Overkilling

Overkilling è un’espressione americana, di cui posso dare un esempio molto pratico: se in Vietnam gli Americani dovevano effettuare un bombardamento su una zona precisa, lanciavano il doppio delle bombe necessarie, per cui il risultato era, in larga parte, lo sterminio della vegetazione e della popolazione.

Il fatto è che le bombe lanciate erano il doppio di quanto necessario. Significa quindi uccidere due, tre, quattro volte rispetto al munizionamento richiesto. Questo sistema di guerra è stato utilizzato dagli Americani soprattutto nel Vietnam, ma non soltanto, anche nelle guerre successive (vedi la Prima Guerra del Golfo, quella che terminò nel 1991): ricordo personalmente, nell’estate del 1991, mentre mi trovavo in Kuwait, una serie di carri armati di Saddam Hussein, che erano stati letteralmente distrutti dagli elicotteri americani, durante la famosa ritirata delle truppe dal Kuwait verso Baghdad, lungo la famosa Baghdadeya Shara, la strada verso Baghdad che attraversa Bassora.

Erano dei carri armati interamente distrutti dai razzi ed erano collocati in una specie di anfiteatro per essere visibili dal pubblico. Tutto ciò è accaduto anche successivamente, cioè durante l’attacco all’Iraq del 2003…

In sostanza, questo “overkilling” si è manifestato in occasione di tutte le guerre che gli Americani hanno sostenuto, dalla guerra di Corea in avanti. L’ultima, quella dell’Afghanistan, è stata, come sappiamo, una guerra disastrosa: gli Americani non sono riusciti assolutamente a esportare la loro “democrazia”, anzi, hanno subito una serie di scacchi in pochissimi mesi, che li hanno visti partire in fretta e furia dall’aeroporto di Kabul, con scene che ricordavano molto da vicino la fuga dall’ambasciata di Saigon nel 1975. In opposizione alla denominazione “overkilling”, si potrebbe creare il neologismo “underkilling”, il che significa non essere in grado di rispondere in modo sollecito, deciso e proporzionale a quelle che sono le offese del nemico.

Possiamo notare questo tipo di atteggiamento in questi giorni, dalla fine di Febbraio del 2022, di fronte alla massiccia invasione dell’Ucraina da parte delle truppe russe. Per quanto riguarda la Russia, lo vediamo, si tratta di un’invasione completa, totale, che vuole raggiungere tutti i confini dell’Ucraina, almeno a mio avviso: quindi le sanzioni occidentali sono un’arma, ma assolutamente insufficiente. Infatti, non è soltanto questione di sanzioni: il grande timore di questa amministrazione democratica USA, alquanto pavida, è il fatto che non vuole assolutamente vedere le bare con bandiere a stelle strisce ritornarsene in patria, con dentro i corpi dei soldati morti.

L’impressione provocata da queste morti era già stata molto viva durante la guerra del Vietnam e nelle guerre successive. Difatti, durante la guerra in Iraq, nel 2003, le fonti governative ed anche alcuni giornalisti sottacevano gli attacchi contro le truppe americane a Baghdad. Quello che sta facendo la Russia è condurre una guerra convenzionale, del tutto convenzionale, con battaglie simili a quelle della Seconda Guerra Mondiale, anzi, per certi versi questa guerra assomiglia ai famosi “blitz krieg“ della Germania nel periodo ’40, ’41, dove, effettivamente, si usavano delle armi convenzionali, come appunto i carri armati, i cannoni e gli aerei, che, evidentemente, oggi sono molto più sofisticati. Ma qual è il limite estremo a cui vuole arrivare la Russia? Quello di sfiorare, ma non raggiungere, la guerra nucleare.

Alla guerra nucleare evidentemente nessuno è disposto, però la politica di Putin è quella di attaccare, provando a conquistare quanto più terreno possibile in Ucraina, per poi usarlo ai propri fini nelle trattative di armistizio. Si può dire che su questo tavolo la Russia sta giocando il suo poker, in risposta all’accerchiamento realizzato dall’Occidente sin dal 1989, crollo del regime sovietico, mentre la NATO persegue la solita politica estera americana, almeno per quanto riguarda il contesto europeo, e ha fatto sì che molti paesi dell’ex Patto di Varsavia siano entrati nella NATO. Se l’Ucraina fosse entrata a far parte della NATO, evidentemente i missili a medio e lungo raggio degli Stati Uniti sarebbero stati collocati a ridosso della frontiera russa e chiaramente Putin non poteva permetterlo. Questa è la sua autogiustificazione “migliore”, anche se eticamente molto discutibile.

Quindi si può dire che la risposta occidentale all’invasione russa è stata a tre livelli: a livello americano, dove si è parlato soltanto di sanzioni economiche, senza parlare d’altro, con impegno militare praticamente nullo, nel senso che hanno inviato qualche migliaio di soldati nelle repubbliche baltiche, Polonia e anche in Romania, ma sicuramente senza realizzare nulla di efficace; a livello di risposta europea, l’Europa come al solito si dimostra debolissima e parla soltanto ora della creazione di un possibile esercito europeo; e, quanto all’Italia, cosa ha fatto? L’Italia pare faccia le solite chiacchiere, che ben conosciamo. Così, il Ministro degli Esteri Di Maio è stato mandato a cercare fonti di energia alternative in Algeria, cosa che poteva essere fatta già da molti, molti anni, chiaramente. E cosa possiamo aspettarci da lui? Evidentemente ben poco, considerato il suo limitato background tecnico: perché non sono stati inviati tecnici dell’Eni? Una persona a me molto cara e molto vicina mi ha detto questo: “Nella mia vita ho conosciuto moltissimi Russi: tecnici, scienziati, persone bravissime, generosissime e molto intelligenti. Però hanno un problema: il Sabato sera, di fronte a una bottiglia di vodka, si annebbiano e alla fine si offuscano completamente”. Ricordandoci il precedente del Presidente Eltsin, si può forse applicare lo stesso criterio al suo erede Putin, anche se sembra essere molto più salutista? Mah…

Nel Cremlino, chissà cosa succede, non lo sappiamo: può darsi che ci sia una distilleria clandestina… Mi piace inoltre sottolineare il fatto che, su una rete televisiva (non ricordo se fosse una rete pubblica o commerciale) c’era un contraddittorio fra dei giornalisti italiani e un cittadino di Kiev: questi giornalisti italiani parlavano della popolazione di Kiev, come se i cittadini fossero quasi invisibili. Giustamente il signore ucraino che parlava in diretta da Kiev, rispondendo a tutte queste belle conferenze ricche di parole ma povere di fattualità, con una sola frase domandò: “Perché non venite qui voi?” Ed è su questo punto che io vorrei chiudere questo intervento: perché non si fa qualcosa di concreto lì, per il popolo ucraino?

Giorgio Penzo

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