I saperi della cultura

I “saperi delle altre Culture “, sono per me – e credo per molti di noi – un “ripasso”.

In che senso ?  Nel senso che riportano al cuore e alla mente la mia infanzia “da villeggiante “, quando l’estate diventava fonte di “sapere “.

La villeggiatura era partire per andare in un altro modo di vivere, lasciavo la città per la valle di Scalve, metri 1019, così stava scritto sulla porta che, oltre che indicare l’entrata nel piccolo villaggio, già indicava altra vita, con i nidi delle rondini sotto l’arcata bianca della sua semplice architettura.

Le mie amiche e i miei amici erano i figli dei contadini, quelli che ci affittavano la stanza; la Rina e il Bortolo, compagni di giochi “altri “; loro facevano le calze per l’inverno, mentre si chiaccherava seduti sulla pietra, curiosi l’uno dell’altra vita, “topi di città e topi di campagna”, diceva la favola .

Si dormiva insieme nell’enorme stanza un po’ fredda, con l’odore di mucca e di latte; ci si lavava insieme nella tinozza di latta e ci si guardava il sesso, curiosi del diverso, e se c’era un desiderio nuovo non ci si vergognava: era la Vita che ci parlava.

Corse negli orti, vedere un ciuffo verde e scoprire che erano i capelli delle carote e per i capelli le tiravamo, una pulitina e le si mangiava: mai più sapori così forti.

I miei amici portavano gli zoccoli, ah,come li si invidiava! Noi sempre curati ci lasciavamo andare all’ascoltare la terra sotto i piedi cittadini, e il sentire male su quella pelle tenera era parola, era la terra che, con la sua sapienza, disegnava.

Disegnava il tepore con la sua mano ruvida, la gratitudine, la cura.

E per ringraziarla, noi portavamo acqua e come beveva! Come la capretta, la gallina e il pentolone del bucato che al sole bolliva .

Che estati, interculturali !

Alla sera si imparava ad asciugare le posate, a stendere le camicie di chi era tornato dalla miniera, a ringraziare il Signore che ci aveva innaffiato,  acqua santa per il rosmarino e il bucato.

Sono tutti qui davanti a me i miei amici, quanto ho imparato in quelle interminabili vacanze estive, mica come adesso, dove tutto è uguale e passa in fretta, tutti vestiti a festa e nessun prete che ti butta l’acqua giù dalla finestra.

Sì, proprio così, si faceva così tanto baccano per entrare e prendere i primi posti per vedere la televisione, che il prete, senza aspettare il sagrestano, ha preso un bel secchio d’acqua fredda e…giù, sulla mia testa . Bagnata come da una fontana !

E si rideva, e come si rideva; per uno scherzo bello, per un innamorato che non ci voleva, per una rondine che faceva il giro nella nostra stanza prima del tramonto della sera.

E’ di questo che mi son nutrita. E’ per questo cibo sano che posso oggi stare di fronte a chi crede che la differenza sia contraddizione, a chi non sa che la Vita vive d’ingredienti tutti differenti eppure in armonia.

Basta a tutti questi chef che ci girano intorno! Insignificante gregge senza più pastore.

Torniamo al pane col burro, torniamo alla semplicità che ci indica l’esperienza dell’Amore!

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