Dalla Cina con furore “energetico”

Della Cina si è molto discusso in questi ultimi anni, del fatto che una Nazione sostanzialmente comunista, con organizzazione e disciplina degne del periodo di Mao Tse Dong, sia riuscita ad emergere nel panorama mondiale con posizioni oscillanti (a seconda dei vari parametri presi in considerazione) fra il quinto e il primo. La produzione continua ad essere in attivo con un incremento del PIL annuo sempre superiore al 6 per cento, con una modernizzazione in atto un po’ in tutti i settori, dalle industrie all’organizzazione di città e campagne, ai trasporti, alla tecnologia. Un gioiello che ci troviamo giornalmente intorno, come proprietario di qualcosa, promotore di commercio o studioso di arte o, ancora musicista.  Un mondo che abbiamo imparato a conoscere e ad apprezzare. Un continente sconosciuto fino a ieri che, improvvisamente, ci è apparso in tutta la sua potenza, tradizione, cultura. La Cina è già leader in alcuni settori della cosiddetta “green economy” mantenendo però un apparato industriale di tutto riguardo sia per quanto riguarda l’industria pesante che l’energia “tradizionale”. Ha raggiunto nel “solare” vertici invidiabili e suoi sono non solo brevetti su materiali e semilavorati ma ideazioni e combinazioni nuove, con componenti poco costose e altamente performanti. Non sono ancora risolti pero’ i problemi legati alla qualità dell’aria, pessima nella maggior parte delle città e degli agglomerati industriali.

Un nuovo studio pubblicato su Nature Energy (*) fa presente che l’aumento dell’inquinamento atmosferico tra il 1958 e il 2016 ha ridotto il potenziale dell’elettricità solare fino al 14%, diminuendo il naturale irraggiamento terrestre.

Se fosse possibile irtornare ai livelli del 1965 – cioè del periodo delle “guardie rosse” – potrebbe aumentare l’irraggiamento solare  anche del 13 per cento migliorando notevolmente i numeri, già positivi, dell’economia cinese.

D’altra parte lo Stato della Terra degli Antichi (così una traduzione letterale di Zhōngguó) ha investito molto nell’energia solare, passando da meno di 1 gigawatt di capacità solare nel 2010 alla quasi leadership mondiale  con 130 gigawatt di capacità a fine 2017. L’obiettivo del Presidente Xi e compagni è quello di raggiungere circa 400 GW entro il 2030, per poter così coprire il 12 per cento ca. del consumo energetico del Paese. Purtroppo continua a persistere la necessità di far ricorso al carbon fossile per le forniture a maggiore impatto. Con le prevedibili conseguenze climatiche, non più emergenziali come dieci – vent’anni fa ma comunque rilevanti, specie se confrontate con le norme d’obbligo in Europa e Stati Uniti .

Bart Sweerts dell’ETH di Zurigo  insieme ai  suoi colleghi, hanno analizzato i dati sulle radiazioni provenienti da 119 stazioni di osservazione in tutta la Cina per calcolare l’oscuramento percentuale  dei cieli. Hanno anche esaminato i dati precedenti sulla copertura nuvolosa e sulle emissioni di anidride solforosa e “carbonio nero”, che sono emesse dalla combustione di carbone e biomassa, per confermare che la maggior parte del dimming è dovuta a sottili emissioni di particelle.

Il team di studiosi svizzeri ha valutato in che modo l’oscuramento possa interessare diversi tipi di sistemi fotovoltaici solari che vanno dai pannelli solari sul tetto (quelli detti “ residenziali”)  a impianti solari su scala industriale. Hanno potuto confermare che , fino il 2016,  i cieli da debolmente a molto inquinati hanno portato ad una perdita di 14 terawattora di possibile generazione di elettricità solare. Continuando con quel trend  entro il 2030 si potrebbe  arrivare addirittura  fino a 74 TWh. Ciò equivarrebbe a una perdita di entrate di 1,9 miliardi di dollari nel 2016 e 6,7 miliardi di dollari nel 2030.

La preoccupazione per gli effetti sulla salute dell’inquinamento atmosferico ha spinto – comunque –  la Cina ad adottare politiche per limitare il consumo di carbone e ridurre le emissioni. Tra l’altro diminuire  l’inquinamento atmosferico fino ai livelli degli anni ’60 comporterebbe anche un “bonus di elettricità”. In effetti, l’aumento del 12-13% nella produzione di elettricità solare che potrebbe essere possibile eliminando la maggior parte dell’inquinamento atmosferico entro il 2030 “supererebbe i miglioramenti dell’efficienza basati sulla tecnologia per pannelli fotovoltaici in silicio cristallino dell’8-10% raggiunti tra il 2005 e il 2017.  (**)”

Una Nazione in cammino (veloce) anche nella capacità di rinnovarsi. E questo dopo che ha iniziato, a partire dagli Anni novanta dello scorso secolo, una politica di scientifica penetrazione  un po’ in tutte le “aree deboli” del pianeta, Africa in testa.  Operazione possibile soprattutto tramite acquisizioni di aziende, sovvenzioni varie, partecipazioni ad aziende o a progetti di interesse più o meno diretto per lo Stato Cinese, nella convinzione di poter mantenere a lungo influenza e leadership su tutti gli scacchieri internazionali.

La situazione in Europa

Dopo aver rilevato quote di partecipazione e di controllo di aziende in Grecia, Germania e Italia, è ora la volta del Portogallo: China Three Gorges (la società incaricata di costruire la gigantesca diga artificiale sul fiume Yangtzee) ha lanciato una offerta da 9 miliardi di euro per rilevare il 67 per cento del capitale di Energias de Portugal (Edp)  a 3,26 euro per azione (con un premio di quasi il 5% sull’ultimo prezzo di Borsa), valorizzando complessivamente la società 11,8 miliardi di euro, che arrivano a 25,6 miliardi se si tiene conto dei debiti.

Certamente  non è l’Europa a mettere ostacoli all’ingresso di capitali cinesi nel settore dell’energia. Oltre ad aver rilevato campi eolici e fotovoltaici in mezzo continente, i Cinesi hanno messo a segno altre due operazioni di primo livello in Grecia e in Italia. Tramite State Grid of China, la più grande utility del mondo avendo in gestione il 90% della rete elettrica (statale) cinese, hanno vinto la gara per la vendita di Edmie, l’operatore di Atene per la distribuzione di elettricità (battendo la concorrenza dell’italiana Terna).  In Italia, invece,  sempre con State Grid, hanno rilevato il 30% di Cdp Reti, la società del Tesoro che controlla il pacchetto di maggioranza sia di Snam sia della stessa Terna, in pratica le reti del gas e dell’elettricità nazionali. Infine, il governo di Pechino si è detto disponibile a partecipare, anche finanziandolo, il programma di rilancio nucleare varato dal governo conservatore della May in Gran Bretagna.

Il perché di tale attivismo è presto spiegato: motivi di ordine strategico in modo da influenzare, anche se velatamente, le politiche di Nazioni chiave e, ben più importante, la possibilità di rendere effettivamente mondiale il sistema economico cinese, rapidamente adattatosi alle leggi di mercato, alle furbizie della finanza e agli “alti e bassi” delle transazioni commerciali planetarie. Un salto di qualità su cui riflettere.

(*)http://www.anthropocenemagazine.org/2019/07/pollution-control-and-solar-energy-growth-in-china-go-hand-in-hand/

(**)Bart Sweerts et al. Estimation of losses in solar energy production from air pollution in China since 1960 using surface radiation data. Nature Energy, 2019

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