Fulvio Fammoni*: “Un confronto retributivo fra l’Italia e le maggiori economie dell’Eurozona”

Con piacere pubblichiamo (e condividiamo pienamente) l’analisi del Presidente della Fondazione Di Vittorio. Poco da aggiungere, documentazione ineccepibile e considerazioni pacate ed efficaci (n.d.r.)

Mille euro persi in 7 anni. I salari degli italiani sono stagnanti, aumenta il lavoro povero e calano gli investimenti

Il report della Fondazione Di Vittorio (www.fondazionedivittorio.it) mette a confronto le retribuzioni del lavoro dipendente in Italia con quelle delle altre 5 maggiori economie dell’Eurozona, utilizzando dati elaborati dall’OCSE.

Nel 2017 le retribuzioni medie italiane nella statistica dell’OCSE sono pari a 29.214 euro lordi annui, in lievissima crescita rispetto al 2001, in diminuzione rispetto al 2010 e rispetto al biennio 2015-2016. Il divario nei livelli retributivi rispetto alle altre economie non solo è ampio ma si è andato allargando dal 2010 in poi. Le retribuzioni annue tedesche, invece, sono cresciute in modo consistente negli anni più recenti; in Francia, e in misura più contenuta, anche in Olanda e Belgio, sono calate nel 2017 ma registrano comunque una crescita rispetto all’inizio degli anni 2000.

Simile a quello italiano, si presenta il caso della Spagna. Il dato retributivo medio è calcolato dall’OCSE riportando tutte le retribuzioni a un impiego continuativo full-time. Procedura che consente di pervenire a un dato omogeneo e confrontabile fra i diversi Stati, ma che non tiene conto degli effetti negativi sia sulle condizioni individuali sia di come la forte crescita di lavori temporanei e part-time incide sul dato generale.

Il part time italiano -infatti- è fortemente cresciuto negli ultimi anni, prevalentemente nella sua componente involontaria, ha una penalizzazione sulla retribuzione oraria molto più alta della media europea (70,1 % rispetto al lavoro full time, contro 83,6%). Così come, incide fortemente la crescita della discontinuità nel lavoro degli oltre 3 milioni di lavoratori temporanei. Questo comporta, che circa 4,3 milioni di lavoratori dipendenti hanno una retribuzione lorda fino a 10 mila euro l’anno, di cui 2,4 milioni arriva solo a 5 mila euro.

Questi dati incidono per una percentuale di lavoratori sul totale degli occupati, di oltre il 32% fino a 10 mila euro annui di reddito. Questo divario non si riduce neanche nel caso delle retribuzioni nette negli esempi presi a riferimento dall’OCSE relativamente ad alcune tipologie familiari. L’alta pressione fiscale sui salari italiani (imposta personale sul reddito e contributi a carico dei dipendenti), nel quadro di un cuneo fiscale complessivo sul costo del lavoro parimenti elevato, non produce alcun riequilibrio rispetto alla situazione osservata per le retribuzioni lorde.

I dati confermano che, il divario negativo italiano sullo sviluppo non può essere riconducibile alle retribuzioni; il problema risiede invece, come anche l’ISTAT certifica nel suo ultimo “Report sull’andamento del PIL”, principalmente nella carenza di investimenti (pubblici e privati), che determinano la bassa crescita e il ristagno della nostra base produttiva e occupazionale.

Il tema dei redditi può e deve essere affrontato in più modi: un intervento su quantità e qualità dell’occupazione, relativo allo scarso tasso di occupazione e al continuo incremento del lavoro povero; una nuova fase di contrattazione, a tutti i livelli, che aumenti assieme al salario nazionale la diffusione della contrattazione di 2° livello; una vera e importante riforma fiscale, di carattere fortemente progressivo, che recuperi risorse vero le retribuzioni.

Visto l’ampio distacco cumulato con altri paesi europei, occorrerà agire su tutte queste leve. In una fase di sviluppo naturalmente sarebbe più semplice, ma all’obiezione, che sarà avanzata rispetto al consistente rallentamento dell’economia in atto, si può rispondere che già troppe volte, anche nella fasi di ripresa, le retribuzioni dei lavoratori italiani non sono adeguatamente cresciute. In realtà, la scarsa crescita delle retribuzioni è uno degli effetti, ma anche causa, dello scarso sviluppo del nostro paese; provoca gravi disagi alla condizione delle persone, fa lievitare un lavoro povero e rappresenta una delle cause della permanente situazione emergenziale dei conti pubblici italiani.

 

10 marzo 2019

*Presidente Fondazione Di Vittorio

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