Facezie

Ho voglia di facezie per ritrovare un po’ di leggerezza: chiudere gli occhi ogni tanto su quanto accade mi consente di affrontare la quotidianità con spirito costruttivo e dunque non mi sento proprio in colpa.

Concentrarsi sullo specchio è da alcuni considerato un segno di superficialità senza tener conto di quanto l’estetica, non solo in senso filosofico, possa essere la grammatica della vita quando la si intenda come strumento di benessere.

La sensazione claustrofobica originata dall’esser chiusa in casa per giorni ai tempi del Covid fu in parte, pur minima, contrastata dalla volontà di non cedere al disarmo: l’abbruttimento, contrassegnato da una sorta d’abbandono al peggio, è stato causa di forme depressive più significative per le donne, attente alla loro immagine.

Intanto, dietro a questa esposizione di pensieri faceti, la cronaca televisiva mi fa da sottofondo … . La riga di matita ora è un baffo fuori posto: la voce del cronista informa che le bombe israeliane sono cadute sull’ospedale a Gaza e che sono quattrocento i bambini uccisi dall’inizio delle ostilità.

Mi sento stupida e superficiale con questa matita sospesa in mano. Non mi basta la giustificazione che bisogna pur vivere … e perchè gli altri no? Ora non mi aiuta nemmeno completare il trucco con tutti gli ammennicoli che una donna anni sessanta come me ha recepito come diktat per migliorarsi.

Cosa posso fare io scrivendo parole, forse lette da qualcuno, che non incidono minimamente sulla realtà?

Poso la matita verde scuro rimanendo truccata un occhio sì uno no: il rigurgito di antisemitismo mi sorprende, indigna, e spaventa per quella parte di umanità che non cessa di esistere, autentica cancrena di un corpo della società generatrice di violenza e l’ignoranza di cui è improntata, si sa, non possiede memoria: vorrei non crederlo ma è così … ancora e ancora dalla notte dei tempi.

‘’Di tutte le bestie la più bestia è l’uomo’’ diceva Shakespeare e quando da ragazzina leggevo delle efferatezze compiute nel corso della Storia mi dicevo che erano proprio cose della Storia e non dei tempi nostri. Mi sbagliavo.

Sentendomi quasi in colpa di appartenere al genere umano, mi chiedo quanto la parola sia l’unico strumento che mi resti per non affondare nel mare dell’indifferenza.

Mi sono allungata entrambi gli occhi con la matita da assomigliare al sarcofago di Tutankhamon.

Oggi ho proprio bisogno di esagerare.

Marina Elettra Maranetto

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*