Purché non sia tutto un inganno

Ci sono alcune cose che mi sfuggono e di cui, velocemente per quanto è possibile, vorrei ragionare con Voi. Abbiate pazienza se la prendo un po’ alla larga ma, vi assicuro, che ne vale la pena.
Alla maggior parte dei lettori diranno poco nomi come “Ediacara” (Australia) e “YoHoa Bluff” (Canada) ma sono due luoghi famosi per chi studia l’evoluzione della nostra beneamata Terra e da cui si sono tratte molte indicazioni sugli sviluppi, o meglio, sui “cambiamenti”  avvenuti in quest’ ultimo mezzo miliardo di anni di vita.
Si tratta di due siti, uno nell’Australia del sud in zona semidesertica, l’altro fra imponenti montagne del British Columbia canadese, che ci offrono una immagine meravigliosa di un mondo che non c è più (e che non esisterà mai più). A Ediacara è possibile osservare chiaramente impronte e controimpronte di meduse simili a quelle dei tempi moderni, da cui ricaviamo una montagna di informazioni: come si muovevano, come si nutrivano, quali erano i loro ambienti etc. etc. E questo a 550 milioni di anni di distanza, solo provando a dividere degli strati di roccia rossiccia, fino a 100 anni fa totalmente anonimi. Un libro aperto che ci fotografa il passato per capire meglio il presente. Bene. Che significa tutto ciò è cos’ha a che vedere con il nostro COVID19? Ci arriviamo… Prima però proviamo a fare un salto simile a quello precedente in un futuro nemmeno così lontano. Pensate come verrebbero interpretati i nostri cumuli di automobili usate, pezzi di metallo di ogni genere e forma, i resti di autostrade, ponti, centrali elettriche, nche solo fra due o tre milioni di anni. Oggetti strani di cui ci si chiederà il significato, l utilizzo, provando ad immaginare il tipo di inventore/utilizzatore di tutta quella ferraglia. Cercheranno di capire di più dei nostri tempi e, senza particolari difficoltà, troveranno strati di centinaia di metri di calcestruzzo spesso erosi, misti a tubi di ferraglia o a curiose ciambelle nere gommose. In casi rari, troveranno veri pezzi da museo” con scatoloni o scatolette piene di qualsiasi cosa… anche ossei. Potrebbero persino dare un nome a quegli strati: il caos interstiziale, perché si trova praticamente ovunque, come una massa informe di panna montata spessa uno, dieci, cento metri. Praticamente presente ovunque. Subito dopo, ma è un “dopo” di diecimila anni… un graduale ritorno alla normalità, quella che ci hanno insegnati i nostri antenati, quelli venuti dopo il “caos interstiziale”. Probabilmente qualcuno, dopo i passi falsi dei tempi del caos ha saputo come ricominciare, soprattutto ha avuto la credibilità per farlo. Sempre gli annali dei nostri bisbisnipoti ci potrebbero riportare informazioni su come si è imparato a vivere tutti insieme, senza particolari problemi, sulla nostra amata e unica Terra. E questa volta a farla da “docente” è la già citata YoHoa Bluff Shale.
Siamo sempre intorno ai 500 milioni di anni fa, con i primi tentativi di adattamento e miglioramento delle performances collettive. Non aggressioni più o meno goffe di ingrassare ai danni degli altri mangiando gli stessi simili, sapendo inconsciamente che sarebbe stata alla lunga una modalità autodistruttiva. Così non faceva il “Lealcolibus” grosso vermone con tre coppie di occhi e semplici apparati di locomozione, così come non era solito fare (secondo quanto trovato nelle mitiche YoHoa Burgess Shale) l”Aglaleus”, animale semplice, lontanamente simile (e quindi antenato, di Limuli e Trilobiti). Aveva la sua vita, il suo habitat, la piramide alimentare di competenza di cui era uno dei tasselli, il suo piccolo mondo. In sostanza il nostro Aglaleus nasceva, si nutriva, cresceva, trasmetteva la specie, viveva ancora un po’ e alla fine moriva. Scompariva, si scioglieva o, se volete, “ritornerai polvere”.  Ecco, quanto ci è stato insegnato, persino dalle pietre, è chiaro. E il comportamento del COVID19 non ne è che una conferma.  Come agglomerato virale cerca suoi spazi, inventandosi camuffamenti e nuovi sistemi di occupazione. Fino a che, darwinianamente, trova gli argini giusti, i competitors che gli determinano il suo nuovo habitat. Per lo specifico, viene in mente il Leopardi della “Ginestra” in cui è inutile chiedersi perché gli esseri umani vengano trattati come formiche o peggio dalla famosa “Natura matrigna”. La “Natura” è così. Siamo semplicemente noi, genia autoproclamatasi “Signore della Terra”, a non capire che siamo una delle componenti dell insieme. Apparentemente la più importante… in realtà con molte debolezze. Fa quindi sorridere, con tutto il rispetto, l’ennesima proposta di esperti e professori che fanno appelli (1) per “ripartire mettendo al primo posto salute ambientale e umana.” Tutto da sottoscrivere, tutto da far conoscere… ma senza la forza di cambiare le cose. Soprattutto senza l’autorevolezza internazionale che, unica, potrebbe portare a mezzi di locomozione in prospettiva a impatto zero, a produzioni energetiche, a modi di vita e ad abitudini che lascino la famosa “impronta ecologica zero”. Ne saremo capaci?
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(1)

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