L’aria che verrà

La città di Torino rispetto alla questione ambientale sta vivendo una situazione a dir poco tragica, si è guadagnata il palmares, almeno per quest’anno (2018/19), della città con l’area più insalubre. Abbiamo rasentato e superato per diversi giorni il massimo dei valori accettabili di CO2 e di PM10 presenti nell’aria, soprattutto durante la stagione invernale.
Quali sono le cause di questa situazione e cosa si può fare per migliorarla?
La colpa della situazione si rimpalla come sempre tra riscaldamento degli edifici e la numerosa mobilità pubblica e privata presente giornalmente nell’area metropolitana torinese. Gli amministratori pubblici che intervengono sull’ambiente additano le cause soprattutto agli automezzi alimentati a gasolio, in particolare quelli fino alla categoria euro 4. Quindi oltre alla tipologia di alimentazione dell’automezzo subentra anche la categoria di appartenenza dello stesso.
Il rimedio proposto dal Comune e che trova l’opposizione di numerosi commercianti del centro aulico è di prolungare la chiusura della zona ZTL dall’attuale che termina alle 10.30 prolungarla sino alle 17.30. A parte l’ennesima situazione coercitiva e non risolutiva di sistemazione del problema, niente di nuovo sotto il sole per quanto riguarda la burocrazia. Manca la forza e soprattutto la volontà da parte della politica di prendere il toro per le corna, di lavorare e proporre un piano omni comprensivo che comprenda tutti i protagonisti della vicenda, esaminandone la totalità degli elementi e non limitandosi ad agire solo su alcune parti.
L’ Unione europea in materia ambientale si fonda su principi quali la precauzione, l’azione preventiva e della correzione a fronte dei danni causati dall’inquinamento atmosferico: il principio è come quello per chi vola: “chi inquina paga” … Ma è possibile pensare che basti pagare per far si che si risolvano i problemi riguardanti l’inquinamento. Da tutto ciò dovrebbero partire programmi pluriennali d’attuazione (quando e quanto?) che dovrebbero definire gli ambiti della politica ambientale. La loro attuazione è stata definita come importanza fondamentale.
Ma quali sono i mali che definiscono l’aria che respiriamo? Polveri sottili, particolato atmosferico, Pm10 e Pm2,5 sono nel circolo aereo ed entrano nei nostri bronchi e polmoni.
L’agenzia europea per l’ambiente ha stimato nel 2014 per l’Italia 50.550 morti premature per esposizione a lungo termine al Pm2,5 (Dati EcoDesign ANTER). Esiste inoltre un rapporto sulla qualità dell’ambiente urbano (ISPRA 14.12.2017) dati raccolti su 119 aree urbane italiane attraverso 10 aree tematiche.
Ma cosa respiriamo veramente? Materiale aereo disperso quali il Pm10 con particelle di diametro < o = a 10ym (soprattutto da traffico veicolare). L’emissione diretta è associata a tutti quei processi combustione che prevedono combustibili solidi (quali legna e carbone) o distillati petroliferi con numero di atomi di carbonio medio alti (quali gasolio e olio combustibile).
Gli imputati maggiori della questione rimangono i gas di scarico dei veicoli a combustione interna, ma anche i processi di combustione nell’industria, impianti di riscaldamento a petrolio, pellets o a legna (camini aperti).
Ma dov’è e qual’ è l’aria più inquinata?
Torino ha superato il livello limite con ben 75 infrazioni nell’arco dell’anno 2016 con le temibili particelle Pm10. Milano si è collocata al secondo posto. Seguita da Venezia mentre nel Sud a Napoli è sceso a 58 giorni.
Torino nel 2017 è ancora la maglia nera con 103 superamenti del limite massimo.
L’aria più inquinata è quella caratterizzata dalla presenza delle particelle Pm2.5, queste, a differenza delle Pm10 che possono essere arrestate dal nostro sistema respiratorio, non trovano particolare difficoltà per andare ad infilarsi grazie alle loro micro dimensioni nelle parti più profonde degli alveoli polmonari provocando danni alla salute spesso irrecuperabili.

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