Il mio 25 Aprile

Sono nato a Trieste. Come sapete, le vicende della città durante l’ultima guerra, ed anche dopo, sono state molto tumultuose.

Nel periodo che va dal Settembre 1943 al Maggio 1945, la città è stata assorbita dal Terzo Reich ed è diventata parte dell’Adriatisches Küstenland, quindi in tutto e per tutto soggetta alle leggi dell’occupazione tedesca.
Una delle vergogne di questa occupazione è stata la Risiera di S. Sabba, dove sono stati uccisi e bruciati partigiani, sloveni, croati e oppositori del regime, durante quei 20 mesi.
Il boia di quei tempi fu Odilo Globočnik, un triestino che era entrato a far parte delle SS.
Mia zia, che abitava vicino alla risiera, mi raccontò che spesso del fumo usciva dalla ciminiera e si diceva che fossero cavalli: in realtà sappiamo bene di cosa si trattasse.
Nella primavera del 1963 mi sono recato a visitare ciò che rimaneva della risiera e mi ricordo che ne rimasi talmente impressionato che alla fine della visita guidata, uscendo, non potei trattenermi e vomitai per quello che avevo visto e patito.
Da quel momento decisi di dare maggior spazio alle manifestazioni che esaltavano il 25 Aprile e il successivo 1° Maggio, che divennero parte integrante della mia vita.
Poi, ho ritrovato la forza e l’energia di quelle manifestazioni nel Maggio del ’68 (compivo venti anni), anzi, nel Joli Mai, e successivamente nell’esaltante ’69 degli operai.
E’ stata una stagione che ho sempre visto, e tuttora vedo, come la continuazione ideale della Resistenza, qualcosa che non è la fine, bensì ne è la prosecuzione e la definizione.
Ma il fascismo non è mai morto ed io ho ben precisi due ricordi della mia esperienza di viaggiatore, che mi hanno ricondotto a una ri-considerazione della Resistenza al fascismo.
Il primo ricordo è la visione del Palazzo de La Moneda, a Santiago del Cile, dove si notavano ancora i fori dei proiettili e delle bombe che avevano abbattuto il regime socialista di Salvador Allende e ne avevano provocato la morte.
L’altro ricordo è, nei primi anni ’80, la serie dei controlli che i militari argentini effettuavano all’uscita dell’aeroporto di Buenos Aires, e di come si prefigurasse quel regime che avrebbe procurato tanti dolori al popolo argentino e che sarebbe stato conosciuto come il persecutore dei desaparesidos.
Questi ricordi hanno sempre provocato in me delle forti tensioni e hanno canalizzato le mie scelte politiche, ma, devo dirlo, la prima fonte di ispirazione, nei libri, nei films e nei ricordi di chi l’ha vissuta è stata la Resistenza al nazifascismo, sia quella italiana che più generalmente quella europea, includendo quella francese ed inoltre quella da noi poco conosciuta dei paesi nordici, come Danimarca e Norvegia.
La Resistenza come fenomeno non contingente né nazionalistico, ma internazionale, come lotta di ideologie che si coalizzano contro quella nazifascista, all’inizio vincitrice: è con questo spirito, in quest’Europa disunita più che mai, che bisogna guardare al 25 Aprile, come momento di unione fra coloro che hanno unito le proprie forze per assicurare settantacinque anni di pace in un continente che per secoli non ha sofferto altro che guerre.
Un 25 Aprile non retorico, non di chiacchere, ma positivo, di fatti, di cose da produrre, che ci chiarisca una volta per tutte cosa è stato il nazifascismo, lo ributti nella spazzatura della Storia e guardi avanti, verso forme di democrazia più progressive.

 

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