Libere riflessioni su alcuni aspetti del pensiero di Luisa Muraro

L’ elaborazione sulla mistica femminile, riferimento principale da me preso in esame nel testo, tiene conto di due pubblicazioni della filosofa: Diotima, Approfittare dell’assenza, punti di avvistamento sulla tradizione,  Liguori editore, Napoli, luglio 2002. È un lavoro collettaneo che Luisa mi inviò nel febbraio del 2003, con l’intento di tessere fila che ci unissero nell’impegno di ricerca e di militanza. Genealogie femminili che si arricchiscono e si tramandano, coinvolgendo donne comuni disposte ad approfittare della differenza (Carla Lonzi). Nell’introduzione Muraro spiega che è il settimo della serie dei libri di Diotima (comunità filosofica femminile presso l’Università di Verona), basato sul grande seminario che una volta all’anno si tiene nell’accademia veronese. I contributi sono di Annarosa Buttarelli, Chiara Zamboni, Ida Dominijanni e molte altre. La ricchezza del tema non può esaurirsi in poche righe, altre donne hanno contribuito con idee interessanti (tra queste vorrei citare Antonietta Potente, teologa domenicana, presente a Verona al grande seminario di Diotima del 2011). Nel testo del 2002 appare un riferimento a Margherita Porete, autrice del libro Lo specchio delle anime semplici, una delle mistiche a cui Muraro si ispira per una conversazione tra una donna e Dio.

Nel secondo volume da me esaminato,L. Muraro Il Dio delle donne, Mondadori, Milano, febbraio 2003, si riprende il libro della Porete e si approfondisce tra l’altro il tema dell’approfittare dell’assenza, ovvero dell’esclusione delle donne dalla Storia.

Non è facile riassumere il pensiero dell’autrice, né mi sembra opportuno tentare questa via. Proverò ad immergermi nel flusso delle sue riflessioni e vi narrerò il mio punto di vista.

Ne Il Dio delle donne Muraro esamina la figura di Diotima, la maestra di Socrate: ella, come altre donne, è a mezza strada tra la documentazione storica e l’inesistenza. Di qui il nodo su cui si dipana la riflessione: approfittare dell’assenza. Perché le donne sono fuori dalla Storia? Leggiamo questo brano che sembra una lunga poesia, ma che l’autrice definisce una lista di appunti. Ne trascrivo una parte:

“Approfittare dell’assenza

per essere altrove.

Per fare luce, nel senso di: farla passare.

Degli altri (gli apostoli) per esserci (Maria Maddalena)

e vedere Gesù risorto.

Per non sapere niente di rappresentazioni

e sapere la presenza.

E restare incinte a sessant’anni (las Madres).” (in Il Dio delle donne, p. 116).

Il testo si riferisce alle  Madres di Plaza de Mayo a Buenos Aires, che sentono nel proprio corpo la presenza dei figli uccisi dalla dittatura: “… siamo incinte di loro per sempre”.

È una Storia scritta da Uomini, dove gli esclusi rientrano nella categoria degli assenti, ma non sono inesistenti. Il pensiero si dipana, a partire dal Simposio di Platone, per riprendere il filo della mistica che rinuncia alle sicurezze della dottrina, ma pare legata alla politica delle donne che sprigiona il possibile dalla realtà. L’assenza di Diotima (c’era o non c’era al banchetto?), è anche la nostra: è un’esperienza di donne.

Le grandi opere del pensiero (il riferimento è a Platone ma non solo) restano di chi le ha concepite, non diventano mai di coloro che le leggono o le fanno vivere. Non così per i vestiti o il cibo o le case, oppure per i testi anonimi, corali e popolari. Continuando sul filo della mancanza con cui si vive la differenza femminile, il nostro vuoto è verso queste figure: madre, Dio, figlio e uomo. La mancanza genera l’amore: l’amore nasce mancante e la mancanza lo fa crescere, viene e va.

Hadewijch, una delle scrittrici mistiche esaminate, scrive:

“L’amore vive

del mio ripetuto morire

lo so bene

e saperlo

rende leggero il mio patire” (in Il Dio delle donne, p. 132).

È il linguaggio della teologia in lingua materna, il vero nome della mistica femminile. Nessuna teodicea, “le donne sono andate avanti per altre strade”.

Tacere o parlare? A questo dilemma, spesso presente nella teologia al femminile, la filosofa risponde con una pluralità di voci e di percorsi. Nessuna dottrina, ma pratiche di donne nate dall’amicizia, dalla vita, dall’amore.

Il pensiero di Muraro, di cui ho provato a dare una disordinata visione, mi trova unita a lei, al suo ricercare il punto di vista delle donne.

Il tema di Dio e del male, affiorano attraverso le parole di  Etty Hillesum  nel campo di sterminio: “Dio non è responsabile verso di noi, siamo noi a esserlo verso di lui”, e ancora con semplicità: “E se Dio non mi aiuterà più, allora sarò io ad aiutare Dio(…) partirò sempre dal principio di aiutare Dio il più possibile e se questo mi riuscirà, bene, allora  vuol dire che saprò esserci anche per gli altri” (in Il Dio delle donne, p. 152).

Questi pensieri intendono dire che il punto di vista della differenza femminile è fuori dal sistema di dominio, ma è attesa ed è bene. “Tutto è sempre e completamente un bene così com’è” (in Il Dio delle donne, p. 155).

Il Dio delle donne è possibilità di un nuovo inizio, la ricerca femminile di Dio.

Nel XIII secolo è cambiata la storia della mistica: con le mulieres religiosae vengono meno le mediazioni. Le grandi scrittrici beghine praticano una relazione con Dio senza mediazioni: “senza niente di mezzo”. Senza apparati, senza la legge, senza i poteri nasce l’obiezione: come può durare il cristianesimo?

Il cristianesimo fiorisce in una possibilità liberamente custodita nel cuore di una donna, così come la politica delle donne – e qui la mistica si innesta nel presente – “non si organizza, non ha rappresentanti, non mira al potere, agisce per contagio, si affida, non separa, sopporta l’impotenza, cura le relazioni” (in Il Dio delle donne, p. 164).

Un ultimo pensiero per noi donne: anche attraverso il femminismo e la ribellione siamo approdate ad un senso libero di quello che siamo e che possiamo diventare, una grande speranza.

La conclusione quindi non potrà che essere quella di un femminile che si allarga nella storia e nella vita: niente è in nostro potere, non stiamo tanto a parlare di Dio, cerchiamo di esserci e di voler bene.

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