Lo spread, la “gaffe” della Lagarde e gli opposti estremismi

Su segnalazione del Presidente dell'associazione pubblichia larticolo comparso su keynesblog.

  1. Fatto: la presidente della BCE Christine Lagarde ha detto che non è compito della banca centrale “chiudere gli spread” tra paesi. Questo ha causato un aumento di 60 punti base dello spread tra Italia e Germania e in misura minore di altri paesi

1-bis. Nella giornata la Lagarde si è corretta spiegando che in emergenza la BCE deve intervenire per contenere gli spread e assicurare la trasmissione della politica monetaria. Oggi Philip Lane, del comitato esecutivo della BCE, sul blog ufficiale dell’istituzione ha ribadito con ancor maggiore forza lo stesso concetto.

  1. Perché gli spread sono schizzati alle stelle? Semplicemente perché la BCE ha in sostanza cambiato le aspettative dei mercati create da Draghi col suo famoso discorso sul “Whatever It Takes”. Da quel discorso in poi la BCE è diventato prestatore di ultima istanza (Lender of Last Resort, in sigla LoLR), sia pure sotto condizioni, degli stati. Le dichiarazioni della Lagarde hanno impattato pesantemente su quelle aspettative.
  2. Quindi sì, la BCE può controllare i tassi di interesse e gli spread, anche attraverso semplici annunci in una o un’altra direzione.
  3. Un paese “protetto” dalla BCE non può fallire (se tale protezione viene effettivamente attuata). Chi lo nega semplicemente nega la realtà.
  4. Ma c’è un ma, anzi due: 1) la BCE può farlo perché emette una valuta di riserva internazionale e 2) l’Eurozona nel suo complesso non è una Small Open Economy, cioè un’economia che subisce il tasso di interesse dei mercati internazionali (price-taker). E’ invece un price-setter e può agire di conseguenza con ampio spazio di manovra.
  5. L’Italia, da sola, con la lira, non potrebbe farlo, pena una svalutazione drammatica, crescita dell’inflazione importata, aumento dei tassi di interesse richiesti dai mercati internazionali per i prestiti in dollari ed euro, essenziali per il buon funzionamento del commercio internazionale.
  6. Ciò non significa che la BCE può far abbassare lo spread in qualsiasi caso. Se un paese minaccia di uscire dall’euro, non importa per quel singolo paese se BCE fa da prestatore di ultima istanza oppure no, perché quel paese vuole uscire volontariamente dall’ombrello e rinunciare alla BCE come LoLR.
  7. Per questo quando era in carica il governo gialloverde, lo spread non era dovuto all’inazione della BCE, ma agli annunci del governo (a partire dal contratto iniziale che prevedeva l’uscita dall’euro) che impattavano sul rischio di ridenominazione del debito pubblico.
  8. In questa situazione sarà presto necessario per le economie occidentali – compresa l’area euro – superare il tabù dell’indipendenza della Banca centrale, intesa come separazione netta tra politica monetaria e politica fiscale. La cooperazione tra politica fiscale e politica monetaria dovrà, volenti o nolenti, diventare “the new normal”.
  9. Nella particolare situazione dell’eurozona, oltre alla sospensione di fatto del patto di stabilità (come si sta prospettando in queste ore), la cosa migliore sarebbe una dichiarazione della BCE con un tetto esplicito sugli spread tollerabili e, contemporaneamente, l’avvio di una forma di debito federale (eurobond) teso al finanziamento delle spese per rafforzare il sistema sanitario, la prevenzione delle epidemie e la ripresa economica. Ciò potrebbe essere fatto persino a trattati invariati, sfruttando la Banca Europea degli Investimenti i cui titoli potrebbero essere acquistati dalla BCE.

 

Pubblicato da keynesblog il 13 marzo 2020

 

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