Gli effetti collaterali del virus

Cominciamo finalmente a capirlo.  Il prezzo economico pagato alla pandemia – o infodemia – sarà, per usare un eufemismo, salatissimo. E, passata l’onda di piena del contagio, si potrà solo sperare che l’Europa ci dia una mano a risollevarci. Però, di questa catastrofe non resteranno solo macerie da rimuovere. Ma anche alcuni cambiamenti importanti nella nostra organizzazione sociale. Effetti collaterali del virus, su cui fin d’ora cominciare a riflettere, per provare a farne tesoro.

Mettiamo per un momento da parte quelli – forse – più importanti, ma difficili al momento da stimare e, soprattutto, controllare. L’esplosione della biopolitica – di cui ha parlato Roberto Esposito su Repubblica – ha accentuato in misura esponenziale quel sentimento di volatilità e fragilità che da tempo mina le nostre democrazie. E certo non aiuta la scoperta di quanto sia sottilissimo e precario il tessuto delle reti globali fisiche – merci, persone, trasporti – che fino a ieri celebravamo come il mantra del ventunesimo secolo. Però, proprio questa improvvisa morbosità della realtà materiale ha rilanciato la funzione ed estensione della infrastruttura digitale che è diventata una protesi di tante nostre attività. E che questa crisi finirà col potenziare notevolmente.

Facciamo tre esempi, balzati in questi giorni all’attenzione pubblica. Il primo – in negativo – è il ritardo nella informatizzazione del nostro sistema sanitario. Pur godendo di una natura pubblica che ne uniforma le procedure su tutto il territorio nazionale, la gestione dell’emergenza ha denunciato la frammentazione localistica di decisioni, strutture, competenze. Una risposta a macchia di leopardo che ha messo in luce tante eccellenze, professionali e umane, ma che sarebbe stata ben diversamente efficace se il quadro diagnostico del progredire del virus non fosse stato affidato ai pletorici, politichesi e confusionari comunicati stampa delle varie potestà istituzionali. Ma avesse potuto fare affidamento su una gestione centralizzata e tempestiva dei dati, quale le moderne tecnologie potrebbero garantire in tempo reale. Auspicio per il dopo-virus: un salto di qualità e quantità nella diffusione dell’e-health.

Il salto, per fortuna, c’è già stato in un altro settore che promette miglioramenti rapidi e pervasivi: l’elearning di qualità, nelle scuole e nelle università. Abbiamo, con piacevole sorpresa, scoperto quanti istituti superiori sono già in condizione di integrare l’insegnamento in classe con sussidi didattici a distanza. E quanto rapidamente un Ateneo – vedi il caso di Polimi – possa mettere in rete tutti i suoi studenti erogando corsi in remoto come se fossero – quasi – in aula. Aggiungiamo subito il caveat che l’esperienza educativa dal vivo resta – per chi può permettersela – insostituibile. Ma in queste settimane difficili è diventato finalmente chiaro quali potenzialità straordinarie abbia l’elearning per diffondere cultura e tener viva la voglia di imparare in tutti quei contesti che non possono – per ragioni di marginalità economica e sociale o per emergenze sanitarie – accedere al privilegio di una formazione in presenza. Auspicio per il dopo-virus: che veda finalmente la luce – e un po’ di fondi – il Piano nazionale per l’Università digitale elaborato più di un anno fa dalla CRUI.

Altro protagonista della crisi destinato a una crescita esplosiva è lo smartworking, il lavoro a distanza in tutte le situazioni in cui è possibile, conveniente e auspicabile. Anche qui, non si tratta certo di una innovazione recente. Ma la sua diffusione a tappeto è rimasta, nella maggioranza dei casi, ostacolata da assetti, vincoli e ruotine aziendali fondate sul controllo in presenza della prestazione lavorativa. L’inversione di tendenza registrata in queste settimane ha svuotato letteralmente i grattacieli di Milano, in una sfida manageriale per cercare di raggiungere gli stessi obiettivi lasciando a casa, in smartworking, il personale. Anche qui, ci sono molte resistenze, su entrambi i fronti, proprietà e manodopera. Ma il nuovo equilibrio realizzato in pochi giorni in risposta all’emergenza diventerà facilmente un benchmark per spingere molto più avanti la frontiera tra lavoro a casa e in ufficio. Auspicio per il dopo-virus: interventi governativi di sistema nel segno della green economy, per risparmiare inquinamento nei trasporti. E liberare tempo di vita. Magari per prendersi una laurea a distanza da un Ateneo di prestigio.

di Mauro Calise.

(“Il Mattino”, 2 marzo 2020).

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