Una riflessione documentata sui “Rifiuti”

Verso la fine dei rifiuti. Percorso decisivo per l’immanente scarsità di materie prime rinnovabili e non” 
Ripresa e ampiamento dei contenuti affrontati dal dott. Piero Claudio Cavallari nell’incontro (via zoom) del 3 novembre 2021.

L’occasione è stata quella, come da premessa,  della “serata via zoom” del 3 novembre scorso. Posizione anche diversificate hanno potuto esprimersi in totale libertà e responsabilità. A condurre l’appuntamento è stato un membro del Direttivo regionale di Pro Natura, il dott. Claudio Cavallari . Ha offerto moltissimi dati aggiornati sulla “disastrosa gestione dei rifiuti” di questa regione. Infatti, ci ha ricordato, la spesa riguardante il capitolo “Rifiuti” è molto alta e comporta una posizione di medio/bassa classifica per il nostro cordone ombelicale verso il mondo. Le Alpi hanno sempre fatto di questa Nazione una “provincia” esterna dell’Impero di turno, isolando noi abitanti italiani in un limbo fuori dal mondo.

Proprio per questi motivi Cavallari è subito molto diretto: “Il precedente modello era basato sull’economia lineare e  prevedeva ai propri estremi una sorta di “terra di nessuno”, dalla quale attingere massicciamente risorse, senza curarsi della loro disponibilità nel lungo periodo, e sulla quale riversare in misura crescente scorie e rifiuti, noncuranti degli impatti e delle conseguenze nel medio e lungo periodo.
L’alternativa non può che consistere nel cambiare il modello di riferimento da lineare a circolare
”. Un modello lineare tendente ad uno sviluppo perenne che, l’abbiamo capito troppo tardi, è semplicemente impossibile. La capacità dei mari e dell’atmosfera (o del fuoco dei vulcani) di correggere ciò che l’uomo provoca è stata dimostrata inferiore, nettamente inferiore, al ritmo di sfruttamento determinato dalle attività antropiche.

L’ “economia circolare” rende evidente, già nella sua semplice schematizzazione, che la “terra di nessuno” non esiste ma esiste invece la Terra di tutti, l’unica che abbiamo a disposizione. Perché quella terra di nessuno è la nostra terra, la nostra aria, la nostra acqua.

Centrale, come proposto in più occasioni dal compianto Giorgio Nebbia, il tema della produzione dei beni di consumo. Non più fini a se stessi o a canoni solo di fruizione ma all’interno di un percorso di uso e recupero, possibilmente senza lasciar nulla alla fase “distruzione”. Come ben sappiamo, poichè il ciclo di produzione inizia con l’acquisizione di materie prime e risorse naturali, è in quel momento che diventa necessario intervenire per ridurre al minimo la pressione esercitata sui sistemi naturali. Infatti la risposta dell’economia circolare consiste nelle “materie prime-secondarie”, ovvero quelle materie già utilizzate in cicli produttivi precedenti, recuperate da scarti e rifiuti e rigenerate per essere reimmesse in un nuovo ciclo di produzione.
Al termine del ciclo, quando si sta per creare il potenziale rifiuto, l’economia circolare prevede di gestire la fine vita di ciascun prodotto con una fase di raccolta, scomposizione e recupero, quanto più ampia possibile, dei materiali che lo compongono in modo da poter essere appunto rigenerati e riutilizzati in nuovi cicli produttivi. Riducendo enormemente gli inquinamenti a valle imputabili allo smaltimento. Al proposito ricordiamo che la gerarchia dell’UE della gestione rifiuti prevede: .1. Riduzione/Prevenzione (il miglior rifiuto è quello non prodotto). .2. Raccolta differenziata di qualità per il riciclaggio. .3. Riuso – Rigenerazione

Tutti procedimenti utili all’obiettivo finale: l’ottenimento delle “materie prime seconde”.
Solo dopo tutto questo  lo “smaltimento di ciò che resta” ( distruzione di materia) sarà il passaggio necessario, almeno in un periodo intermedio, per raggiungere l’obiettivo vero: l’azzeramento del rifiuto.

Il nuovo pacchetto europeo sull’economia circolare pone, tra i suoi obiettivi: il riciclo del 70% degli imballaggi entro il 2030,  del 65% dei rifiuti urbani (al 2035). Inoltre, alla stessa scadenza, un massimo del 10% di rifiuti che possono essere smaltiti in discarica.  Da questo presupposto è nata quindi l’esigenza di porre come obiettivo minimo per entrare a far parte dei Comuni Rifiuti Free la soglia di produzione di 75 kg/ab./anno di “secco residuo prodotto” (che comprende il secco residuo e la parte di ingombranti non riciclata).

Impatto ambientale del tessile, per esempio, presenta questi pesanti esiti:

 

I dati che riguardano l’Italia…

Dal rapporto Utilitalia si evidenzia come (dato 2018) la produzione di rifiuti urbani e assimilati ammonti a circa 30 milioni di tonnellate all’anno, mentre i rifiuti speciali si attestano a 130 milioni di tonnellate. L’Italia ha un tasso di riciclaggio dei rifiuti urbani compreso tra il 45,2% e il 50,8%, comunque al di sopra della media europea del 47%. Il conferimento in discarica arriva invece al 22%.
L’intero comparto ha un fatturato di oltre 10 miliardi di euro, in gran parte derivato dalla tariffa rifiuti, ed un numero di addetti che supera le 95mila unità.
Alcune stime – elaborate da Utilitalia – prevedono nei prossimi anni un fabbisogno di investimenti per circa 8 miliardi di euro, necessari per la realizzazione di impianti, per introdurre la tariffa puntuale (in base al principio «chi inquina paga»), a livello nazionale e incrementare la raccolta differenziata sia nelle quantità che nella qualità, e in grado di  traguardare gli obiettivi del pacchetto direttive europee “economia circolare”. Su questo Caudio Cavallari ha molto insistito ed è stato elogiato anche di chi opera nel settore nella routine quotidiana dell’attività lavorativa. D’altra parte è noto che la gestione dei rifiuti urbani rappresenta circa un quarto delle spese correnti dei Comuni italiani e nella maggior parte dei casi il servizio è finanziato con un tributo locale: la tassa sui rifiuti (Tari). Nel nostro Paese, in realtà,  il passaggio alla tariffa puntuale ha interessato soltanto il 10% circa dei Comuni. Un contributo del Centro Studi di Banca d’Italia (condotto su oltre 6.100 Comuni) offre un’analisi approfondita sulla tariffazione puntuale. Claudio cavallari cel’ha stigmatizzata nel modo seguente: “negli 800 Comuni in cui è stata introdotta la tariffazione puntuale, tipicamente applicata in contesti con raccolte differenziate molto evolute e con un’elevata qualità del servizio, la produzione di rifiuto residuo verrebbe sostanzialmente dimezzata, con un risparmio complessivo sui costi del servizio che viene valutato in un ordine compreso tra il 10 e il 20% all’anno.”

Ma il “Ricyclo” è davvero conveniente?

Interessante quanto emerge dal Rapporto Symbola, “l’’Italia è il Paese europeo con il maggiore riciclo sulla totalità dei rifiuti: il 79% con un’incidenza più che doppia rispetto alla media Ue e ben superiore a Francia (56%), Regno Unito (50%) e Germania (43%)”.  L’ intera filiera del riciclo (213 mila occupati) vale oltre 70 miliardi di fatturato e 14,2 di valore aggiunto. Un dato tutt’altro che trascurabile e, soprattutto, assolutamente incrementabile. Inoltre il recupero di materia nei cicli produttivi permette un risparmio annuo pari a 23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e a 63 milioni di tonnellate di Co2.
In particolare, la filiera della carta produce un fatturato di circa 25 miliardi, l’1,4% del Prodotto interno lordo (Pil).Questa la situazione del Piemonte con dati 2019 (da BUR Regione Piemonte)

Frazioni  (i diversi tipi di prodotto da suddividere, rigenerare, rilanciare sul mercato…)

 

Altrettanto interessanti i commenti espressi in più occasioni dall’assessore all’Ambiente della Regione Piemonte dott. Marnati: “A livello provinciale il raggiungimento dell’obiettivo previsto dalla normativa nazionale e dal piano regionale rifiuti (65%), è superato da tutte le province, ad eccezione di Alessandria e della Città Metropolitana di Torino che restano al di sotto del 60% (Alessandria 57%, Città Metropolitana di Torino 58%). In particolare, per quanto riguarda quest’ultima, le performance migliorano, a parte Torino città che resta ancora al di sotto del 50% di raccolta differenziata”.

Altro dato su cui riflettere: la produzione totale di rifiuti per abitante
Per quanto riguarda la produzione totale dei rifiuti, anche se a livello regionale il valore è in lieve calo, a livello di province nessun territorio ha ancora raggiunto l’obiettivo di riduzione previsto dal piano regionale per 2020. Per alcune province, come Asti e Biella, l’obiettivo non è distante mentre quelle di Cuneo, Alessandria e Vco, presentano ancora valori sopra ai 500 chilogrammi per abitante.

Dati di sintesi

RD per Consorzi

 

 

Mentre riguardo alla raccolta differenziata (RD) per frazioni, il quadro è il seguente:

 

Alessandria città

 

 

E la Regione Piemonte…
Ciò che ci viene dagli uffici regionali e tramite le interviste rilasciate dall’ Assessore Marnati ci raccontano però un’altra storia…
(ad esempio: da “ La Repubblica “ del 22/07/21)

(…) “Le due prospettive ipotizzate, in sintesi, sono le seguenti: 1) ampliamento del Gerbido, 2) nuovo inceneritore nella zona di Novi ligure in collaborazione con la Liguria.

Proprio quello che ci ha indotto a richiedere informazioni all’Ufficio del Presidente della provincia e all’Ufficio di segreteria dell’Assessorato all’Ambiente, in Via Galimberti n 2.
Per la verità per questi due impianti i tempi di realizzazione (5-7 anni almeno) giungono a ridosso delle scadenze degli obiettivi UE sopra citati. Sembra che, però, il dato temporale importi poco, come pure “insignificante” l’incremento di emissioni di C02 in discussione in questi giorni nella COP 26 di Glasgow.  Ennesima occasione da non perdere per gestire in modo resiliente e responsabile  i destini del pianeta (e…degli umani).  Si ricorda, giusto a titolo di cronaca,  che le emissioni del Gerbido (Torino ovest) ammontano a 540 milioni di tonnellate di CO2/anno, costanti fino alla fine del 2032. Come è noto esiste una equivalenza fra tonnellate bruciate e le emissioni di CO2  ( senza considerare le innumerevoli quantità di inquinanti anche molto più dannosi e pericolosi). Ma, evidentemente, la questione non è ritenuta degna di attenzione.
Per brevità non si possono citare i limiti di materie prime che il pianeta può fornire. Si tratta di materiali importanti, di cui abbiamo sempre meno disponibilità. D’altra parte è sufficiente guardare gli andamenti dei prezzi in continuo e rapido aumento per comprendere la gravità della situazione.

E…sempre per ricordare come stanno le cose…”La crisi energetica globale sta facendo impennare le quotazioni dei metalli di base, che negli ultimi giorni stanno macinando record su record. Lo zinco ha raggiunto il livello più alto da 14 anni con i future sul London Metal Exchange in rialzo fino al 6,9% oggi a 3.614 dollari la tonnellata, prima di ritracciare a +2,64%. Il rame è prossimo alla soglia dei 10.000 dollari a tonnellata dopo il balzo del 5% avuto nel corso del mese di settembre 2021. Inoltre la differenza tra il prezzo spot e quello dei futures è la più alta da quasi 10 anni. L’alluminio vola a 3.156 dollari, con un rialzo del 3,38% che lo colloca ai massimi del 2008. Dalla Cina all’Europa stanno arrivando tagli in serie alle forniture di metalli, che hanno bisogno di una quantità considerevole di energia nella lavorazione durante i processi produttivi. La scarsità energetica ha fatto aumentare i costi dell’elettricità e del gas naturale, riflettendosi sul prezzo delle materie prime. Nystar, uno dei più grandi produttori di zinco, ha fatto sapere che sarà costretto al taglio di rifornimenti per 3 grandi fonderie europee (anche del 50%).Alcune imprese cinesi avevano già ridotto la produttività, ma ora il problema energetico sta invadendo le principali province della Cina che producono zinco”. Di nuovo parole del dott. Cavallari che ha avuto nella serata del 3 novembre  u.s. una buona audience “via zoom”, che non si è limitata ad annotare ma ha partecipato, numerosa, con interesse

Secondo la società di ricerca Shanghai Metals Markets, i prezzi sono destinati a restare alti in quanto la crisi energetica continua a impattare in maniera determinante sul mercato dei metalli. La paura che tutto questo possa innescare un meccanismo inflattivo fuori controllo è molto reale. In Cina a settembre 2021 i prezzi di fabbrica sono aumentati con una rapidità che non si vedeva da 26 anni. Infatti, secondo l’Ufficio Nazionale Cinese di Statistica, l’indice dei prezzi alla produzione è salito del 10,7% rispetto al 2020, battendo le previsioni e raggiungendo i massimi dal novembre 1995. Il governatore della Banca Popolare cinese, Yi Gang, ha dichiarato a un forum del G20 che l’inflazione cinese è moderata, ma da qui al contagio delle industrie europee che dipendono da Pechino il passaggio è molto breve.

Ma di quali materie prime stiamo discutendo?

La prima questione da affrontare è quella a carattere energetico, con una fase in forte espansione economica “di rimabalzo”. La soluzione ovviamente va trovata a monte. Il caos che si è venuto a creare nel mercato energetico pone tutti quanti di fronte a una dura realtà: si è perso tempo per trent’anni e, ora, le fonti alternative vere ai combustibili fossili non sono in grado di sostituire completamente quel tipo di risorsa altamente inquinante. Le attuali discussioni al G 20 di Roma e le contemporanee sessioni del COP 26 di Glasgow trattano soprattutto di questo, verificando in modo sempre più evidente che ciò che è stato fatto nel passato in vista di una “economia circolare” è solo stato uno sterile bla bla bla senza senso.

L’Economia circolare nasce proprio da queste oramai tragiche certezze!!!

Invece l’Assessore Marnati è irremovibile nelle sue posizioni passatiste: “nelle previsioni il Gerbido potrebbe implementare di nuove 250.000 tons le attuali 540.000” senza particolari aggravi per la collettività in termini di ammodernamento dei mezzi di produzione. Discorso simile per il basso Piemonte, per il quale si fa riferimento addirittura ad un sondaggio (fonte “Corecom” Piemonte) in cui si accenna ad un 60% della popolazione «favorevole» al nuovo impianto da posizionare nella parte orientale della provincia di Alessandria. Sguardo rivolto al passato, incurante degli studi dei massimi istituti mondiali che raccomandano inversioni di tendenza, confermato dall’intenzione di potenziare l’impianto di Cavaglià (provincia di Biella). Per quest’ultimo impianto la multi-utility A2A (Brescia, Milano) ha già avanzato richiesta di implementazione che tratta rifiuti speciali, trovando sostegno in praticamente tutte le forze presenti in Consiglio Regionale e, quel che è peggio, con una rassegnazione fatalista da parte delle popolazioni interessate”.

Lo abbiamo già segnalato in apertura “L’alternativa non può che consistere nel cambiare il modello di riferimento da lineare a circolare” ma, a quanto pare, il “passatismo” è duro a morire.

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