Come è profondo il mare – Un ricordo di Lucio Dalla a 10 anni della sua scomparsa

In questi giorni cadono ravvicinate   le date della nascita ( 4 marzo )  e della morte ( 1 marzo ) di Lucio Dalla.

Sono già trascorsi 10 anni e, come ha detto un amico: “Lucio è quasi più apprezzato oggi che quando era in vita”.

In questi giorni tutte le televisioni hanno dato spazio alla vita di questo poliedrico e diavolesco personaggio e quello che soprattutto mi ha colpito è stato vedere, attraverso le sue stesse parole e quelle dei molti amici a lui vicini, una persona autentica, cosa assai rara al giorno d’oggi.

Da bambino prodigio, sino agli ultimi giorni, Dalla non ha mai rinunciato a quello che profondamente era e sentiva.

Ha attraversato faticosissimamente povertà e gavetta, fischi e verdure spesso lanciati nei suoi spettacoli, una musica e parole strane, vocalità inaspettate e sconosciute per un’epoca dove i cantanti erano ancora usignoleggianti.

Inoltre – certamente non bello – piccolo di statura, peloso più di un orso, lui giganteggiava col suo clarinetto o in canottiera davanti al pianoforte, lui autodidatta appassionato, lui che non conosceva la musica, sapeva tirare fuori frecce che arrivavano dritte al cuore.

La differenza tra passione e talento, tra capacità e genialità, lui ce le mostrava ogni volta. Quando parlava non ti permetteva assopimenti, eri con lui su un ottovolante e rischiavi con lui la radicalità della vita.

Credeva negli uomini  con quella rara capacità che hanno gli uomini di vera fede, nulla di accademico nè di ortodosso, no quella fede che ti fa muovere nel bene, bene che tiri fuori dal tuo essere nel mondo, ma non del mondo.

E ha avuto incontri fortunati, nulla succede a caso se il tuo cammino è attento e sincero e nel ritmo dell’Essere…e lui di ritmo se ne intendeva !

Lucio era lui, unico e irripetibile come ognuno di noi, ma lui l’ha veramente vissuta la sua unicità, la sua ghianda è diventata davvero una quercia.

Credere in sè stessi, nei propri talenti e anche nei propri limiti è per me uno dei doni più grandi che si possano avere.

E’ stato l’amore della madre, la perdita precoce del padre ? Non so, ma senza dubbio lui sapeva amare, sapeva non farsi ferire e ridere anche quando l’amata madre – lui ormai non più bambino bello e prodigioso – gli diceva : Lucio, Lucio, vai via, vai via che sei così brutto !

Riuscire ad essere quello che si è, stare al proprio e unico posto, essere quel nodo della rete ( non certo del web ! ) che SA che il suo nodo tiene insieme tutta la rete, che SA che l’abdicare al proprio compito mette in disgrazia ogni cosa, perchè tutto è in relazione e partecipa al bene e al male di ognuno.

Le mani piccole, le gambe corte, tutti quei peli, la testa calva colorata dai tanti cappelli, collane e collanine, a volte gilet, occhialini tondi e quegli occhi, buoni come quelli degli animali, grandi occhi neri che vedevano oltre l’umana  quotidianità troppo spessa ammuffita, oltre i nostri consueti e spenti paesaggi.

Lucio è presente e lo incontro spesso, seduto col suo clarinetto, a volte sulla Garisenda e a volte su quella degli Asinelli, cantastorie della sua Bologna. Col clarinetto qualche volta suona e qualche volta lo usa come canocchiale…e ancora ci dice ….come è profondo il mare .

Patrizia Gioia, 4 marzo 2022

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