a stigmatizzare nel 2010 il “comportamento assurdamente poco efficace” delle forze europee in un po’ tutte le aree di crisi in cui si trovarono a cimentarsi. Come fu lui a fronteggiare per primo, nel 2014, un tracotante rappresentante della “Brexit” (Farrage) definendo la scelta di andarsene dall’Europa “un danno per tutti. più ancora che per l’economia per aver leso i sentimenti profondi che legano tutti gli Europei”. Infine, sempre riprendendo il suo discorso inaugurale, si è espresso chiaramente su questioni delicate:   “Siamo immersi in trasformazioni epocali: disoccupazione giovanile, migrazioni, cambiamenti climatici, rivoluzione digitale, nuovi equilibri mondiali, solo per citarne alcuni, che per essere governate hanno bisogno di nuove idee, del coraggio di saper coniugare grande saggezza e massimo d’audacia”.

Concludendo poi in questo modo: “L’Europa ha ancora molto da dire se noi, e voi, sapremo dirlo insieme. Se sapremo mettere le ragioni della lotta politica al servizio dei nostri cittadini, se il Parlamento ascolterà i loro desideri e le loro paure e le loro necessità.” Si può davvero affermare che le premesse ci sono tutte per un buon lavoro, per cui l’appellativo “uno di noi” è completamente meritato. Come è evidente la trasformazione in atto di tutta la compagine “giallo-verdelega”. Ci accorgeremo presto gli esiti della mutazione (ancora una volta in ritardo). La cartina “al tornasole” sarà la fase precedente alle sedute di rinnovo del Presidente della Repubblica. per il resto “piccolo cabotaggio” silenziosamente accodati alle barche grandi e piccole della UE.

 

Ecco il testo integrale del suo discorso inaugurale

(…) In questo momento, al termine di una intensa campagna elettorale, ha inizio una legislatura che gli avvenimenti caricano di grande responsabilità perché nessuno può accontentarsi di conservare l’esistente. Ce lo dice il risultato elettorale, ce lo testimonia la stessa composizione di questa Assemblea.

2  Siamo immersi in trasformazioni epocali: disoccupazione giovanile, migrazioni, cambiamenti climatici, rivoluzione digitale, nuovi equilibri mondiali, solo per citarne alcuni, che per essere governate hanno bisogno di nuove idee, del coraggio di saper coniugare grande saggezza e massimo d’audacia. Dobbiamo recuperare lo spirito di Ventotene e lo slancio pionieristico dei Padri Fondatori, che seppero mettere da parte le ostilità della guerra, porre fine ai guasti del nazionalismo dandoci un progetto capace di coniugare pace, democrazia, diritti, sviluppo e uguaglianza. In questi mesi, in troppi, hanno scommesso sul declino di questo progetto, alimentando divisioni e conflitti che pensavamo essere un triste ricordo della nostra storia. I cittadini hanno dimostrato invece di credere ancora in questo straordinario percorso, l’unico in grado di dare risposte alle sfide globali che abbiamo davanti a noi. Dobbiamo avere la forza di rilanciare il nostro processo di integrazione, cambiando la nostra Unione per renderla capace di rispondere in modo più forte alle esigenze dei nostri cittadini e per dare risposte vere alle loro preoccupazioni, al loro sempre più diffuso senso di smarrimento. La difesa e la promozione dei nostri valori fondanti di libertà, dignità e solidarietà deve essere perseguita ogni giorno dentro e fuori l’Ue.

3 Cari colleghi, pensiamo più spesso al mondo che abbiamo, alle libertà di cui godiamo…. E allora diciamolo noi, visto che altri a Est o ad Ovest, o a Sud fanno fatica a riconoscerlo, che tante cose ci fanno diversi – non migliori, semplicemente diversi – e che noi europei siamo orgogliosi delle nostre diversità. Ripetiamolo perché sia chiaro a tutti che in Europa nessun governo può uccidere, che il valore della persona e la sua dignità sono il nostro modo per misurare le nostre politiche… ….che da noi nessuno può tappare la bocca agli oppositori, che i nostri governi e le istituzioni europee che li rappresentano sono il frutto della democrazia e di libere elezioni… ….che nessuno può essere condannato per la propria fede religiosa, politica, filosofica… che da noi ragazze e ragazzi possono viaggiare, studiare, amare senza costrizioni… ….che nessun europeo può essere umiliato e emarginato per il proprio orientamento sessuale… che nello spazio europeo, con modalità diverse, la protezione sociale è parte della nostra identità, ….che la difesa della vita di chiunque si trovi in pericolo è un dovere stabilito dai nostri Trattati e dalle Convenzioni internazionali che abbiamo stipulato. Il nostro modello di economia sociale di mercato va rilanciato. Le nostre regole economiche devono saper coniugare crescita, protezione sociale e rispetto dell’ambiente.

4 Dobbiamo dotarci di strumenti adeguati per contrastare le povertà, dare prospettive ai nostri giovani, rilanciare investimenti sostenibili, rafforzare il processo di convergenza tra le nostre regioni ed i nostri territori. La rivoluzione digitale sta cambiano in profondità i nostri stili di vita, il nostro modo di produrre e di consumare. Abbiamo bisogno di regole che sappiano coniugare progresso tecnologico, sviluppo delle imprese e tutela dei lavoratori e delle persone. Il cambiamento climatico ci espone a rischi enormi ormai evidenti a tutti. Servono investimenti per tecnologie pulite per rispondere ai milioni di giovani che sono scesi in piazza, e alcuni venuti anche in quest’Aula, per ricordarci che non esiste un altro pianeta. Dobbiamo lavorare per una sempre più forte parità di genere e un sempre maggior ruolo delle donne ai vertici della politica, dell’economia, del sociale. Signore e Signori, questo è il nostro biglietto da visita per un mondo che per trovare regole ha bisogno anche di noi. Ma tutto questo non è avvenuto per caso. L’Unione europea non è un incidente della Storia. Io sono figlio di un uomo che a 20 anni ha combattuto contro altri europei, e di una mamma che, anche lei ventenne, ha lasciato la propria casa e ha trovato rifugio presso altre famiglie.

5 Io so che questa è la storia anche di tante vostre famiglie… e so anche che se mettessimo in comune le nostre storie e ce le  raccontassimo davanti ad un bicchiere di birra o di vino, non diremmo mai che siamo figli o nipoti di un incidente della Storia. Ma diremmo che la nostra storia è scritta sul dolore, sul sangue dei giovani britannici sterminati sulle spiagge della Normandia, sul desiderio di libertà di Sophie e Hans Scholl, sull’ansia di giustizia degli eroi del Ghetto di Varsavia, sulle primavere represse con i carri armati nei nostri paesi dell’Est, sul desiderio di fraternità che ritroviamo ogni qual volta la coscienza morale impone di non rinunciare alla propria umanità e l’obbedienza non può considerarsi virtù. Non siamo un incidente della Storia, ma i figli e i nipoti di coloro che sono riusciti a trovare l’antidoto a quella degenerazione nazionalista che ha avvelenato la nostra storia. Se siamo europei è anche perché siamo innamorati dei nostri Paesi. Ma il nazionalismo che diventa ideologia e idolatria produce virus che stimolano istinti di superiorità e producono conflitti distruttivi. Colleghe e colleghi, abbiamo bisogno di visione e per questo serve la politica. Sono necessari partiti europei sempre più capaci di essere l’architrave della nostra democrazia. Ma dobbiamo dare loro nuovi strumenti. Quelli che abbiamo sono insufficienti. Questa legislatura dovrà rafforzare le procedure per rendere il Parlamento protagonista di una completa democrazia europea. Ma non partiamo da zero, non nasciamo dal nulla.

6 L’Europa si fonda sulle sue Istituzioni, che seppur imperfette e da riformare, ci  hanno garantito le nostre libertà e la nostra indipendenza. Con le nostre Istituzioni saremo in grado di rispondere a tutti coloro che sono impegnati a dividerci. E allora diciamo in quest’Aula, oggi, che il Parlamento sarà garante dell’indipendenza dei cittadini europei. E che solo loro sono abilitati a scrivere il proprio destino: nessuno per loro, nessuno al posto nostro. In quest’aula insieme a tanti amici e colleghi con molta esperienza, vi sono anche tantissimi deputati alla prima legislatura. A loro un cordiale saluto di benvenuto. Ho letto molte loro biografie e mi sono convinto si tratti di una presenza molto positiva per loro competenze, professionalità. Molti di loro sono impegnati in attività sociali o di protezione delle persone, e questo è un campo su cui l’Europa deve migliorare perché abbiamo il dovere di governare i fenomeni nuovi. Sull’immigrazione vi è troppo scaricabarile fra governi e ogni volta che accade qualcosa siamo impreparati e si ricomincia daccapo. Signori del Consiglio Europeo, questo Parlamento crede che sia arrivato il momento di discutere la riforma del Regolamento di Dublino che quest’Aula, a stragrande maggioranza, ha proposto nella scorsa legislatura. Lo dovete ai cittadini europei che chiedono più solidarietà fra gli Stati membri; lo dovete alla povera gente per quel senso di umanità che non vogliamo smarrire e che ci ha fatto grandi agli occhi del mondo.

7 Molto è nelle vostre mani e con responsabilità non potete continuare a rinviare le decisioni alimentando sfiducia nelle nostre comunità, con i cittadini che continuano a chiedersi, ad ogni emergenza: dov’è l’Europa? Cosa fa l’Europa? Questo sarà un banco di prova che dobbiamo superare per sconfiggere tante pigrizie e troppe gelosie. E ancora, Parlamento, Consiglio e Commissione devono sentire il dovere di rispondere con più coraggio alle domande dei nostri giovani quando chiedono a gran voce che dobbiamo svegliarci, aprire gli occhi e salvare il pianeta. Mi voglio rivolgere a loro: considerate questo Parlamento, che oggi inizia la sua attività legislativa, come il vostro punto di riferimento. Aiutateci anche voi a essere più coraggiosi per affrontare le sfide del cambiamento. Voglio assicurare al Consiglio e alle Presidenze di turno la nostra massima collaborazione e lo stesso rivolgo alla Commissione e al suo Presidente. Le Istituzioni europee hanno la necessità di ripensarsi e di non essere considerate un intralcio alla costruzione di un’Europa più unita. Tramite il Presidente del Consiglio europeo voglio rivolgere anche un saluto, a nome di quest’Aula, ai Capi di Stato e di Governo. Ventotto paesi fanno grande l’Unione europea. E si tratta di 28 Stati, dal più grande al più piccolo, che custodiscono tesori unici al mondo. Tutti vengono da lontano e posseggono cultura, lingua, arte, paesaggio, poesia inimitabili e inconfondibili. Sono il nostro grande patrimonio e tutti meritano rispetto. Ecco perché quando andrò a visitarli, a nome vostro, non sarò mai distratto.

8 E davanti alle loro bandiere e ai loro inni sarò sull’attenti anche a nome di coloro che, in quest’Aula, non mostrano analogo rispetto. Lasciatemi infine rivolgere un saluto ai parlamentari britannici, comunque la pensino sulla Brexit. Per noi immaginare Parigi, Madrid, Berlino, Roma lontane da Londra è doloroso. Sì sappiatelo, con tutto il rispetto che dobbiamo per le scelte dei cittadini britannici, per noi europei si tratta di un passaggio politico che deve essere portato avanti con ragionevolezza, nel dialogo e con amicizia, ma sempre nel rispetto delle regole e delle rispettive prerogative. Voglio salutare i rappresentanti degli Stati che hanno chiesto di aderire all’Unione europea. Il loro percorso è avviato per loro libera scelta. Tutti capiscono quanto sia conveniente far parte dell’Unione. Le procedure di adesione proseguono e il Parlamento si è detto più volte soddisfatto dei risultati raggiunti. Infine, un in bocca al lupo a tutta l’amministrazione e ai lavoratori del Parlamento. Ci siamo dati un obbiettivo nella scorsa legislatura: far diventare il Parlamento europeo la Casa della democrazia europea.

9 Per questo abbiamo bisogno di riforme, di maggiore trasparenza, di innovazione. Molti risultati sono stati raggiunti, specie sul bilancio, ma questa legislatura deve dare un impulso maggiore. Per fare questo c’è bisogno di un maggior dialogo fra parlamentari e amministrazione e sarà mia cura svilupparlo. Care colleghe e cari colleghi, l’Europa ha ancora molto da dire se noi, e voi, sapremo dirlo insieme. Se sapremo mettere le ragioni della lotta politica al servizio dei nostri cittadini, se il Parlamento ascolterà i loro desideri e le loro paure e le loro necessità. Sono sicuro che tutti voi saprete dare il necessario contributo per un’Europa migliore che può nascere con noi, con voi, se sapremo metterci cuore e ambizione. Grazie e buon lavoro.

Scheda: “Chi è David Sassoli”

Dai primi passi nei quotidiani locali al Parlamento Europeo: quella di David Maria Sassoli, del gruppo socialdemocratico, è una storia umana e politica legata in maniera indissolubile al Partito Democratico. Gli esordi da giornalista lo vedono impegnato lontano dai riflettori dei media mainstream, nelle testate locali e nelle agenzie di Firenze, dove Sassoli nasce nel 1956. Poi passa alla redazione romana de Il Giorno dove, per sette anni, racconta la politica e non solo. Il 3 luglio 1986, a trent’anni, diventa giornalista professionista. Nel 1992 entra in Rai come inviato di cronaca del Tg3. Il suo volto entra nelle case degli italiani che imparano a conoscerlo anche per la collaborazione con l trasmissione Il Rosso e il Nero, di Michele Santoro. Nel 1996 gli viene affidata la sua prima trasmissione, Cronaca in Diretta, un contenitore di Rai 2 e, poco tempo dopo, passa a condurre Prima, rotocalco quotidiano del Tg1. Passa a condurre il Tg1 delle 13.30, poi quello delle 20 e infine, con Gianni Riotta alla direzione, diventa vicedirettore della testata della rete ammiraglia del servizio pubblico.

L’incontro con la politica avviene grazie a un sindaco di Roma che vuole fondare un partito, mettendo insieme le due grandi tradizione della politica italiana, quella di sinistra del Pci-Pds-Ds e quella cattolica e popolare della Dc poi confluita nella Margherita: è uno dei primissimi ‘nativi dem’ visto che aderisce al partito non appena Walter Veltroni tiene a battesimo la propria creatura politica. Lo fa candidandosi con successo alle elezioni europee del 6 e 7 giugno 2009 come capolista nell’Italia Centrale e raccoglie 412.500 preferenze, un record che gli frutta il ‘titolo’ di primo eletto nella sua circoscrizione oltre a quello di capogruppo del Pd all’Europarlamento.

Tre anni dopo Sassoli fa i conti con una prima delusione: è il 2012, a Roma si vota dopo cinque anni di governo di centrodestra. Il Pd sente in mano la vittoria, ma è anche atteso alle primarie per la scelta del candidato sindaco. Allo start sono in tre: David Sassoli, Paolo Gentiloni e Ignazio Marino, il chirurgo genovese passato per un incarico come senatore del Pd. A vincere sarà Marino, seguito da Sassoli e da Gentiloni.

Si ricandida alle elezioni Europee nel 2014, quelle del 40,8% del Partito Democratico. Le preferenze per lui si dimezzano, ma il suo lavoro tra i banchi di Bruxelles e Strasburgo è riconosciuto dai compagni del Pse – nel quale il Pd è confluito per scelta dell’allora segretario Matteo Renzi – e dagli avversari. Il 1° luglio di quell’anno diventa vicepresidente del Parlamento Europeo con 393 voti, risultando il secondo più votato in quota Pd-Pse. L’ultimo capitolo della sua carriera è storia recente: alle elezioni di maggio ottiene 128.533 preferenze, ottenendo la terza elezione.

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*