Destino segnato se la sinistra cerca sponde con M5S o Lega

Cosa deve ancora succedere perché la sinistra comprenda che se non vuole estinguersi deve affrontare una lunga e difficile traversata del deserto e che non ci sono scorciatoie che portano al governo? In questo nostro strano Paese, in passato sempre allertato da una sinistra vigile e reattiva, ora sono la cultura liberale e quella cattolica a lanciare il grido d’allarme sui rischi che il governo gialloverde sta facendo correre alla nostra democrazia. Basta ricordare, a proposito, l’appassionato intervento parlamentare di Emma Bonino e l’esplicita indicazione sulla stampa dei vescovi della pericolosità leghista. E la sinistra? Al di là di qualche protesta di circostanza in parlamento, in quasi un anno ormai dalle elezioni, praticamente non è esistita.

        I postcomunisti , i postsocialisti e i postdemocratici non hanno più nulla da dire. Storditi dalla sconfitta, non si sono ancora resi conto pienamente della portata del disastro, del cambio di fase storica che il 4 marzo ha determinato. E così sparano vecchie cartucce con fucili che fanno cilecca. Benché appaiano ad una opinione pubblica larga privi di credibilità, delegittimati e praticamente impresentabili, senza una strategia, una prospettiva, un progetto pensano sempre alla scorciatoia del governo, proprio quando il compito da svolgere è quello dell’opposizione. Ha ragione Marco Revelli quando scrive che la sinistra si è ridotta a pensare solo al potere: <<potere senza egemonia, potere senza coscienza, infine potere senza potere, emblema di una sinistra incosciente e inconsistente, priva di radicamento sociale e di orizzonte ideale>>.

        Con tutti i guai che abbiamo come Paese, e con tutte le prove negative che il governo gialloverde sta offrendo, la sinistra rimasta non trova di meglio da fare che chiedersi chi sia tra i 5Stelle e la Lega il meno peggio.  E’ incredibile, come sottolinea indignato Michele Prospero, che <<la sola ossessione che agita la sinistra in rischio di estinzione sia quella di scegliere un interlocutore nel campo avversario>>. Così c’è chi corteggia la Lega condividendo il suo sovranismo e c’è chi vuole dialogare con i 5Stelle perché ritenuti non proprio lontani dalla sinistra. Fassina e D’Attorre sono attratti dal patriottismo di Salvini e il governatore della Puglia, anche dirigente nazionale del PD, non fa molto per sottrarsi all’impressione di aver attivato una strategia dell’attenzione anche nei confronti della Lega (come leggere infatti la rinuncia della Puglia a ricorrere alla Consulta contro il decreto Salvini e l’impegno di far passare il principio leghista dell’autonomia differenziata?).  D’Alema, ed altri , sono attratti invece dal movimento pentastellato ritenuto fornito di venature di sinistra a la Fico e depositario solo momentaneo di voti che appartengono ad altri.

        L’argomento che si cerca di accampare per giustificare in qualche modo questa condotta attendista è che così faceva anche il ‘glorioso’ PCI con le correnti democristiane e che così è stato fatto con un certo successo con la Lega nel ’94.Ma più che una giustificazione questo appare un’aggravante della attuale miopia analitica della sinistra perché si fa riferimento impropriamente a situazioni e contesti del tutto diversi, caratterizzati, nel caso del PCI, da una  presenza politica, numerica e organizzativa straordinaria, e, per quanto riguarda il ’94, dalla presenza di una sinistra che comunque numericamente era forza alternativa allo schieramento opposto. Ora che la coalizione di sinistra è solo terza, continuando a dire e a credere che i 5Stelle hanno in qualche modo una vicinanza con la sinistra non si fa altro che accreditarli come l’effettiva e sola alternativa ad una destra con la quale sono attigui. Insomma, se la sinistra vuole tornare ad essere alternativa deve pensare a vincere e deve smascherare il carattere sostanzialmente di destra dei 5Stelle al governo .

        Inseguire la tattica della ricerca di separare le due attuali forze di destra al governo è non solo sbagliato, ma inutile. Sbagliato, per le ragioni dette prima. Inutile, perché le accomuna una solida cultura di destra. Tutta l’azione di governo finora svolta sta a documentarlo. Le apparenti e tattiche differenze sono soltanto la diversa declinazione di valori comuni. Le concessioni sociali sostenute dai 5Stelle –che tanto hanno disorientato una sinistra senza cultura politica- non sono altro che diversivi elettorali e, come ha detto qualcuno, <<effimere e strumentali suggestioni occasionali, non il frutto di una lettura critica del moderno>>.

        Se la sinistra vuole riprendersi i suoi elettori, deve farlo rinunciando a tattiche momentanee. Se li può riprendere solo con una politica dallo sguardo lungo, di lunga lena, con un progetto credibile, con una azione costante di rinnovato radicamento sociale, con una cultura di spessore. Altrimenti: la sinistra finisce.

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