L’errore di dar vita al governo giallorosso

E’ giustificato il sentimento di delusione, di contrarietà, perfino di vergogna, di molti militanti per la disinvoltura e il cinismo con cui la sinistra e il Partito Democratico hanno dato vita al governo giallorosso. Non vi è stata alcuna analisi approfondita né alcuna reale esitazione a sostegno di una operazione che appare sempre più una semplice corsa al potere per il potere. Con la bugia che “una sinistra di governo” proprio questo doveva fare si maschera un banale governismo senza principi, indifferente alla grande questione della ricostruzione di un sistema politico in crisi, e che serve (è servito) tutt’al più a soddisfare ambizioni e appetiti di una cerchia ristretta di persone. Con questa operazione –che la vede alleata con una robusta forza populista- la sinistra si è giocate le ultime credenziali per accreditarsi come garanzia contro il dilagare del populismo della destra di Salvini e della destra di Grillo.

L’entusiasmo liberatorio di Pd e LeU per essere inaspettatamente passati da una sconfitta mortale al governo nazionale toglie qualsiasi credibilità alla pseudo-giustificazione che questa alleanza sia un semplice rimedio tattico per neutralizzare il pericolo rappresentato da Salvini. D’altra parte, sono proprio gli stessi leaders del Pd e della sinistra che continuano a ripetere che l’alleanza giallorossa non è contingente, ma il naturale preludio strategico di un profondo e positivo mutamento del Paese. Il miraggio di un facile e immediato accesso al potere ha avviato un processo di “grillizzazione” della sinistra che riconosce al movimento politico “Casaleggio e compagni” una verginità che non ha mai avuto.

La memoria corta della politica italiana porta a dimenticare quale sia la vera natura del M5S e a rimuovere inquietanti opacità dei suoi connotati costitutivi. Si dimentica, infatti, che ci troviamo di fronte ad un movimento gestito da una azienda privata e il cui comando si trasmette per successione ereditaria. Senza gerarchie politicamente controllabili, senza vita interna scandita da appuntamenti democratici sanciti formalmente, senza meccanismi trasparenti di selezione della propria rappresentanza, la sovranità interna effettiva è di chi ha la disponibilità del simbolo e la proprietà del blog. La fantomatica “democrazia diretta” della “piattaforma Rousseau” è solo un meccanismo senza controllo e senza verifiche oggettive che maschera pratiche di dominio in gran parte occulte. E’ stato opportunamente sottolineato che <<sovrano è chi decide la piattaforma, non cosa decide l’utente della piattaforma, e la proprietà conferisce discrezionali poteri di gestione, orientamento e selezione>>. In questo contesto, il rifiuto del finanziamento pubblico perde qualsiasi connotato moralizzatore e appare più plausibilmente un espediente per evitare controlli pubblici nella sua vita interna e la garanzia della conservazione della misteriosità del comando.

La sua sovrastruttura ideologica è senza radicamento perché è semplice strumento funzionale all’estrema verticalità del comando. L’azienda proprietaria, per garantirsi la certezza dei proventi, ha bisogno della completa libertà d’azione: da qui l’indifferentismo ideale e il disinvolto pragmatismo. Considerandole simili, il M5S si dichiara di destra e di sinistra e, come ha scritto qualcuno, tale dichiarazione è indispensabile proprio <<per lasciare libera manifestazione alle trovate trasformistiche>> .

Nessuna rigidità è ammessa: tutto deve essere magmatico e destrutturato. Il richiamo insistito al popolo serve solo a delegittimare gli istituti della democrazia rappresentativa, la funzione mediatrice del parlamento, il controllo delle autorità neutre (<<Se la Banca d’Italia vuole un governo che non tocca la Fornero, la prossima volta si presenti alle elezioni con questo programma>>), le cautele consigliate dagli esperti (<<che anziché eseguire quello che gli chiediamo preferiscono mettere i bastoni tra le ruote perché per loro il cambiamento è un pericolo>>), il valore del sapere e delle competenze ( <<i professoroni>> sono disprezzati; il presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana viene rimosso perché <<nominato da un governo che non aveva la fiducia degli italiani>>).

Il populismo del M5S è speculare a quello salviniano e profondamente connotativo della natura del movimento. Perciò, l’idea di una sinistra moribonda e di un Pd in stato confusionale e con prospettive assai incerte di poter recuperare i neo-alleati alla causa di una normale civiltà democratica è del tutto campata in aria. E’ solo il riflesso condizionato del residuo di presunzione di una superiorità e di un valore che da tempo la sinistra non ha più. Anzi, come abbiamo detto, sta già accadendo esattamente il contrario: la grillizzazione di forze che ormai disancorate dalla società trovano la loro ragion d’essere nelle sole operazioni di potere. Nella sostanza, tra Lega e 5S le distanze non sono apprezzabili. Da punti di partenza differenti lavorano per lo stesso obiettivo: quello di destrutturare il sistema. La Lega, facendo leva sulla paura; il grillismo, sulla rabbia. L’indifferenza ideale del movimento grillino lo rende addirittura più subdolo perché, in un sistema sfibrato come il nostro, può mimetizzarsi sia da destra che da sinistra. D’altronde, il modo sconcertante in cui, nel giro di pochi giorni, sia passato dalla sua centralità in un governo di destra alla centralità in un governo giallorosso ne è la prova provata.

Il populismo non è la tigre di carta ormai domata dalla nuova alleanza di governo. Non bisogna dare ascolto a qualche leader storico della sinistra che, per edulcorare l’innaturale connubio, va irresponsabilmente dicendo che la parola populismo non lo spaventa. Occorre, al contrario, tenere alta la guardia contro un fenomeno sempre pericoloso per la democrazia e costruire una alternativa culturale e sociale della quale, evidentemente, la sinistra che abbiamo non può più essere caposaldo.

Egidio ZACHEO

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